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Ora nessuno può far finta di non vedere

  • Andato in onda:20/11/2017
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      Di fronte alla gravità degli episodi come quello della scorsa notte diventano poco più che buone intenzioni i tentativi di imporre nuove e più stringenti regole ai titolari dei locali, codici di autoregolamentazione ai fruitori della movida e decaloghi della buona «vita notturna». Certo, ben vengano le nuove regole. Tutto meno l'inazione del passato, la tragica politica del laissez-faire che tanti danni ha prodotto non solo a Chiaia. Ma non illudiamoci, né consoliamoci nel pensare che quanto accaduto (e accadrà ancora) sia solo una questione di divieti formali. Quei codici di autoregolamentazione, quelle regole e quei decaloghi parlano a una porzione di città già avvertita culturalmente. I ragazzi che decidono di armarsi, riunirsi in bande, incontrarsi nel cuore della città e sfidarsi per imporre, in modo antropologico, la legge del più forte, non solo vivono e vivranno al di fuori di quelle regole civili (minime, basilari) ma esprimono uno scollamento complessivo, il drammatico fallimento di ogni progetto di prevenzione, di ogni tentativo di recupero. Oltre che un controllo del territorio sfuggito a chi dovrebbe presidiarlo. Chiaia e altre zone della cosiddetta “movida”, da piazza Bellini a via Aniello Falcone, sono diventate proprio per la loro vocazione al divertimento notturno, per la loro capacità di accogliere assembramenti di giovanissimi, la “stanza di compensazione” dove si consuma e si sperimenta un degrado più ampio, che chiama in causa l’intera città e le sue fratture familiari e sociali, ma soprattutto la rottura di ogni confine, di ogni separatezza; la città, gli stessi abitanti di Chiaia, si erano illusi di poter vivere dentro questa separatezza; da una parte noi e da una parte loro, gli esclusi, i violenti.

      Il fatto che i protagonisti della sparatoria di Chiaia non siano figli di quel quartiere, ma soggetti dalla forte attitudine criminale che hanno scelto quel quartiere come teatro delle loro imprese, non deve rappresentare un esercizio consolatorio o auto consolatorio per nessuno. E’ un fatto, tuttavia: che impone une riflessione perché ci spiega quanto si siano diradati i confini tra il cuore della città e quelle che una volta venivano individuate come nicchie di esclusione sociale. Questo diradamento di confini fa venir meno anche il sottile velo di ipocrisia che ci faceva credere che a Napoli il bene e il male si sforano ma non si toccano; che la legalità e l’illegalità, il rispetto delle regole e il disprezzo delle regole, così come il benessere e la fame, potessero restare separati senza incrociarsi. Due mondi distanti. Non è così. […]

      continua sul Mattino 

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      Riduci
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