di Guido Barlozzetti
Brucia il tetto di Notre Dame e per ore gli occhi del mondo e della globalità televisiva restano fissi sull’incendio che sta devastando la Cattedrale di Parigi. Un carico simbolico che gli viene da otto secoli di storia che ne hanno fatto un segno universale: la Chiesa, la Metropoli che gli è cresciuta attorno, la storia antica e la modernità.
E’ un accadimento sconvolgente, reso ancora più drammatico dall’imprevedibilità, una ferita terribile che viene a lacerare un’immagine che si pensava intangibile, al di sopra del tempo e dei suoi agguati.
Brucia Notre Dame potrebbe sembrare il titolo di un film catastrofico, che realizza l’auspicio di Hitler che voleva dare alle fiamme la capitale della Francia, e invece è la realtà. Brucia circondata dallo sguardo di tanti che sono rimasti lì a guardare il rogo che consumava il tetto, fino al momento in cui la Flèche, il pinnacolo goticheggiante che svetta dal centro della crociera, divorata dal fuoco si è spezzata ed è precipitata all’interno, quasi a ricordare la grande antenna della radio che affonda nella nuvola di polvere del crollo di una delle Torri Gemelle a New York.
E la memoria corre alle pagine di Victor Hugo: “Tutti gli occhi erano diretti verso la cima della cattedrale, ed era qualcosa di straordinario quello che stavano vedendo: nella parte più alta dell'ultima galleria, sopra il rosone centrale, c'era una grande fiamma che saliva tra i campanili con un turbinio di scintille, una grande fiamma che si ribellava furiosa".
Era il 1831 e il grande scrittore aveva raccontato di Notre Dame in preda alle fiamme in un romanzo – Notre Dame de Paris, quello del Gobbo Quasimodo innamorato di Esmeralda e del malvagio arcidiacono Frollo – scritto proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sullo stato di degrado del monumento e la necessità di procedere a un radicale restauro.
Un libro che è entrato nell’immaginario, ripreso in tanti film (con interpretazioni memorabili di Quasimodo da Lon Chaney a Charles Laughton a Anthony Quinn, e Esmeralda che rivive in Theda Bara, Maureen O’Hara e Gina Lollobrigida) e pure da un musical con le musiche di Riccardo Cocciante, che non smette di essere rappresentato.
Il Presidente Macron ha detto che Notre Dame verrà ricostruita subito e la commozione ha anche spinto magnati famosi a donazioni imponenti, ma nessuno può dire quanti anni saranno necessari per il restauro, perché il computo dei danni non è ancora chiaro e definitivo. E poi bisognerà decidere come restaurare.
Notre Dame, in ogni caso, non sarà più la stessa. Era in un modo e sarà in un altro, anche se la si volesse rifare esattamente come era. Il tempo è irreversibile e non tollera repliche identitarie.
D’altronde, è l’appello di Hugo e ancor più la storia stessa della Chiesa a ricordare quanto complesso e articolato ne sia stato il cammino.
Intanto, c’è stato un tempo in cui Notre Dame non c’era. I Romani nella Lutetia ricostruita dopo la sconfitta di Vercingetorige, da quelle parti avevano tirato su un tempio di Giove.
Poi, nell’epoca della Cristianità, sarebbe arrivata una chiesa dedicata a Santo Stefano, a cinque navate, accanto a cui sarebbe stata costruita una più piccola nel nome della Vergine Maria.
E’ il vescovo di Parigi, il teologo Maurice de Sully, a decidere nel 1160 l’edificazione di una nuova cattedrale, adeguata anche alla grandezza che Parigi sta assumendo, e che pone la prima pietra alla presenza del Papa Alessandro III.
Nel 1250 con il completamento delle due torri la struttura è sostanzialmente conclusa, già nel 1185 si è tenuta una prima celebrazione nel coro, alla presenza del Patriarca di Gerusalemme che nell’occasione indice la terza crociata.
A quel punto comincia una serie di restauri e modifiche che occupano ancora un secolo. Nel tempo ogni epoca ha aggiunto e arricchito, dal Rinascimento al Barocco.
E’ Luigi XIV che procede al primo grande restauro.
Una parentesi terribile con la Rivoluzione Francese, Notre Dame viene devastata, le statue della facciata distrutte come anche la Flèche. Saint-Simon arriva al punto di chiedere di acquistarla per poterla distruggere. Il 10 novembre del 1793 la chiesa diventa il Tempio della Ragione.
Tocca a Napoleone rimetterla in ordine e ripristinare il culto. Ne approfitta il 2 dicembre del 1804 per farvisi incoronare Imperatore alla presenza del papa Pio VII.
Ma il degrado continua e ne fa fede l’appello romanzato di Victor Hugo che ottiene l’effetto desiderato, ancorché con fondi che non sono adeguati alla mole dei lavori necessari. Nel 1845 vengono incaricati dell’opera gli architetti Jean-Baptiste Lassus e Eugène Viollet-le-Duc. Puntano a ripristinare l’identità originaria della chiesa integrando ciò che nel tempo vi era stato aggiunto. Via gli intonaci, vetrate policrome, affreschi nelle cappelle laterali, viene ricostruita la Flèche, rifatti i bassorilievi e le statue della facciata. Nel 1857 il lavoro è compiuto, tra polemiche sul nuovo e sul vecchio, sulla fedeltà e la trasgressione, che forse vanno a ripetersi.
Da allora ci sono stati altri interventi e a testimoniare una condizione tutt’altro che soddisfacente, stanno le grandi impalcature che circondano la parte posteriore della chiesa, proprio quelle da cui si sarebbe originato l’incendio, con l’ipotesi più probabile di un cortocircuito. Nulla farebbe pensare a una mano terroristica, anche se gli invasati della Jihad non hanno mancato di far sapere al mondo la loro gioia per l’incendio.
Adesso è il momento della ricostruzione e dell’impegno. Per Notre Dame comincia un’altra stagione nel suo secolare divenire. Appartiene agli uomini il coraggio e la dannazione del costruire contro il tempo che consuma e spesso contro gli stessi uomini che decidono di distruggere. Notre Dame continua la sua avventura.