di Guido Barlozzetti
S’inaugura il Salone Internazionale del Libro di Torino, la grande festa del libro e dei lettori, che va avanti ormai da 32 anni. Inizia Fernando Savater, una lectio con domanda: “Dov’è l’identità culturale europea”, tema di cui non c’è bisogno di sottolineare l’attualità in un tempo in cui l’Unione del Continente sembra messa in discussione da debolezze istituzionali, dalla percezione burocratica e dalla stagione dei sovranismi e dei cosiddetti populismi.
Non a caso il Salone è stato preceduto da polemiche che, direttamente o meno, nascono dal clima che si respira in questo passaggio dell’Italia e in generale dell’Europa e del mondo. La tempesta è stata scatenata dalla presenza nel Salone di uno stand di AltaForte, una casa editrice che, accusata di avere assunto posizioni apologetiche del fascismo, è stata esclusa dalla partecipazione, a fronte di un intervento del Sindaco della Città di Torino, Chiara Appendino, e del Presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino.
Polemiche innescate anche dalla lettera inviata agli organizzatori da Halina Birenbaum, poetessa sopravvissuta al campo di Auschwitz, che deplorava la presenza e dichiarava l’indisponibilità ad essere presente sotto lo stesso tetto. Halina presenterà il suo ultimo libro, La forza di vivere edito dal Museo di Auschwitz.
Se mai ce ne fosse stato bisogno, la dimostrazione che la cultura non è un mondo separato che vive ai margini di quello reale, e che dunque le contraddizioni esistono e intervengono anche in una kermesse importante che deve anche confrontarsi con il rischio di diventare uno spazio d’intrattenimento e un evento sottoposto ai riti delle mode. Un supermercato o un super-centro commerciale dell’editoria in cui si viene schiantati e storditi da un labirinto di stand e da un programma strapieno di incontri, lezioni, tavole rotonde, laboratori, arene e via dicendo.
Un rischio certo che il Salone, diretto per il secondo anno dallo scrittore Nicola Lagioia, affronta, anzitutto, innalzando un’insegna programmatica, una parola d’ordine che dovrebbe fare da filo conduttore o cornice degli eventi. E allora questo è l’anno de “Il gioco del mondo”, slogan ripreso dal titolo del romanzo che Julio Cortàzar ha pubblicato nel 1963. Titolo originale La Rayuela, e cioè il gioco che da noi si chiama campana, spazi disegnati per terra con un gessetto e i bambini che saltano dall’uno all’altro, un po’ come capita in un romanzo in cui la lettura lineare è solo una delle possibili e anzi quella meno indicata a partecipare al gioco che l’autore propone, un andirivieni tra livelli, tempi e azioni diverse, intersecate da informazioni, dati e testi più o meno collegati con quello che sta accadendo.
Esplicito riferimento di un Salone che vuole abbattere muri e infrangere il perimetro di qualsiasi casella, invitando al tempo stesso il lettore-visitatore a svolgere il percorso che più gli aggrada.
Non ci sarà un paese ospite, piuttosto sarà una lingua, lo spagnolo, la protagonista di un gioco che lega da secoli Europa e Americhe. Regione-ospite le Marche. E poi un Board della Sostenibilità per essere in linea con le preoccupazioni ambientali e un miglioramento degli spazi (a quelli del Lingotto si aggiunge l’Oval) e dei percorsi.
L’anno scorso i visitatori hanno superato i 170mila, un numero imponente che dice dell’appeal della manifestazione e del posto che ha saputo ritagliarsi nel panorama dell’intrattenimento culturale italiano. Una forza ampiamente dimostrata dal naufragio di iniziative che avrebbero voluto spostarne la sede o replicarla in un’altra, secondo tradizione di un Paese che non perde mai occasione per indebolire il buono che ha e per lanciarsi in contrapposizioni campanilistiche, tanto più paradossali e incongruenti quando si parla del libro.
Non è nemmeno il caso di provare a rendere la quantità/qualità degli appuntamenti che riempiono il programma, Sepulveda, Erri De Luca, Baricco, Francesco Piccolo, Saviano, Littizzetto, Missiroli, Kinsella Murgia, Travaglio, il figlio di J. D. Salinger, una compagnia affollata con qualche cedimento televisivo.
Un Salone come quello di Torino offre l’occasione per immergersi nell’attualità dell’editoria, ma intanto ognuno se ne può costruire uno tutto personale con i libri della propria biblioteca e realizzando il destino che ogni libro porta con sé. Leggerlo.
La Rai sarà presente, main media partner con un programma di centoventi ore di incontri, presentazioni e dibattiti. Quest’anno, per la prima volta all’interno dello “Spazio” Rai, ci sarà anche lo Stand “Accessibilità” a testimonianza dell’attenzione e dell’impegno del Servizio Pubblico Radiotelevisivo verso il mondo delle disabilità e presso il quale i disabili stessi potranno godere di contenuti “accessibili”, confrontandosi anche con nuove tecnologie.
Rimanendo in tema con l’oggetto principale della manifestazione e grazie al coinvolgimento di professionisti esperti, i visitatori dello Stand potranno inoltre scoprire da vicino la complessa e delicata arte della “produzione accessibile”: racconti ed opere letterarie che da sceneggiature per prodotti TV, diventano sottotitoli ed audio descrizioni.
Per l’intero evento saranno infine disponibili presso lo Stand Accessibilità interpreti LIS qualificate, al fine di favorire una completa interazione con i sordi.