VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

La parità di genere e la Finale della Supercoppa a Gedda

di Guido Barlozzetti

 

Una partita di calcio può diventare l'occasione per uno scontro di civiltà? Detto così sembra un poco enfatizzato, anche perché sono in molti a discutere del fondamento della tesi del politologo Samuel Huntington che nel 1996 sosteneva che si stava si profilando un nuovo ordine mondiale in cui l'Occidente non avrebbe più avuto la sua storica propulsione egemonica globale.

E tuttavia quello che è accaduto intorno alla Finale della Supercoppa italiana rivela delle contraddizioni che non possono non riguardare i rapporti che intercorrono tra dimensioni culturali - nel senso più largo del termine - diverse, ciascuna con sistemi di valore che vanno a incidere sul modo di intendere le relazioni umane, i diritti che dovrebbero essere universali - almeno in Occidente si pensa così - e in particolare le cosiddette differenze di genere.

Il fatto è che la Finale di un trofeo in cui si affrontano la vincitrice dello scudetto e quella della Coppa Italia, si sia svolta a Gedda, in Arabia Saudita. Perché la Juventus e il Milan si siano dovute affrontare lì, dipende da tortuose vicende che hanno a che fare con pubblicità, sponsor e televisioni, che poi sono i rubinetti finanziari del sistema-calcio. La Finale si è già giocata all'estero, con la motivazione che l'evento può funzionare da vetrina internazionale per il nostro sport e in generale per il made in Italy.

Un obiettivo importante ma che a volte - come in questo caso - viene perseguito in contesti politici e socio-culturali che possono contraddire radicalmente i costumi e le convinzioni che caratterizzano il nostro Paese, suscitando polemiche e discussioni che escono inevitabilmente dal recinto sportivo.

I fatti: Vengono messi in vendita i biglietti della partita e si scopre che nello stadio di Gedda i posti sono divisi in un modo che non ha riscontro nei nostri stadi e che riflette invece la sostanza cultural-religiosa del mondo islamico. In sostanza, i posti sono divisi in due aree, quelli riservati solo agli uomini, e quelli destinati alle famiglie, nei quali possono entrare anche le donne, sotto la decisiva sorveglianza e protezione dei maschi.

Se la distinzione rappresenta la normalità per l'Arabia Saudita, per noi costituisce una discriminazione che contraddice la dignità della donna e il valore della parità tra maschile e femminile.

In molti, perciò, e dai punti più diversi della scena politica, si sono chiesti di rivedere la decisione e di non giocare la partita.

Di contro, la Lega Calcio ha ribadito l'opportunità che ha offerto il match in Arabia Saudita, il tornaconto positivo in termini di visibilità oltre ai sette milioni e mezzo di dollari che vengono incassati.

Va sottolineato l'argomento di fondo che è stato sostenuto: "Il calcio non fa politica – si è letto in un comunicato della Lega Calcio - ma ha un ruolo sociale di unione e comunanza tra i popoli che non ha eguali in nessun altro settore". Come a dire che il valore del calcio è assoluto, più forte di qualunque contraddizione o problematica che si registri a livello della politica.

Ora, la questione se giocare o no la partita in dell'Arabia Saudita, viene da un caso che ha sollevato lo sconcerto internazionale: l'assassinio di un giornalista in dissenso con il regime nella sede del consolato saudita a Istanbul, dove era entrato per ritirare i documenti per il suo matrimonio. Un delitto efferato e proditorio quello di Jamal Kashoggi, che viola i più elementari diritti della persona e rivela una violenza di Stato che non può lasciare indifferenti.

Il calcio è più forte di tutto questo? E' una domanda che non può essere elusa, anche perché troppo spesso il mondo del pallone continua a pensarsi come una riserva separata, un campo di gioco tutto introverso, che non perde occasione per ripetere che la realtà esterna è tale, e cioè che comincia e finisce sul perimetro dello stadio. Vedo e non vedo, gioco ignorando quello che succede intorno e se sugli spalti va in scena una discriminazione che lede la pari dignità di genere.

Poi, naturalmente, ci sono tutte le ragioni - economia, marketing, immagine - e le convenienze del caso. Che possono essere potentissime, come dimostra un top player della comunicazione globale come Netflix che, su richiesta saudita, ha rimosso dal proprio catalogo un episodio di "Patriot Act", in cui il comico americano Hasan Minhaj criticava il principe ereditario Mohammed Bin Salman proprio per la vicenda Kashoggi. Netflix ha detto di rispettare la libertà artistica e di espressione, ma che in questo caso non poteva non rispettare le leggi locali. Esattamente come il nostro pallone.

Per la cronaca… l'incontro che si è disputata nel regno dei petroldollari è stata vinta dalla Juventus grazie a una rete di Cristiano Ronaldo, il giocatore più costoso della storia bianconera.

 

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