Siamo nella ca...

collaborazione di Alessia Marzi e Janaina César
immagini di Matteo Delbò

dall'Istituto Superiore di Sanità: Giulia Presutti

Se fino agli anni sessanta il letame prodotto dal bestiame era considerato oro per una piccola azienda agricola, oggi è diventato un problema. Tutto è legato agli allevamenti intensivi in cui poche e grandi aziende gestiscono migliaia di capi in piccoli spazi, con la necessità di smaltire i liquami prodotti che però producono grandi quantità di ammoniaca e nitrati con un forte impatto sia nella formazione del Pm10, sia nell'inquinamento delle falde acquifere. Solo pochi giorni fa è uscito uno studio preliminare della Società italiana di medicina ambientale che, in collaborazione con alcune università italiane, ipotizza una correlazione tra la diffusione del coronavirus in pianura padana e l'inquinamento da Pm10. Il caso monitorato è quello di Brescia e della sua provincia, che insieme a Bergamo, ha raggiunto il più alto numero di contagi. Ed è a Brescia che siamo stati tutta la prima metà di febbraio a documentare come avvengono gli spandimenti di liquami sui terreni, mentre il virus si stava diffondendo tra la popolazione. Il problema dell'impatto ambientale nella produzione di carne esiste anche se l'Italia è un paese importatore perché non riesce a soddisfare la domanda sempre più crescente. Tra i maggiori produttori, con oltre 200 mln di capi bovini c'è il Brasile, a cui si rivolgono alcuni produttori italiani di bresaola. Siamo partiti per il Mato Grosso e il Parà, nel cuore dell'Amazzonia, per capire quanto gli allevamenti sono legati alla deforestazione e quanto questo possa sviluppare nuove pandemie.

- Sull'impatto ambientale dei nitrati derivanti dagli allevamenti intensivi, a seguito di diverse prese di posizione pubbliche, pubblichiamo i nostri chiarimenti, corredati dalla documentazione di riferimento. Secondo il Dr. Aaron Bernstein, direttore del centro di ricerca per l'ambiente e la salute di Harvard: "Dobbiamo intraprendere azioni riguardanti il clima per prevenire la prossima pandemia. Per esempio, prevenire la deforestazione può aiutare a contenere la perdita di biodiversità e rallentare le migrazioni di animali che possono aumentare il rischio di diffusione di malattie infettive. Ripensare le nostre pratiche agricole, comprese quelle che fanno affidamento sull'allevamento di decine di milioni di animali in spazi ristretti, può impedire la trasmissione tra animali e lo spillover nelle popolazioni umane". Qui l'intero articolo.


NOTA DEL 20/04/2020

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO

Consentiteci di fare una precisazione sulla scorsa puntata. Avevamo parlato della bresaola in Valtellina. Ci ha scritto Rigamonti e specifica che lui sceglie i fornitori in maniera indipendente e rigorosa rispetto alla proprietà JBS. Si tratta di aziende certificate e autorizzate ad esportare nell’Unione Europea, e che hanno l’obbligo della rintracciabilità dei capi. Poi a questo lui aggiunge, Rigamonti, anche dei controlli, personali e anche fatti con enti terzi questo dà la certezza che si tratti di carne non proveniente da aree deforestate.
Siamo contenti che abbia così a cuore l’ambiente, non però non l’avevamo mai detto abbiamo solamente detto che la sua proprietaria la JBS era stata multata in Brasile proprio per questo.