Al liceo scientifico di San Benedetto di Piacenza hanno detto no al telefonino durante l'orario delle lezioni. Gli studenti arrivano e il loro prezioso strumento-talismano viene infilato in un involucro che lo scherma rispetto a tutti i segnali che possono raggiungerlo. Nemmeno l'intervallo tra le lezioni sfugge alla barriera, se ne riparla alla fine della giornata di scuola.
E' una decisione presa dal preside Fabrizio Bertamoni che ha convocato i genitori e ha annunciato il black-out: "Per guardare le stelle bisogna alzare lo sguardo. Dobbiamo aiutare i ragazzi a scollare lo sguardo dai display. Devono tornare a parlare fra loro: nelle pause sembrano zombie chinati sugli schermi". I genitori non si sono opposti, gli studenti sperimentano un vuoto e sta a loro riempirlo in attesa di riavere tra le mani quel magico attrezzo che garantisce controllo, intimità - e qualche volta - dominio su se stessi e sugli altri.
Nel liceo piacentino hanno preso una risoluzione drastica, hanno semplicemente stabilito che il telefonino si può usare prima e dopo le lezioni, durante no. Durante si deve tornare a guardarsi in faccia, a parlare, discutere nella concretezza della dimensione della scuola e del corpo.
Sappiamo del contenzioso che attraversa le scuole e delle difficoltà di trovare un equilibrio tra il paradigma per larga parte analogico dell'istituzione scolastica e quello digitale delle nuove tecnologie che trovano tra gli adolescenti un'utenza sensibilissima e instancabile.
Il problema ovviamente è generale e riguarda il nostro rapporto con strumenti che hanno una straordinaria flessibilità e duttilità d'uso, velocità, ritmi, livelli di connessioni che non hanno confini.
Ora, quando una tecnologia si diffonde, arriva un momento in cui non si capisce se bisogna assecondarne lo sviluppo e la diffusione oppure intervenire con limiti e divieti.
E' un classico nella storia della comunicazione, è accaduto con il cinema nei confronti del teatro e con la televisione nei confronti del cinema. E' evidente che i divieti in quanto tali non hanno partita rispetto al trend di un medium che crea abitudini ed entra nella quotidianità del tempo libero o di lavoro.
Anche il telefonino ha raggiunto questa situazione ambigua, trainato da potenze come il tempo pieno, la mobilità e la pluralità degli usi che può consentire. Informazione, gioco, messaggi, le reti dei social. D'altronde, è esperienza che chiunque può fare con se stesso.
E, proprio perché l'uso è così assorbente e per certi versi esclusivo, si levano allarmi sulle conseguenze negative: il rischio della chiusura in se stessi, la sostituzione con un mondo virtuale della dimensione reale e concreta di relazioni, la frettolosità sintetica dei messaggi di contro all'approfondimento. Insomma, virtù e vizi del nuovo universo della comunicazione, personalizzato, mobile, interattivo, declinabile a piacimento a seconda degli umori, dei desideri, interessi e necessità di ciascuno.
Quello del liceo piacentino è uno stop senza se e senza ma. Sarà comunque interessante vedere l'effetto, come reagiranno su tempi meno brevi gli studenti, se si ricomporranno i comportamenti e in che modo. In ogni caso, è un segnale deciso verso la separazione tra il tempo dell'apprendimento e quello dell'intrattenimento.
Resta aperta la questione, perché il telefonino è certamente uno strumento distraente rispetto all'attenzione che le lezioni richiedono e, tuttavia, è anche una porta spalancata e straordinariamente condizionante rispetto agli stili di vita degli studenti, al modo in cui si relazionano fra loro e rispetto all'antropologia del tempo e dello spazio.
La scuola non può non affrontare questa contraddizione rispetto a se stessa, rispetto cioè al proprio statuto che invece, da questo punto di vista, è fortemente anacronistico. Il che di per sé non è un difetto, se solo lo si affronta con consapevolezza, negandolo per un verso e insieme recuperandolo, sia come tema di discussione e approfondimento, sia come strumento che può avere una valenza didattica. Da questo punto di vista, sarebbe assai difficile stabilire chi è l'insegnante e chi lo studente.