di Guido Barlozzetti
La vita di Alex Zanardi è una di quelle che diventa di per sé una storia. Non c'è bisogno di aggiungere o di togliere, perché è la vita stessa che fonda il mito e continua ad alimentarlo. Anche su questo bordo estremo di un incidente tremendo che infierisce sul corpo e potrebbe pregiudicare il futuro.
Una uscita sulle strade della Toscana con quel triciclo che va avanti con la forza delle braccia, una discesa, l'attrezzo che sbanda proprio nel momento in cui dall'altra parte arriva un camion e nulla che possa evitare l'impatto.
Zanardi è in ospedale e siamo certi che continui a lottare come ha sempre fatto, guardando in faccia la realtà e deciso a sfidarla, come se avesse un conto aperto e non volesse soggiacere ai limiti – a volte terribili – che impone.
Lo ha sempre dimostrato, da quando correva in Formula 1 e poi nella CART, una formula americana non proprio equivalente, ma il rischio è lo stesso, a trecento chilometri e passa all'ora dentro quell'involucro che, quando era lui al volante, non aveva i requisiti di sicurezza che ha oggi.
Alex veniva da una carriera altalenante in Formula 1 e nel 2001 era impegnato nella CART. Il 15 settembre sul circuito tedesco del Lausitzring, in una giornata di pioggia perse il controllo della vettura, s'intraversò e uno dei piloti che sopraggiungevano lo centrò in pieno spezzando in due la sua Honda Reynard. Condizioni gravissime, gli vengono amputati gli arti inferiori, resiste e… ricomincia. Continua a correre in formule diverse, DTM, Granturismo europeo e italiano, e dimostra ancora il talento che ha.
"È possibile che se il fulmine m'è arrivato tra capo e collo una volta, mi colpisca nuovamente, ma rimanere a casa per evitare e scongiurare quest'ipotesi significherebbe smettere di vivere; quindi no, io la vita me la prendo...". Non si ferma, non accetta quello che gli è accaduto trasformandolo in un destino senza speranza, e continua a mettersi in gioco e a testimoniare una volontà indomita. Il rischio della retorica incombe, ma Zanardi rappresenta uno dei casi in cui la realtà parla con la sua evidenza.
Dopo l'incidente, accanto alla ripresa dell'attività automobilistica, si impegna sul fronte della disabilità e comincia un percorso nel paraciclismo, in particolare nelle gare di handbike. E non lo fa solo per partecipare, diventa campione italiano, trionfa in maratone importanti, conquista medaglie d'oro ai giochi paralimpici di Londra e di Rio de Janeiro, e ai mondiali. E, intanto, appare in televisione, anche come conduttore, ogni volta esibendo la sua condizione e l'esemplarità di un'esperienza da offrire agli altri.
Insomma, la ricerca ostinata di un limite da oltrepassare che diventa un dono di coraggio, generosità e determinazione.
E su una handbike era nel pomeriggio di venerdì 19, teso nello sforzo in quella che gli organizzatori hanno definito "una biciclettata tra amici al bar", una staffetta nel segno di Obiettivo Tricolore, mèta finale la Puglia, nella quale forse qualche precauzione di sicurezza in più si poteva prendere.
Adesso giace nell'ospedale di Siena, in coma farmacologico, e i medici annunciano un risveglio per la prossima settimana. Forza Alex!