VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

Il Nobel per la letteratura a Olga Tokarczuk e a Peter Handke

di Guido Barlozzetti

Che arrivassero due Nobel per la letteratura tutti d’un fiato era stato annunciato, che i vincitori fossero quelli che hanno vinto non era affatto previsto dal gioco delle anticipazioni e delle previsioni.

Dunque, hanno vinto la polacca Olga Tokarczuk e l’austriaco Peter Handke e il premio è doppio perché l’anno scorso non fu attribuito per gli scandali che colpirono l’Accademia, rivelandone un retro assai meno costumato di quanto la consolidata civiltà svedese facesse pensare.

Il Premio 2018 va alla scrittrice polacca per aver costruito i "propri romanzi con una tensione tra aspetti culturali opposti: natura vs cultura, ragione vs follia, uomini vs donne, etc.” e “per la sua immaginazione narrativa che con enciclopedica passione rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita”.

Cinquantasette anni, psicologa mancata, con simpatie junghiane, impegno con i Verdi, Olga Tokarczuk ha una passione per i viaggi che si intrecciano con quella per la scrittura: “In entrambi i casi si cambia continuamente punto di vista. La letteratura è il modo più sofisticato di comunicare tra esseri umani. Lo scrittore deve offrire un punto di vista differente, non scontato su cose ovvie. I libri aiutano a essere più consapevoli di quello che accade attorno a noi e ci garantiscono un futuro migliore". Un anticonformismo programmatico, l’insofferenza per le convinzioni a senso unico, l’assunto viene perfettamente svolto ne I vagabondi, l’ultimo lavoro che si può leggere anche in Italia, a distanza di dodici anni dalla pubblicazione.

“Una costellazione”, è l’autrice stessa che ne parla, frammenti che si accompagnano a frammenti, un flusso di storie che viaggiano dall’una all’altra ma senza relazione di causa e effetto, evitando qualunque tentazione narrativa compatta, inizio, svolgimento e fine. Olga vagabonda senza limiti, da una parte all’altra, dal piccolo all’immenso, dal corpo umano all’infinito dell’universo. E la stessa pulsione a non consistere e a spostarsi senza posa caratterizza sia chi scrive sia chi entra nella scrittura. Lei stessa si definisce “un detective casalingo, un investigatore privato di segni e casualità”.

Un’ossessione nomade così esplicita non può che giustificarsi in se stessa, non certamente nella mèta che, ammesso che ci sia, sfugge e resta insondabile. La verità non può risiedere che nella ricerca inesausta.

Non è molto lontano da questa percezione delle cose Peter Handke, nato in Carinzia, capace di rivendicare la sua estraneità rispetto agli austriaci che “vogliono starsene fra di loro e hanno perfettamente ragione a non voler avere a che fare con gente come me”. “Non mi sento a casa da nessuna parte - ha detto - sono uno scrittore senza retroterra. Prima nel mondo avevo ancora dei luoghi. A esempio ero molto legato alla regione carsica dei Balcani. Ma la Jugoslavia non esiste più”.

Più noto della scrittrice polacca che il caso di un premio gli ha messo vicino, a dispetto della ostilità nei confronti dei media e delle loro semplificazioni, Handke, 76 anni, ha respirato l’aria del nouveau roman, è stato segnato dal terribile destino della madre slovena, raccontato ed elaborato nell’opera L’infelicità senza desideri, e pronto a prese di posizioni scomode come quelle filo-serbe durante le guerre seguite alla dissoluzione della Jugoslavia.

Autore anche di testi teatrali come il giocoso e provocatorio Insulti al pubblico (che potere riascoltare nella puntata del 3 novembre 2014 della trasmissione di Radio3 Tutto Esaurito!) e del romanzo Prima del calcio di rigore, che racconta di un ex portiere, licenziato dal suo lavoro in cantiere, vaga per la città fino a quando non incontra una donna che lo accompagna. Ma lui, senza motivo, la uccide e continua a vagare con la stessa angoscia che prova un portiere prima del calcio di rigore. Un testo che racconta della vertigine delle cose e del loro sfuggire, da cui Wim Wenders trasse il suo primo film. Una collaborazione che continuò alcuni anni dopo con Il cielo sopra Berlino.

La motivazione del Nobel parla di “un lavoro influente che con ingegnosità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell'esperienza umana", e di uno scrittore che dopo "aver prodotto un gran numero di opere in diversi generi" si è affermato "come uno degli scrittori più influenti in Europa dopo la Seconda guerra mondiale”. Sono tanti i suoi lavori, definirli romanzi non è certo corretto per uno scrittore che in cinquant’anni non ha cessato di attraversarne e sradicarne i codici e le abitudini, e sarebbe inutile un elenco dei titoli, da La donna mancina a Il mio anno nella baia di nessuno.

Ultimo apparso in Italia, La storia della matita. Ci sono straordinari scrittori di superficie e chi invece, come Handke, di quella superficie va a scandagliare le profondità e i movimenti che l’hanno generata, il caso o la necessità che ha prodotto quella rappresentazione, tra le infinite che erano possibili. Non è un’esperienza di lettura semplice La storia della matita, ma bisogna farla perché si esce dai sentieri battuti e si entra nel magma di una testa/scrittura, aforismi, confessioni, ricordi, immaginazioni.. senza confini, in successione, così come sono affiorati... senza un inizio e senza una fine.

 

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