di Guido Barlozzetti
Doveva essere un evento benaugurante per un Teatro che risorgeva dalle ceneri, come è scritto nel suo nome. Otto anni dopo l’incendio che l’aveva distrutta, nel giorno di Capodanno del 2004 alla Fenice di Venezia andava in scena un concerto che era anche la rappresentazione simbolica di una rinascita. Negli anni sarebbe diventato una tradizione autorevole e, il primo gennaio 2020, si aggiunge un altro, prestigioso, capitolo, trasmesso in diretta alle 12.20 su Rai1.
Poteva essere una sfida rischiosa in una data segnata dal monopolio di un concerto che sembrava inattaccabile. Sappiamo quanto il Capodanno musicale sia infatti legato all’evento che va in scena a Vienna. Un appuntamento che risale al 1939, quando Clemens Krauss, direttore della Filarmonica della capitale austriaca, dedicò il primo concerto all’opera di Johann Strauss figlio nella sala dorata del Musikverein.
Da allora, forte del fascino del valzer e di composizioni memorabili, da Sul bel Danubio blu alla Marcia di Radetzky, quel concerto ha fatto dimenticare le atmosfere della guerra e dell’occupazione nazista dell’Austria e si è via via imposto all’attenzione mondiale. Dunque, una posizione solida e fortemente radicata nell’immaginario della festa e della musica. Un ballo avvolgente e finalmente popolare, la Vienna dell’Impero e della Finis, crogiolo creativo di scienza, architettura, arte e letteratura. Ma l’Italia non era sguarnita, nel nostro Paese ci sono risorse culturali e ambientali con cui si possono accettare confronti che sembrerebbero impervi. In questo caso, un Teatro glorioso in una delle città più conosciute e amate del mondo e un patrimonio musicale che trova un punto di riferimento anch’esso mondiale nell’opera lirica e nel melodramma, da Bellini a Donizetti, e via via Rossini, Verdi, Puccini e Mascagni. Più che plausibile dunque allestire un concerto che avesse una sua forte connotazione e fosse immediatamente riconoscibile.
Lo schema è ormai consolidato, una prima parte con brani sinfonici interpretati dalla sola orchestra e una seconda – quella che Rai1 trasmetterà - che riunisce brani di opere liriche, con cantanti solisti e il Coro della Fenice. Quest’anno, per la terza volta, torna sul podio Myung-Whun Chung, coreano, un direttore che da sempre mette d’accordo orchestre, pubblico e critica. La sinfonia scelta per la prima parte è la n. 8 in sol maggiore opera 88 composta nel 1889 da Antonin Dvořák con l’ambizione di “scrivere un’opera diversa da tutte le altre Sinfonie, con idee personali e lavorate in modo nuovo”, in ogni caso con una disposizione musicale che si presenta originalmente nella grande tradizione sinfonica tedesca dell’età romantica. Non a caso infastidì Brahms che fino ad allora era stato un punto di riferimento per il suo lavoro.
Nella seconda parte, tocca alle voci della soprano Francesca Dotto, del tenore Francesco Demuro, del baritono Luca salsi e del contralto Valeria Girardello, con il coro diretto dal maestro Claudio Moretti. Il programma prevede brani famosi dal tradizionale repertorio della lirica. Grande spazio a Verdi: il “Sanctus” dal Requiem, “Cortigiani vil razza dannata” e “Bella figlia dell’amore” dal Rigoletto, “Sempre libera degg’io” da La traviata. Puccini compare con “O Mimì tu più non torni” da La bohème.
Escono dal perimetro, per dargli variazioni e ritmo, il Can can dall’operetta Orfeo e Euridice di Offenbach e la suite scritta da Nino Rota per Amarcord di Federico Fellini, per ricordare i cento anni dalla nascita del maestro del cinema.
Finale in tre passi: si comincia con “Va’ pensiero sull’ali dorate” dal Nabucco di Verdi, un intermezzo con “O padre augusto” da Turandot di Puccini e spumeggiante finale con “Libiam ne’ lieti calici” da La traviata di Verdi. Buon anno!