Harro Stammerjohann, La lingua degli angeli, Firenze, Accademia della Crusca, 2013, 360 pagine.
L'italiano è stato, nel medioevo e anche in epoca rinascimentale, una lingua piuttosto diffusa poiché l'Italia, o meglio ciò che veniva inteso come tale, era legata ad alcune eccellenze come la marineria, il commercio e lo studio universitario. Che parallelo possiamo fare in questo senso con la situazione attuale? Ci sono attualmente delle eccellenze che possono imporsi e promuovere così la lingua italiana?
Ci sono certo delle eccellenze italiane anche oggi ma non credo che promuovano tanto la lingua italiana. Se è vero che il “Made in Italy” – moda, design, alimentari, vini... italiani – si vende in tutto il mondo è pur vero che la lingua del commercio internazionale è l’inglese. Continua a diffondersi il lessico culinario italiano: non solo nomi commerciali di prodotti italiani (che non sono italianismi in senso tecnico linguistico) ma anche nomi e locuzioni comuni, per es. al dente, antipasto, cannelloni... Per quanto riguarda i nomi di ristoranti, intorno a casa mia nel centro di Francoforte ce ne sono almeno tre: Il Pescatore, Marietto e Golfo di Napoli... Ma non è la lingua italiana che si diffonde così, sono dei prestiti a essa, cioè degli italianismi.
La visione che emerge è che l'Italia e l'italiano siano stati, almeno fino al periodo rinascimentale, una sorta di ponte verso lingue e culture diverse. Esiste ancora questa caratteristica? In che modo l'italiano potrebbe tornare ad avere questa funzione?
È vero che in passato la lingua italiana ha mediato a tutta l’Europa, per esempio, i saperi arabi e con i saperi anche le parole, per es. candire, marzapane, zucchero ... (Erano gli arabi a raddolcire la nostra vita!) L’italiano non ha più questa funzione ma mi domando se non potrebbe tornare ad averla se l’Unione per il Mediterraneo, fondata nel 2008, godesse fortuna.
Quali sono i motivi per cui oggi le giovani generazioni dovrebbero avvicinarsi alla lingua italiana?
Fatto sta che lo studio della lingua italiana è in espansione in tutti i paesi del mondo. Per quanto riguarda le motivazioni cito come esempio un appello della Fondazione Italia, un’iniziativa americana che ha la sua sede al Dipartimento d’italiano della University of California at Los Angeles (UCLA). Questa Fondazione invita allo studio della lingua italiana proponendo:
Learn the language of your nonni! (‘Impara la lingua dei tuoi nonni’, cioè dei tuoi antenati immigrati in America)
Make your next trip to Italy more interesting! (‘Rendi il tuo prossimo viaggio in Italia piùinteressante’)
Get an insider’s view of a wonderfully rich culture! (‘Diventa un esperto di una cultura meravigliosamente ricca’)
Improve your academic performance! (‘Migliora la tua performance accademica’)
Expand your personal horizons! (‘Espandi i tuoi orizzonti personali’)
Giova alla diffusione della lingua italiana la reputazione di essere una lingua facile da imparare, reputazione non del tutto infondata. Infatti, le lingue più facili da imparare non sono quelle particolarmente vicine né, certo, quelle particolarmente lontane dalla propria lingua, ma quelle a distanza media, e allora l’italiano, a distanza media da molte altre lingue europee, sarebbe per i parlanti di tutte queste lingue relativamente facile da imparare e perciò, secondo uno studioso tedesco, l’ideale lingua comune per l’Europa.
Nell’ultima parte del volume propone un viaggio attraverso i giudizi di studiosi stranierisulla nostra lingua. Ma al giorno d’oggi riceveremmo le stesse risposte?
Sì o quasi. Se in passato la lingua italiana ha avuto anche dei detrattori, oggi la bellezza della lingua italiana è una «certezza di massa da Guide bleu» (Tullio De Mauro). Oltre ad essere considerata facile da imparare essa continua ad essere considerata delicata, dolce, elegante, fluida, gentile, gradevole, graziosa, liscia, melodica, piacevole, seducente, una lingua musicale e nata per la musica, femminile e fatta per l’amore ... Tant’è vero che anche gli studiosi linguisti stranieri soccombono al fascino della lingua italiana, tanto che cercano di spiegarlo scientificamente.
L'autore
Harro Stammerjohann, nato nel 1938 a Bad Segeberg (Germania), è professore emerito di Linguistica romanza, che ha insegnato negli Stati Uniti, a Francoforte sul Meno e a Chemnitz. Le sue principali aree di studio sono la linguistica italiana e francese. Ha diretto anche pubblicazioni di linguistica generale, tra le quali il Lexicon Grammaticorum. A Bio-Bibliographical Companion to the History of Linguistics (seconda edizione 2009). Ha ideato e realizzato il Dizionario di italianismi in francese, inglese e tedesco (DIFIT, 2008). Dal 1999 è accademico straniero della Crusca, che nel 1970 aveva pubblicato la sua tesi sul fiorentino parlato.