Nabucodonosor

Il “Nabucco” di Giuseppe Verdi diretto da Riccardo Muti al Teatro dell’opera di Roma

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È stato il momento più emozionante delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia il “Nabucco” di Giuseppe Verdi diretto da Riccardo Muti al Teatro dell’opera di Roma nel marzo del 2011. Rai5 lo ripropone in occasione di un altro importante anniversario: i 200 anni dalla nascita di Verdi. Protagonisti dello spettacolo, messo in scena da Jean Paul Scarpitta, sono il grande baritono Leo Nucci nel ruolo di Nabucodonosor, re di Babilonia, il soprano Csilla Boross, in quello di Abigaille, il tenore Antonio Poli nei panni del giovane Ismaele, il mezzosoprano Anna Malavasi come Fenena, figlia di Nabucco, e il basso Dmitry Beloselsky, chiamato a interpretare il gran pontefice degli ebrei Zaccaria
Nabucco” è considerato il titolo più risorgimentale di Verdi, perché gli spettatori italiani, all’epoca della prima rappresentazione nel 1842, si identificarono con il popolo ebraico assoggettato al dominio babilonese, e sentirono come propria l’aspirazione alla libertà espressa nel celebre coro “Va pensiero”. Il regista e scenografo Jean Paul Scarpitta ha creato per lo spettacolo una scena composta da una piramide, da qualche albero sospeso davanti a un muro d'oro satinato e da rovine che emergono dalle nuvole. Sullo sfondo un cielo grigio ispirato alle illustrazioni della Bibbia di Gustave Dorè.
 
Dal Teatro dell’Opera di Roma
Dramma lirico in quattro atti 
Musica di GIUSEPPE VERDI
Libretto TEMISTOCLE SOLERA
Orchestra  e Coro del Teatro dell’Opera di Roma 
Direttore d’orchestra RICCARDO MUTI
Maestro del Coro ROBERTO GABBIANI
Personaggi e interpreti
Nabucodonosor LEO NUCCI
Ismaele ANTONIO POLI
Abigaille CSILLA BOROSS
Fenena ANNA MALAVASI
Zaccaria DMITRY BELOSELSKIY
Regia JEAN - PAUL SCARPITTA
Regia televisiva LORENA SARDI
 
Parte Prima - Gerusalemme
Interno del Tempio di Salomone.
Pieni di angoscia e di terrore, gli ebrei rivolgono accorate preghiere al Signore perché li protegga dai babilonesi [nel libretto detti anche “assiri”], che guidati dal loro re Nabucodonosor (o Nabucco) stanno per piombare su Gerusalemme (“Gli arredi festivi”). Giunge Zaccaria, gran pontefice degli ebrei. Egli conduce con sé Fenena, figlia di Nabucco, ed esorta il suo popolo a sperare nell’aiuto divino: già Fenena, da lui tenuta in ostaggio, potrebbe rivelarsi come un pegno di pace tra ebrei e babilonesi (“Sperate, o figli!... D’Egitto là sui lidi”). Ismaele, nipote del re degli ebrei, annuncia che l’avanzata di Nabucco e dei suoi guerrieri non conosce ormai più freno. Zaccaria incita gli ebrei a respingere il nemico e, dopo aver affidato Fenena ad Ismaele, si allontana insieme a tutto il popolo per difendere la città ed il Tempio (“Come notte a sol fulgente”). Ismaele e Fenena, segretamente innamorati l’uno dell’altra, sono rimasti soli. Ismaele ricorda come Fenena l’avesse liberato dal carcere di Babilonia, quando vi si era recato come ambasciatore. Ora Ismaele è deciso a liberare a sua volta Fenena e intende fuggire insieme con lei. Ma ecco che irrompono alcuni guerrieri babilonesi che sono riusciti a penetrare nel Tempio travestiti da ebrei; alla loro guida è Abigaille, da tutti considerata come la figlia primogenita di Nabucco. Abigaille, che ha conosciuto Ismaele quando questi era a Babilonia e che lo ama, affronta dapprima i due amanti con espressioni piene di sarcasmo e d’ira (“Prode guerrier!”); ma poi si avvicina ad Ismaele confessandogli tutto l’amore che prova per lui (“Io t’amava!”). Ella è disposta a salvare il popolo ebraico purché Ismaele acconsenta ad amarla; ma egli rifiuta. Si riversano di nuovo nel Tempio gli ebrei in fuga, che inutilmente hanno cercato di opporre resistenza (“Lo vedeste?”). Nabucco giunge a cavallo fin sul limitare del Tempio, ma Zaccaria gli intima di fermarsi: ucciderà Fenena se il re di Babilonia oserà profanare il luogo sacro. Nabucco sembra cedere e scende da cavallo (“Si finga…Tremin gl’insani”), ma le sue parole blasfeme suscitano l’ira di Zaccaria. Proprio mentre il gran pontefice sta per colpire a morte Fenena, si frappone Ismaele che ferma la mano di Zaccaria e libera Fenena. Nabucco, ora che la figlia è tra le sue braccia, ordina ai suoi soldati di saccheggiare ed ardere il Tempio (“Mio furor, non più costretto”). Abigaille, se il suo amore per Ismaele non potrà essere appagato, potrà almeno dare sfogo a tutto il suo odio per il popolo ebraico. Zaccaria e gli ebrei maledicono Ismaele, che liberando Fenena ha tradito la patria (“Dalle genti sii reietto”).
 
Parte Seconda - L’empio
Scena prima. Appartamenti nella reggia di Babilonia
Abigaille è riuscita ad impossessarsi del foglio in cui è documentata la sua vera origine: ella non è la figlia primogenita di Nabucco, ma è in realtà una schiava. Non per questo intende però rinunciare ai suoi ambiziosi propositi di dominio. È adirata contro Nabucco che, ancora impegnato nella guerra contro gli ebrei, ha affidato la reggenza a Fenena e che per di più ha allontanato Abigaille dal campo di battaglia rimandandola a Babilonia. E non hanno limiti il suo sdegno ed il suo desiderio di vendetta nei confronti di Fenena, che oltre all’amore di Ismaele le contende ora anche il trono. Nell’animo di Abigaille non c’è più posto per quei sentimenti di umanità e di amore che una volta aveva pur conosciuto e provato (“Ben io t’invenni… Anch’io dischiuso un giorno”). Sopraggiunge il Gran Sacerdote di Belo con i Magi babilonesi. Al colmo dell’agitazione il Gran Sacerdote riferisce ad Abigaille che la reggente Fenena ha liberato gli ebrei. Per porre fine a tutto ciò e per salvare Babilonia dai suoi nemici è necessario che Abigaille assuma il potere; a tale scopo è stata già diffusa la falsa notizia che Nabucco è caduto in guerra. Abigaille accoglie l’offerta del Gran Sacerdote ed esulta al pensiero di poter finalmente salire sul trono (“Salgo già del trono aurato”).
 
Scena seconda. Sala nella reggia
Accompagnato da un Levita che porta le tavole della Legge, Zaccaria si dirige verso gli appartamenti di Fenena. Intende convertire la figlia di Nabucco alla religione ebraica e prega il Signore di illuminarlo ed assisterlo in questa missione (“Vieni, o Levita... Tu sul labbro de’ veggenti”). Si radunano nella sala i Leviti. Giunge anche Ismaele, ma tutti lo respingono e lo maledicono per il suo tradimento (“Il maledetto non ha fratelli”). Fanno il loro ingresso in sala Zaccaria, sua sorella Anna e Fenena. Anna interviene a discolpa di Ismaele e annuncia ai Leviti l’avvenuta conversione di Fenena. Ma il vecchio Abdallo, un fedele ufficiale di Nabucco, accorre trafelato con la notizia della morte del re e dell’ascesa al trono di Abigaille. Quest’ultima ha intanto raggiunto anch’essa la sala, accompagnata dal Gran Sacerdote di Belo e dai suoi fidi, per strappare a Fenena la corona regale. Tra lo scompiglio e il terrore generale irrompe Nabucco con i suoi guerrieri e richiede per sé la corona. Ha poi parole di irrisione per il Dio Belo, che avrebbe spinto i babilonesi a tradirlo, e ancora per il Dio degli ebrei. Esige infine che tutti lo adorino come il solo Dio e minaccia di morte Zaccaria e tutti gli ebrei se non si piegheranno al suo volere. Ma nell’istante in cui Nabucco pronuncia le parole “Non son più re, son Dio!” sul suo capo si scaglia un fulmine. La corona cade al suolo e tra il silenzio generale si ode la voce del re che manifesta già segni di follia (“Chi mi toglie il regio scettro?”). La corona caduta viene prontamente raccolta da Abigaille.
 
Parte Terza - La profezia
Scena prima. Orti pensili
Abigaille, che in seguito al turbamento mentale di Nabucco ha intanto assunto i pieni poteri, riceve l’omaggio del popolo e dei Grandi di Babilonia (“È l’Assiria una regina”). Il Gran Sacerdote di Belo le presenta la sentenza di morte per Fenena e per gli ebrei e chiede ad Abigaille di approvarla. Questa si finge esitante, ma all’improvviso appare Nabucco, in abito dimesso con la mente offuscata. Abigaille fa allontanare tutti e, rimasta sola con il re, gli mostra la sentenza di morte (“Donna chi sei?”). Nabucco esita a sottoscriverla, ma alle espressioni sarcastiche di Abigaille, che gli rinfaccia indecisione e viltà, vi pone il suggello. Subito dopo egli si accorge di aver così decretato la morte per Fenena, ma è troppo tardi: Abigaille ha già consegnato la sentenza alle guardie. Inorridito, Nabucco inveisce contro la schiava e cerca inutilmente il foglio che prova l’origine servile di Abigaille. Ma questa ha il foglio nelle sue mani e lo fa a pezzi davanti a Nabucco che rimane esterrefatto e quasi paralizzato (“Oh, di qual onta aggravasi”). Abigaille, a coronamento del proprio trionfo, ordina alle guardie di imprigionare il re. Nabucco prima la scongiura di risparmiare la figlia (“Deh, perdona”): Abigaille potrà rimanere incontrastata sul trono babilonese, purché Fenena sia salva. Ma ogni preghiera è inutile: Abigaille, che può finalmente vendicarsi, rimane inflessibile.
 
Scena seconda. Le sponde dell’Eufrate
Gli ebrei sono in catene e costretti al lavoro. Il loro pensiero va alla patria perduta; sono dolorosamente colti dal nostalgico ricordo del Giordano, di Gerusalemme e del suolo natio (“Va pensiero”). Zaccaria infonde coraggio al suo popolo, e in una visione profetica predice la fine della schiavitù degli ebrei e la distruzione di Babilonia (“Oh, chi piange?... Del futuro nel buio discerno”).
 
Parte Quarta - L’idolo infranto
Scena prima. Appartamenti nella reggia
Destatosi da un sonno pieno di incubi, Nabucco ode da lontano delle voci. In un primo tempo non riesce a comprendere dove si trova e che cosa succede, ma poi scorge la figlia in catene mentre viene tradotta al patibolo e si rende conto di essere prigioniero nella sua reggia. Egli si rivolge allora in preghiera al Dio degli ebrei, implorando perdono e giurando di ricostruire il suo Tempio (“Dio di Giuda”). Confortato dalla nuova fede e con lo spirito non più turbato, egli si dirige verso una porta per forzarla; in quell’istante entra Abdallo con i guerrieri rimasti fedeli al re. Seguito dai suoi fidi, Nabucco si precipita a salvare Fenena e a punire quelli che lo hanno tradito (“Cadran, cadranno i perfidi… O prodi miei, seguitemi”).
 
Scena seconda. Orti pensili
Al suono di una marcia funebre giungono Fenena e gli ebrei condannati a morte. Confortata da Zaccaria, Fenena si avvia serenamente ad affrontare il martirio (“Oh, dischiuso è il firmamento!”). L’arrivo di Nabucco e dei suoi guerrieri salva Fenena e gli ebrei dalla morte. Il re dà subito ordine di distruggere il simulacro di Belo, ma l’idolo cade infranto da sé. Dopo aver concesso agli ebrei la libertà e permesso loro di ritornare in patria, Nabucco esorta tutti a prostrarsi e ad adorare il vero e unico Dio (“Immenso Jeovha”). Sorretta da due guerrieri entra Abigaille: si è avvelenata e sta per spirare. Chiede perdono a Fenena e, alla vista di Ismaele, affida i due amanti alla protezione di Nabucco; muore invocando il Dio degli ebrei (“Su me… morente…esanime”).