VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

Una classe con i banchi e la cattedra vuoti. Ai muri lavagne e cartine geografiche.

Riparte la scuola

di Guido Barlozzetti

 

Cominciano il 17 giugno gli esami di maturità e per la scuola è una buona notizia, dopo i problemi e le difficoltà che ha comportato la drammatica emergenza del Covid-19.

Gli studenti torneranno a scuola, l’esame si svolgerà in presenza e non a distanza come invece è accaduto in questi mesi per le necessità imposte dalla crisi. Si svolgerà in un’unica prova, articolata in diverse fasi, davanti a una commissione interna alla scuola con un presidente esterno.

E’ solo un primo passo, perché è un passaggio complicato, di inevitabile cambiamento, quello a cui è chiamato il mondo della scuola.

L’epidemia ha sconvolto il tempo e lo spazio dell’insegnamento. La clausura forzata ha costretto nella dimensione domestica gli studenti e la continuità di un rapporto con i docenti è stata resa possibile dalle tecnologie on line.
Attraverso il computer si è mantenuto un contatto che ha messo alla prova le famiglie, gli insegnanti e gli studenti delle più diverse fasce d’età.

Un’esperienza nuova che si è realizzata in tempo reale con le incognite inevitabili del nuovo e un bilancio che va oltre l’emergenza e offre più di uno spunto di riflessione.

Intanto, si è toccato un punto di non ritorno, le tecnologie hanno dimostrato la loro forza e funzionalità, certamente non al punto da poter sostituire l’indispensabile rapporto diretto e personale che deve passare tra l’insegnante e lo studente, ma come strumento complementare che può dare nuova energia e continuità all'insegnamento.

Indietro non si può tornare e si impone di fare di necessità virtù.

Non si tratta di sostituire, ma di integrare proficuamente, oltretutto con tecnologie che i giovani conoscono, ancor più degli adulti.

 

Dunque, nuove possibilità, importanti per un mondo come quello scolastico che già prima della crisi si interrogava sui modi e sui contenuti della sua attività. E tuttavia problemi che non possono essere sottovalutati.

In particolare, i ritardi e le arretratezze che pesano sulla diffusione della cultura digitale nel nostro paese, con molte famiglie che restano escluse e dunque nell’impossibilità di partecipare, aggravando disuguaglianze ed emarginazioni.

 

E’ un problema strutturale che non riguarda solo la scuola in un mondo che mette sempre più al centro l’interfaccia tecnologica, dal rapporto con la pubblica amministrazione alle tante operazioni e necessità della vita quotidiana.

E a settembre? A settembre si dovrebbe ripartire e il condizionale è d’obbligo perché, nonostante le decisioni annunciate, resta l’ombra di una possibile nuova ondata dell’epidemia.

E’ chiaro in ogni caso che la scuola non potrà più essere quella di prima.

Le norme di distanziamento sociale comporteranno radicali cambiamenti nella composizione delle classi e dunque problemi di spazi, che dovranno essere affrontati con soluzioni alternative, sfasamenti degli orari e con un’integrazione del lavoro in presenza con quello da remoto.

 

Non si tratta solo di problemi tecnici. Sarà una scuola diversa e come tale dovrà essere affrontata con la partecipazione di tutte le componenti, docenti, studenti e famiglie. Una scuola che dovrà mettere al centro le tecnologie, una nuova cultura dell’igiene e della sanità, una nuova sensibilità psico-pedagogica che richiederà anche l’introduzione di nuove figure professionali.

Sarà un banco di prova organizzativo e culturale per 8 milioni di studenti e un milione e 200mila operatori.

 

Fra le tante cose che l’emergenza ci ha insegnato una, decisiva, è la consapevolezza di quanto l’istruzione - la cultura, i saperi - siano alla base della tenuta e dello sviluppo di una società.

Quella che ci attende è una grande sfida e dovrà essere giocata con un impegno all’altezza della sua strategica importanza. Ne va del nostro stesso futuro, delle generazioni che verranno e della società che sarà.

 

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