di Guido Barlozzetti
Si avvicina il 18 maggio, la data in cui dovrebbero arrivare le nuove disposizioni che riguardano i comportamenti da tenere e lo svolgimento delle attività nel quadro dell’emergenza Coronavirus.
In sintesi e usando il condizionale, dovrebbero riaprire bar, ristoranti, parrucchieri e centri estetici, nel rispetto delle norme a garanzia della distanza sociale e dell’igiene delle condizioni di svolgimento delle attività. La possibilità di visitare si dovrebbe estendere dai congiunti agli amici. Dovrebbero essere consentiti spostamenti all’interno della regione senza più l’autocertificazione, che dovrebbe invece essere ancora necessaria per quelli tra una regione e l’altra.
Il Governo emanerà le linee guida rispetto alle quali le regioni potranno decidere di differenziarsi in relazione allo stato dell’epidemia.
Viviamo questa strana condizione di intervallo e attesa, con il timore che viene dal permanere dell’epidemia e la speranza di poter ricominciare. Già, ricominciare dopo l’obbligatorietà di una clausura iniziata nella settimana di marzo e allentata ma non cancellata il 4 maggio. Non è facile, perché tanti sono i rischi, le esigenze, gli interessi e i bisogni da contemperare.
Quasi due mesi che hanno inciso profondamente sui nostri comportamenti e sulla realtà del Paese: il blocco delle industrie non fondamentali, la chiusura degli esercizi commerciali, dei ristoranti, dei luoghi di ritrovo e dello spettacolo. Tutti abbiamo vissuto e in parte stiamo ancora vivendo questa situazione che ha un doppio risvolto.
Anzitutto, la necessità di abituarci a un comportamento che tenga stabilmente conto di un’emergenza di cui nessuno è in grado di prevedere con certezza scientifica l’evoluzione - né tanto meno i tempi in cui potranno essere disponibili i vaccini e protocolli di cura risolutivi, certificati e validati. Dall’altro, in un modo o nell’altro, tutti siamo coinvolti in un problema che riguarda il lavoro, le possibilità e le modalità di svolgerlo, questione decisiva sul piano individuale e familiare, e su quello complessivo dell’assetto e della tenuta del sistema economico-sociale del Paese.
Abbiamo assistito in questi giorni a un dibattito, non sempre lucido, tra i fautori di un’apertura in ogni caso, preoccupati del futuro di tante aziende e della loro necessità di riaprire le porte per evitare lo spettro della chiusura. Dall’altro, i temporeggiatori, consapevoli del fatto che un’apertura non controllata e ispirata a tutta la prudenza necessaria potrebbe comportare una recrudescenza dell’epidemia i cui effetti sarebbero forse ancora più disastrosi di quelli che abbiamo registrato con la prima ondata. Pare di capire che il Governo intenda seguire una strada ragionevole di riapertura con norme rigide sul mantenimento della distanza sociale. Forti si sono levate le proteste preventive di alcune categorie, i ristoratori e gli stabilimenti balneari in particolare, che hanno lamentato le grandi difficoltà in cui incorrerebbero se i limiti previsti fossero quelle indicate nel documento tecnico messo a punto da Inail e Istituto Superiore della Sanità.
Per i ristoranti, quattro metri quadrati per ogni cliente e un distanziamento di almeno due metri fra un tavolo e l’altro, un’alternativa potrebbe essere la realizzazione di barriere. Si consiglia di rendere obbligatori la prenotazione e il pagamento elettronico, no ai buffet, ai menu passati da una mano all’altra. Obbligo della mascherina per tutti, in cucina, nel servizio e nella gestione del servizio, e così per i clienti fino a quando non si siedono.
Quanto agli stabilimenti balneari, prevista una distanza di cinque metri tra le file degli ombrelloni e di 4 metri e mezzo tra un ombrellone e l’altro, e di due fra i lettini. L’unica deroga è per le distanze interpersonali tra i membri di uno stesso nucleo familiare. Si potrà prendere il sole senza mascherina e dovranno essere differenziati i percorsi di entrata e uscita.
La paura è che le condizioni siano così stringenti da mettere in discussione la stessa redditività dell’apertura e per questo si chiede di trovare un equilibrio non burocratico e insostenibile per l’eventuale capziosità della disciplina.
In ogni caso, rispetto al quadro delineato è in corso una trattativa fra Regioni e operatori, in particolare in Liguria, Toscana, Emilia-Romagna e Sicilia volta a contenere per quanto possibile le misure di distanziamento.