di Guido Barlozzetti
Secondo atto per L’amica geniale, la serie tratta dai romanzi di Elena Ferrante, incontrastato best-seller mondiale.
Le due protagoniste, Lila e Lenù, si trovano sulla soglia dei sedici anni e il mondo si apre davanti a loro. Il Rione non può più contenere desideri e aspirazioni. Devono indirizzare la loro vita fuori dal cerchio in cui sono cresciute e la loro amicizia si deve inevitabilmente confrontare con un nuovo quadro di sentimenti e di aspirazioni.
Per il pubblico la seconda serie rappresenta un appuntamento con l’evento che segna un’intera stagione, spinto dal grande successo della prima serie e dalla felice accoglienza internazionale. Va ricordato quanto L’amica geniale sia un prodotto strategico per la Rai per misurarsi con il meglio della fiction internazionale e, dunque, dimostrarsi competitivi sul mercato più competitivo della televisione. A questo obiettivo ha mirato la coproduzione che con Rai Fiction mette insieme produttori nazionali - The Apartment e Wildside e Fandango - in collaborazione con Mowe e Umedia. Decisivo e prestigioso l’accordo di distribuzione con Hbo, player globale pay e via cavo, che per la prima volta ha accettato di girare una serie in lingua originale che in questo caso è il dialetto delle periferie napoletane.
Tornano dunque le due amiche de L’amica geniale, Elena Greco (Lila) e Gaia Gerace (Lenù), ormai inseparabili dall’immagine delle interpreti Margherita Mazzucco e Gaia Girace. Due figure che il pubblico ha amato, forte di una complementarietà/differenza che ne fa una coppia affascinante e indimenticabile, Lila con l’intensità energetica e ribelle di un carattere indomito, Lenù con la sobrietà, la discrezione e l’equilibrio.
Due facce della femminilità disegnate da Elena Ferrante e messe al centro di una storia, che ben si collocano nella linea editoriale di Rai Fiction che fa della dignità del femminile uno dei valori di riferimento. Prima, due adolescenti fiere di sé, adesso due ragazze che lottano e non sottostanno alle regole di un mondo maschile volgare, rabbioso, brutale fino alla violenza, non disposte a barattare la loro autonomia con le regole di una tradizione oscurantista.
Lila e Lenù sono ormai diventate delle straordinarie testimonial di un lavoro e di un’offerta seriale della Rai, al pari di personaggi che il pubblico ama da sempre, come il Commissario Montalbano e Don Matteo, in più con una densità umana sul piano dei sentimenti e delle lotte che si trovano ad affrontare che le sposta dall’immaginario nella dimensione di un realistico riconoscimento. E’ con questo spirito che tornano a bussare alla porta e chiedono di entrare in casa.
A questo ha mirato il lungo lavoro di scrittura di Francesco Piccolo, Laura Paolucci e Saverio Costanzo, con la collaborazione continua di Elena Ferrante che ha assecondato la necessità di tradurre il piano romanzesco nella continuità audiovisiva di una serie.
Adesso arriva il secondo passo, con sottotitolo di Storia del nuovo cognome. Lila e Lenù hanno sedici anni, Lila si è sposata ma il matrimonio si rivela una gabbia per la sua esuberanza desiderosa di libertà, mentre Lenù prosegue negli studi in cui vede la possibilità di una realizzazione, consapevole di quanto la cultura possa essere uno strumento di emancipazione.
Ad attraversare la vita di entrambe arriva Nino Sarratore, studente fascinoso e politicamente impegnato, una famiglia originaria del Rione, che abbiamo già conosciuto, il padre in particolare che nella prima serie circuiva ambiguamente Lenù.
Sarà un banco di prova per la loro giovinezza e per l’amicizia, perché dovranno fare i conti con i loro sentimenti e decidere - per quello che potranno - tra il desiderio e le costrizioni all’interno delle quali si muovono. Non sarà facile e anche il loro legame ne verrà investito. Decisiva una lunga vacanza nel mare e nel sole di Ischia, dopo di che il loro cammino si dividerà. Lila rimane, il matrimonio è in un vicolo cieco e a quel punto decide di dare una svolta, mentre Lenù va all’Università a Pisa e comincia un’altra strada, più sicura di sé e delle sue capacità.
Intorno a loro, l’universo animato e contrastato del Rione, con le famiglie e la folla dei personaggi che abbiamo conosciuto e che, ovviamente, si trovano anch’essi davanti a un passaggio generazionale, i giovani che diventano adulti, gli adulti che si invecchiano.
Ma non si capisce lo spirito della serie se non si tiene conto del tempo in cui si svolge. Tutte queste storie, infatti, si immergono in un contesto nuovo, nell’atmosfera dinamica e moderna degli anni Sessanta e di un’Italia che scopre i consumi. Non solo uno sfondo, ma un cambiamento che fa tutt’uno con la crescita delle due ragazze e influenza anche la scelta del linguaggio del racconto. Se, infatti, la prima serie vedeva la regia di Garrone ispirata a un neorealismo che conviveva con la sua capacità di astrazione fantastica, qui invece - forse anche memori della rivoluzione cinematografica che all’inizio del decennio interviene con la Nouvelle Vague - si lavora sulla complessità e le sfasature sentimentali dei personaggi e il racconto acquista molto in introversione e approfondimento psicologico.
Gli anni Sessanta si vedono, nei costumi, negli ambienti, nelle scenografie, a conferma di un grande investimento produttivo, tanto più in una serie con così tante sottotrame e quindi con un set che ha richiesto ricostruzioni accurate, a cominciare dal Rione, con le vie, la piazza, le case, e poi Ischia e Pisa.
Adesso è l’ora della messa in onda. Quattro serate in compagnia di Lila e Lenù.