Alla scoperta del Mobile Journalism/2: Prepararsi per il futuro


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Come si stanno adattando giornalisti e broadcasters alla costante evoluzione di strumenti, piattaforme e tecniche di raccolta delle notizie? Lo abbiamo chiesto all’esperto di mobile video ed ex giornalista della BBC Mark Egan.

Mark è un docente presso la Eurovision Academy e terrà un training workshop sul Mobile Journalism, o MoJo, per il Prix Italia, a Lampedusa.

Il MoJo può essere considerato il futuro del giornalismo?

Assolutamente. Ci sono vari fattori che lo rendono una scelta ovvia.

Prima di tutto la domanda di contenuto, soprattutto video, è più alta che mai. Tuttavia, i budget non consentono di assumere più persone e troupe. Tutti noi però abbiamo uno smartphone, quindi è assolutamente sensato utilizzarlo per rispondere a questo tipo di domanda.

In secondo luogo, il pubblico si trova sulle piattaforme mobili. Nella maggior parte dei paesi sviluppati, ci sono più telefoni che persone al giorno d’oggi. Spesso è più semplice creare contenuti per alcune piattaforme utilizzando le piattaforme stesse.

In terza battuta, c’è qualcuno interessato ad attrarre un pubblico più giovane? Dove è quel pubblico? Sui social media ovviamente. Utilizzare le app sul proprio telefono per creare contenuto adatto ai social media è semplice. E rende più facile coinvolgere un’audience più giovane.

Per concludere, la velocità di innovazione degli smartphone è incredibile. Non possono che diventare migliori e più potenti rispetto ad oggi.

Quali sono i vantaggi sia per quanto riguarda situazioni di breaking news sia per lavori più lunghi?

Ci sono così tanti esempi di MoJo e breaking news. Quando l’aeroporto di Bruxelles è stato attaccato, SKY News Uk aveva un reporter e un cameraman che stavano aspettando di imbarcarsi. Hanno potuto andare subito in diretta usando ciò che avevano a disposizione, ovvero i loro smartphones. Con un telefono cellulare, si possono inviare foto, video, audio, testi e andare in diretta se si è in una situazione di breaking news. Nessun’altro strumento regge il confronto.

Per quanto riguarda pezzi più lunghi, penso che il principale vantaggio dell’usare uno smartphone sia che mette le persone a proprio agio. Nick Garnett, un reporter radiofonico della BBC, ha realizzato dei grandi pezzi dopo gli attacchi terroristici a Parigi utilizzando il proprio iPhone.

Le persone non si sentono minacciate da un telefono, sia che si tratti di un lavoro video sia audio. Questo significa che è possibile ottenere risposte più naturali e autentiche alle proprie domande. Può anche aiutare il giornalista a trovare uno stile visivo particolare.

Al Jazeera ha addirittura girato un intero documentario in Siria durante le prime fasi della rivoluzione. È stato possibile perché un telefono non identifica una persona come giornalista. Quindi la sicurezza è un altro fattore che entra in gioco.

Aumenta la possibilità di interagire con il pubblico?

In passato i giornalisti avevano un feedback del pubblico molto limitato. Al giorno d’oggi con i social media, è possibile portare il pubblico con sé mentre si realizza una storia.

Se un giornalista sceglie di interagire sui social media, allora il suo telefono gli permette di farlo. Un altro fattore è il fatto che ora il pubblico si sente in grado di contribuire alla storia stessa.

In che modo i media – soprattutto quelli di servizio pubblico – si stanno adattando?

Alcuni utilizzi del mobile journalism sono ormai accettati. Per esempio, filmare un video dal cellulare durante una situazione di breaking news. Ormai è qualcosa che viene visto come un elemento basilare del lavoro del giornalista.

Emittenti come RTÉ in Irlanda hanno provato a spingersi ancora oltre e hanno prodotto alcuni ottimi lavori girati esclusivamente con degli Iphone.

Il problema è che al momento questo genere di prodotti viene visto come un di più rispetto al modo in cui le cose sono sempre state fatte. Credo che i broadcaster ancora non trattino il telefono cellulare come un vero e proprio strumento professionale.

Siamo così abituati ad usare strumentazione “professionale”, mentre il pubblico utilizza “prodotti di consumo”; è difficile accettare che uno smartphone possa essere utilizzato come uno strumento professionale di raccolta di informazioni. Il fatto che possiamo realizzare lavori che nell’aspetto sono simili a quelli filmati con metodi più tradizionali è una gran cosa, ma credo che ci potrebbe essere spazio per molta più innovazione.

Un esempio molto semplice è quello del commentatore di BBC Sport Conor McNamara, che utlizza app come PicPlayPost per creare dei reportage speciali di 20 secondi dopo le partite di calcio. Non si tratta di radio o televisione. È un tipo di contenuto creato su un telefono cellulare, per essere visto su telefoni cellulari.

In che modo il MoJo potrebbe migliorare lo storytelling soprattutto quando si parla di storie come la cosiddetta crisi dei rifugiati?

La particolarità dello storytelling nel MoJo è che può davvero essere qualsiasi cosa si desideri. Si ha la possibilità di raccontare una storia in foto, video, live, audio, testo e un mix di tutti questi elementi. Un esempio relativo alla crisi dei rifugiati è il lavoro fatto dal Bild in Germania.

Il loro reporter Paul Ronzheimer ha utilizzato app come Periscope per viaggiare insieme ai rifugiati e raccontare le loro storie. Ha letteralmente camminato al fianco dei rifugiati trasmettendo in diretta e facendo loro domande. Ciò che rende un esperimento di questo tipo interessante è il fatto che gli utenti potevano fare domande e Paul era in grado di rispondere in diretta. Bild ha poi fatto confluire questo materiale in un breve documentario.

In passato sarebbe stato necessario avere a disposizione un camion satellitare e una troupe sul campo anche solo per tentare di ottenere una cosa del genere.

Cosa possiamo aspettarci per il futuro? MoJo è qualcosa che tutti i giornalisti dovrebbero imparare?

Ecco un concetto che molti broadcaster faticano ad afferrare: il mio iPhone può già filmare video con una qualità di 4k. È circa quattro volte l’alta definizione. Ci sono alcuni punti deboli, ma spariranno presto.

Se pensate che il vostro telefono sia potente adesso, sembrerà un reperto da museo in un futuro non troppo lontano.

Per questo motivo, i broadcaster devono assicurarsi che ogni singola persona all’interno della loro organizzazione sia in grado di utilizzare il proprio smartphone, non solo in situazioni di emergenza.

È il futuro e quindi tutto dovrà essere mobile-first e il primo passo è essere sicuri che tutto il personale sia in grado di girare contenuto professionale e di alta qualità su telefoni cellulari per un pubblico mobile. Guardatevi intorno la prossima volta che sarete in un treno o in una caffetteria. Tutti saranno immersi nei propri telefoni o tablet. Quello è il vostro pubblico.

Avete lo strumento di raccolta di notizie più potente di tutti i tempi proprio nelle vostre mani. Se lo si usa per dar vita a storie che interessino al pubblico, il servizio pubblico potrà avere un brillante futuro.