Ne ha parlato anche il New York Times - che non parla mai a vanvera - e rischiano di surclassare la storica concorrenza della Lupa e dell'Aquila.
Il Gabbiano è il nuovo simbolo dell'Urbe Caput Mundi, issato sugli archi trionfali e sui tetti delle macchine, a volteggiare sul Vittoriano, Piazza Navona e la Fontana di Trevi, alla ricerca di una preda su cui puntare e lanciarsi giù come un missile rapace e infallibile.
Il Gabbiano ha occupato il cielo di Roma e una flotta aerea cresce ogni giorno che passa e incombe sui cittadini e sui turisti. Sono tanti e sempre di più e con dimensioni anch'esse preoccupanti perché diventano sempre più grandi e il loro becco arancione costituisce ormai una minaccia che anche gli umani cominciano ad avvertire con una qualche ansia.
Eppure, una volta non c'erano. Nell'aria di Roma c'era spazio - simbolico - solo per l'Aquila. Chi vuole ne può trovare traccia lungo il Ponte Flaminio, trionfale ingresso alla Città voluto da Benito Mussolini che, come si sa, era assai sensibile ai fasti imperiali. Oppure, un passaggio a Piazza della Repubblica (già Piazza Esedra), dove le aquile controllano dall'alto dei grandi pali che vennero tirati su in occasione della visita di Adolf Hitler a Roma.
Ma oggi dominano loro, i gabbiani e non sembra esserci limite al loro strapotere. Da dove vengono? E come si spiega questa proliferazione che ricorda le scene-incubo di Uccelli di Alfred Hitchcock? Chi tira in ballo il mutamento climatico, chi punta il dito contro la famigerata discarica di Malagrotta, la più grande d'Europa, miasmi e fetenzie in quantità inenarrabili, tali da proporsi come il pasto più succulento e appetitoso per l'orda famelica dei pennuti. E le previsioni non aiutano, visto che i cassonetti sono strapieni e offrono a questi inquilini un servizio a domicilio diffuso in tutta la città.
Certo, è una presenza paradossale. Il gabbiano te lo aspetteresti su coste, lidi e porti, ma a Roma?! Cosa avrebbero pensato gli àuguri che seguendo il volo degli uccelli dovevano indovinare l'avvenire? Sarebbero rimasti sconcertati, il gabbiano non figurava nel loro catalogo e la sua apparizione sarebbe stata interpretata come un segno non certamente fausto. Come si dimostra duemila anni dopo.