Vassily Sinaisky: Sergej Prokof’ev, Cenerentola suite - Sinfonia in re maggiore n. 1

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    AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
    Sala Santa Cecilia
    Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

     

    Vassily Sinaisky direttore

     

    Sergej Prokof’ev
    (Sonzovka 1891 - Mosca 1953)

    Sinfonia in re maggiore n. 1 op. 25 “Classica”

    Cenerentola, suite dal balletto

    Prima esecuzione nei concerti dell’Accademia

     

    Sinfonia in re maggiore n. 1 op. 25 “Classica”
    Allegro
    Larghetto
    Gavotta. Non troppo allegro
    Finale. Molto vivace

    Data di composizione
    1916-1917
    Prima esecuzione
    San Pietroburgo
    21 aprile 1918
    Direttore
    Sergej Prokof’ev
    Organico
    2 Flauti, 2 Oboi, 2 Clarinetti,
    2 Fagotti, 2 Corni, 2 Trombe,
    Timpani, Archi

     

    Tratto dal programma di sala dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

    Concerto russo
    di Valerj Voskobojnikov
    La Sinfonia “Classica” di Prokof’ev

    Nella sua autobiografia Sergej Prokof’ev dichiara abbastanza chiaramente che, nel corso dei suoi anni di studio in Conservatorio, imparò a comporre più seguendo le lezioni di direzione d’orchestra di Nikolaj Čerepnin, che non nella classe di composizione di Anatolij Ljadov: «Seduto accanto a me con la partitura, durante le prove infinite dell’orchestra studentesca, egli mi diceva: “Ecco, ascolti com’è delizioso qui il fagotto”, ed io entravo con gusto nelle partiture di Haydn e di Mozart. Così
    sarebbe nata in futuro la Sinfonia Classica».
    E poi continua: «L’estate del 1917 la trascorsi da solo in campagna, vicino a Pietrogrado, leggendo Kant e lavorando moltissimo. Di proposito non avevo portato con me il pianoforte, perché desideravo provare a comporre senza di esso... Ero ossessionato dall’idea di comporre un intero pezzo sinfonicosenza ricorrere al pianoforte. In un brano simile anche i colori orchestrali dovrebbero essere più puri. Di qui scaturì l’origine del progetto di una Sinfonia nello stile di Haydn; giacché, avendo molto approfondito la tecnica haydniana con Čerepnin, sapevo muovermi su di un terreno sufficientemente familiare per potermi avventurare nel difficile viaggio senza il pianoforte. Mi sembrava che se Haydn fosse vissuto fino ai nostri giorni, avrebbe mantenuto il proprio stile compositivo e nello stesso tempo avrebbe percepito qualcosa di nuovo. Questo è il tipo di Sinfonia che volli scrivere: una Sinfonia nello stile classico, come infatti la chiamai quando mi accorsi che l’idea stava prendendo corpo; innanzitutto perché il titolo Sinfonia Classica era più semplice, poi, come una birichinata, per gettare con esso “le oche” nello scompiglio, ed infine nella segreta speranza di vincere se la Sinfonia si fosse realmente affermata come un pezzo di musica classica. La composi a mente durante le mie passeggiate in campagna... Per prima cosa fu composta la Gavotta. Poi, ancora nel 1916, era pronto il materiale per il primo e il secondo movimento. Ma per l’estate 1917 rimaneva ancora molto lavoro. Nel finale ho cancellato la prima versione con tutti i suoi abbozzi e ne ho composto una nuova, ponendomi tra l’altro il compito di evitare qualsiasi accordo di tonalità minore». La Sinfonia fu completata il 10 settembre 1917 e dedicata all’amico e collega del Conservatorio, il futuro temibile critico Boris Asaf’ev.
    La prima esecuzione della Classica ebbe luogo il 21 aprile 1918 a Pietrogrado, dove “a sei mesi dall’insediamento del potere sovietico funzionava ancora l’impresa privata in campo concertistico” e dove l’Autore la diresse personalmente con l’orchestra di “corte”, con la quale 10 anni prima aveva eseguito la propria Sinfonia giovanile. Al concerto era presente l’allora commissario all’istruzione Anatolij Lunačarskij, che qualche mese dopo autorizzò il giovane compositore a partire per l’America. La partitura della Classica accompagnò Prokof’ev nel suo lungo viaggio attraverso tutta la Siberia, il Giappone el’Oceano. Negli Stati Uniti Prokof’ev fu presentato ad uno dei direttori d’orchestra più importanti di allora, Walter Damrosch, il quale a proposito della Classica disse: “È deliziosa, è un vero Kalinnikov”. Prokof’ev fu indignato, si trattava invece di un autentico e sincero complimento: Damrosch aveva girato tutta l’America con una Sinfonia di Vasilij Kalinnikov.
    Più tardi, a Parigi, Prokof’ev decise di considerare la Classica come la propria Sinfonia numero uno: «Non era davvero una Sinfonia, ma pur sempre una Sinfonia, quindi decisi di considerarla come la mia prima». Nel maggio 1931 a Parigi fu realizzato un balletto sulla musica della Classica. «È venuto niente male, però l’impresa ben presto è fallita, ma non per cause dipendenti dalla Classica».
    Guardando alla sua produzione compositiva Prokof’ev individuava cinque differenti linee stilistiche: la prima è proprio quella “classica”, «così definita per la forma (sonate e concerti) e per le imitazioni dei classici del Settecento (Gavotte, Sinfonia classica, Sinfonietta op. 48)». Le altre linee sono: quella moderna, la linea toccatistica e “motoria”, una quarta “lirica” ed infine una quinta linea “scherzosa”, che appare in quasi tutte le sue composizioni e che Prokof’ev giustamente non
    voleva venisse indicata come “grottesca”, espressione usata invece da molti critici.
    Infine, sempre attraverso le parole del compositore, da una sua intervista al giornale “Los Angeles Evening Express” del 19 febbraio 1930, scopriamo la sua ricerca della “nuova semplicità”. «La Sinfonia Classica è stata il mio primo capriccio in questo senso. Desideravo comporre alla maniera di Mozart, utilizzando però una grande orchestra. Rivolgendoci alla nuova semplicità, noi utilizzeremo le più semplici combinazioni degli strumenti, piccoli organici orchestrali, mantenendo le migliori qualità dell’armonia contemporanea, con la sua forza, la sua acutezza ed espressività. Facendo un parallelo con le epoche precedenti, sto facendo ciò che Mozart ha fatto dopo Bach. Mozart e Haydn hanno presoda Bach alcuni dei suoi modi, le sue dissonanze, ma circondandoli con quella “semplicità stilistica” che apparve (dopo Bach) nella seconda metà del XVIII secolo. Anch’io mi sto evolvendo verso la semplicità della forma, verso un contrappunto meno complesso, e verso uno stile più melodico. Tutto questo è la nuova semplicità». In nome di questa nuova semplicità Prokof’ev è stato accostato al neoclassicismo e quindi anche a Stravinskij; tuttavia l’autore ebbe modo di sottolineare più volte che, sebbene avesse composto la sua Sinfonia Classica ben prima che Stravinskij scrivesse il suo Pulcinella, non si considerava un sostenitore della corrente neoclassica, perché era comunque più interessato alle nuove forme espressive. E in questo senso la Classica, composta nel lontano 1917, rimase per sempre l’unico opus “classico” di Sergej Prokof’ev.
    Dopo la musica audace dei due Concerti per pianoforte e orchestra, e la non meno “barbara” Suite scita (composta sul materiale del balletto Ala e Lolli), che non aveva accontentato nemmeno Diaghilev (certamente tutt’altro che un purista) la nuova Sinfonia del giovane compositore fu una sorpresa per tutti – tanto era limpida, chiara, severa, snella e nello stesso tempo piena di luce e di ottimismo. Prokof’ev scelse anche un organico strumentale assai modesto, con 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 trombe, 2 corni (senza tromboni e tuba), oltre agli archi, naturalmente.
    La Sinfonia inizia con un accordo forte di tutta l’orchestra, dopo il quale troviamo un veloce motivo ascendente dei flauti, dei clarinetti e degli archi – come se si alzasse velocemente il sipario su uno spettacolo di burattini. Il tema principale dell’Allegro di sonata è leggero, scorrevole, di strumentazione trasparente. Il secondo è di carattere piuttosto comico, a causa dei salti ampi e leggeri dei violini (scrive l’autore “con eleganza”) e l’accompagnamento goffo dei fagotti con le entrate improvvise dei corni. Questi salti di due ottave dei flauti e dei violini, e le curiose acciaccature creano l’immagine di un ballo “dei bei vecchi tempi, con le parrucche e le treccine” (scrive Prokof’ev nella sua presentazione alla “prima”). Due battute conclusive, quasi identiche all’inizio, fanno calare momentaneamente il sipario.
    Il Larghetto è scritto nel ritmo di una Polacca, ma il suo carattere ricorda piuttosto un raffinato Minuetto di Haydn. La melodia, abbellita dai trilli, sembra proprio mostrare dei danzatori che si accasciano seguendo il ritmo della musica. La parte centrale, mossa, raggiunge un climax piuttosto brillante per poi tornare al movimento della danza cerimoniosa. Il triste e leggermente stravagante tema dei violini nel registro acuto è sostenuto da un accompagnamento volutamente asettico.
    Il terzo movimento è una Gavotta: questa danza si trova spesso nelle opere di Prokof’ev, sia prima della Sinfonia che dopo (nei cicli per pianoforte op. 12 e op. 32, nella musica per il film Amleto e nel balletto Cenerentola, come vedremo fra poco). Qui “l’umorismo” di Prokof’ev si manifesta appieno: il gesto di ampia apertura, i salti di ottava marcati, l’alternanza delle triadi di tonalità maggiore e le cadenze fasulle. Nell’episodio centrale sul pedale prolungato di timpani e archi e poi dei fagotti, a mo’ di cornamusa, si ode un semplice motivetto: si tratta di una “musette” di sapore popolare russo. Questa musica molti anni dopo fu usata da Prokof’ev nel balletto Romeo e Giulietta. Il finale Molto vivace, scintillante, precipitoso, scritto come il primo movimento in forma-sonata, ci riporta a un inarrestabile carosello: i temi di carattere danzante, basati su scale e arpeggi con elementi di pura comicità, la trasparenza dell’orchestrazione, la chiarezza della forma riaffermano in conclusione la “classicità” della Sinfonia, dando ragione del suo titolo.

     

    Cenerentola, suite dal balletto

    1. Introduzione (Andante dolce), op. 107, n. 1
    2. Danza dei veli (Allegretto), op. 107, n. 2
    3. La lite (Moderato. Allegro irato), op. 107, n. 3
    4. La vecchia fata e la fata dell’inverno
    (Allegro moderato), op. 107, n. 4
    5. Lezione di danza e gavotta (Vivo), op. 108, n. 2
    Marco Fiorini, Marlène Prodigo violini
    6. Galop (Presto), op. 108, n. 7
    7. Amoroso (Andante dolcissimo), op. 109, n. 8
    8. Valzer di Cenerentola (Allegro espressivo), op. 107, n. 7
    9. Mezzanotte (Allegro moderato), op. 107, n. 8  

    Data di composizione
    1940-1944
    Prima esecuzione
    Mosca,
    Teatro Bol’šoj
    Direttore
    Jurij Faier
    Organico
    Ottavino, 2 Flauti, 2 Oboi,
    Corno inglese, 2 Clarinetti,
    Clarinetto basso, 2 Fagotti,
    Controfagotto, 4 Corni,
    3 Trombe, 3 Tromboni, Tuba,
    Timpani, Percussioni,
    Arpa, Pianoforte, Archi

    La Cenerentola di Prokof’ev
    Nel suo articolo L’artista e la guerra Prokof’ev racconta di essersi trasferito nell’estate del 1943 nella città di Perm’ (allora si chiamava Molotov) su invito del teatro “Kirov”, che si trovava lì in sfollamento: «Sono arrivato nella città di Perm’ per completare il balletto Cenerentola, interrotto nell’estate del 1941. Molti paesi, molti popoli conoscono ed amano la fiaba di Cenerentola. Nella raccolta delle fiabe popolari russe di Afanas’ev la troviamo sotto il titolo Maša-brunettina. Il libretto è scritto da un esperto come Nikolaj Volkov». Nel 1945 il compositore raccontava che nel suo balletto l’eroina viene rappresentata attraverso tre temi musicali: Cenerentola offesa, Cenerentola pura e sognante, Cenerentola innamorata e felice. «Composi la Cenerentola secondo la tradizione del balletto classico, in esso si trovano Pas de deux, Adagio, Gavotta, Valzer, Pavana, Passepied-Bourrée, Mazurka, Galop. Ogni personaggio possiede una propria variazione».
    Per il ruolo di Cenerentola fu immediatamente scelta la più grande ballerina russa, Galina Ulanova. La prima rappresentazione ebbe luogo a Mosca, al Bol’šoj il 21 novembre 1945 con la Ulanova e Michail Gabovic nelle parti principali, direttore era Jurij Faier, coreografo Rostislav Zacharov. L’anno successivo Prokof’ev trasse tre Suite dalla musica del balletto, registrate come op. 107, 108 e 109. Quella che ascoltiamo stasera è “una suite delle suites”, cioè sei numeri dalla Prima Suite (Introduzione, Danza dei veli, La lite, La vecchia fata e la fata dell’inverno, Valzer di Cenerentola e Mezzanotte), due numeri dalla Seconda (Lezione di danza e Gavotta e Galop) e uno dalla terza (Amoroso).
    Molto popolari tra i pianisti sono inoltre le tre Suite pianistiche dallo stesso balletto: Tre pezzi op. 95, Dieci pezzi op.97 e Sei pezzi op. 102.
    L’Introduzione che apre il Balletto, è basata su due temi. Il primo, triste, ricorda alcuni canti popolari russi: viene esposto da violini, viole, violoncelli e clarinetti con l’accompagnamento dei lunghi e morbidi accordi dei secondi violini e fagotti. Il secondo tema, romantico e leggiadro, rappresenta i sogni di Cenerentola.
    Danza dei veli (Pas de chale in originale) è una danza graziosa e raffinata, che lentamente però accelera e si trasforma in una specie di Tarantella, che preannuncia il litigio tra le sorellastre di Cenerentola.
    La lite (Moderato. Allegro irato) è uno scherzo brillante e pieno di sarcasmo, che descrive la rabbia delle cattive fanciulle. I motivi sono brevi, le sonorità aspre, gli accenti improvvisi e forti.
    Il numero della Vecchia fata e la fata dell’inverno unisce i due diversi episodi del balletto: la variazione della fata dell’Inverno dal Primo Atto (quando appaiono le fate di tutte le stagioni) e l’arrivo della fata Nonna che viene in aiuto di Cenerentola. Qui Prokof’ev crea sonorità particolarmente affascinanti e fiabesche: usa i clarinetti, le arpe, il tremolo degli archi con l’assolo dell’ottavino e poi il tamburo militare con i colpetti dei piatti.
    La Lezione di danza e gavotta è un episodio umoristico, in cui viene rappresentato il malcontento del maestro di danza, che si alterna con la musica della Gavotta.
    La Gavotta viene suonata da due inesperti violinisti, che rappresentano il ballo goffo e legnoso delle sorellastre. Ma appena la matrigna parte con le figlie per la festa da ballo, Cenerentola comincia a ballare la stessa danza ed ecco che avviene il miracolo musicale: la melodia rimane la stessa, ma al posto dello strimpellamento dei due sgraziati “violinisti” tutti gli archi dell’orchestra suonano la stessa melodia in modo pulito e preciso. Il ballo della Cenerentola di conseguenza diventa grazioso e naturale.
    Anche il Galop (ce ne sono tre nel Terzo Atto) è molto spiritoso nell’orchestrazione: la figura ritmica è scandita dai tromboni e dai colpi di grancassa, mentre la corsa del Principe che insegue la promessa sposa è rappresentata dalle scale velocissime dei violini.
    Segue l’apoteosi del balletto, Amoroso: il Leitmotiv della Cenerentola, con i suoi sogni e il suo amore, suona in modo maestoso anche se sommesso. Le splendide melodie si poggiano sul tremolo degli archi, sugli arpeggi del pianoforte e dell’arpa.
    Magnifica è la conclusione dell’Amoroso, con un passaggio della celesta che sfuma verso l’acuto, un accordo in diminuendo degli archi e una solitaria tuba nel registro più grave.
    Il Valzer di Cenerentola nel balletto è il Valzer-Coda alla fine del Secondo Atto, prima dell’episodio Mezzanotte. La flessuosa melodia del Valzer è altamente poetica e rappresenta la realizzazione della felicità, culminante in un fortissimo di tutta l’orchestra. Al termine della Suite la Mezzanotte irrompe svegliandoci da un bellissimo sogno! Lo xilofono conta i secondi in modo implacabile e metrico, l’ottavino stride, i tremoli degli archi sono feroci, tutto si agita sullo sfondo del battito legnoso delle percussioni e all’improvviso il ticchettio dell’orologio si ferma, cresce la potente sonorità di tutta l’orchestra e la stupenda fiaba finisce.

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