Arriva dalla Brianza Lecchese un altro segnale del disagio che attraversa la scuola italiana. I genitori indicono due giorni di sciopero per i bambini che frequentano una classe della quarta elementare. Conoscevamo i genitori d'assalto, quelli che secondo una pratica sempre più diffusa si scagliano - e non solo a parole - contro i professori rei di riprendere e rimproverare i figli, e magari anche di bocciarli. Adesso, si manifestano i genitori scioperanti, e cioè che decidono collettivamente di non mandare i figli a scuola.
Da annotare. Padri e madri dicono di essere giunti a tanto per una situazione che giudicano insostenibile. C'è un disturbatore nella classe dei figli, un bambino che si segnala per gli scatti di ira e la turbolenza, al punto da interferire negativamente sullo svolgimento delle lezioni.
I genitori - lo precisano in una lettera alla scuola - non si sono decisi allo sciopero contro il bambino, ma perché la scuola non ha messo a disposizione un insegnante di sostegno che se ne prenda cura e ne argini l'emotività fuori controllo: "Abbiamo deciso di non mandare i nostri figli a scuola in quanto sono impossibilitati a seguire il regolare svolgimento delle lezioni a causa di un ambiente insicuro, che non garantisce la loro incolumità. Più volte abbiamo fatto presente la gravità della situazione ai responsabili preposti, tramite lettere, incontri, richieste, ma senza aver avuto un'idonea ed adeguata soluzione".
La Preside della scuola ha promesso di impegnarsi, ma nell'immediato nulla è successo. Altri incontri si svolgeranno, intanto su venti studenti si sono presentati alle lezioni soltanto tre, compreso l'imputato.
Il caso è uscito dalla scuola e ha investito la comunità tutta. Il Sindaco stesso sembra disorientato. "Non dormo da settimane per quanto sta accadendo - ha detto - Abbiamo davvero tentato tutte le strade possibili, ma è difficile trovare una soluzione, anche perché le ragioni in questa delicata vicenda non stanno da una sola parte. Ha ragione la madre del bambino quando mi dice che anche suo figlio ha il diritto di andare a scuola come tutti. Hanno ragione i genitori degli altri alunni, che hanno paura tutte le volte in cui i loro figli varcano la porta della scuola".
La vicenda, ovviamente, è legata a una situazione locale e dunque particolare. Generalizzare sarebbe sbagliato, ma anche sottovalutare il segnale che comunque arriva. Da un lato, la conferma di un conflitto tutt'altro che latente tra genitori e scuola. Nel tempo della iper-protezione dei figli i genitori guardano con sospetto e diffidenza la scuola e, dunque, bisogna prendere atto della chiusura di un circuito di relazioni essenziale sia per il funzionamento della scuola, sia per la funzione genitoriale stessa e il suo reticolo di rapporti con la società. I genitori sempre più spesso si pongono contro la scuola, scaricano su di esse incertezze che riguardano il loro rapporto con i figli e ne fanno il capro espiatorio di disagi e problemi. E poi c'è la galassia dei bambini e dei ragazzi, presi in un tragitto generazionale rispetto al quale la scuola non ha più la presenza e l'autorevolezza di una volta. Non riesce più a funzionare come spazio e tempo di mediazione fra l'individualità di ciascuno e l'appartenenza a un insieme e ai valori che lo definiscono. Vale per tutti, per il bambino che, dimenticandone i problemi, diciamo che disturba, e per i suoi compagni.
E poi una domanda? A scuola i Franti e i Garrone ci sono sempre stati. E' la vita, la diversità della vita. Hanno sempre litigato, perché avevano alle spalle famiglie, mondi, culture diverse. Oggi, i bulli sembrano dilagare e la scuola sembra diventata un teatrino della violenza di tutti contro tutti. E' un effetto della televisione che ce lo racconta o di una società che si isola e non riesce più a stare insieme? Il bambino di Lecco, non lo sa, ma ha almeno il merito di sollevare una questione di cui solo lui e troppo frettolosamente diventa il colpevole.