home > bilancio
2010 > consolidato > relazione sulla gestione
relazione sulla gestione
Signori Azionisti,
Il bilancio consolidato del Gruppo Rai chiude con una perdita di 98,2 milioni di Euro e una posizione finanziaria netta
negativa di 150,4 milioni di Euro.
Il risultato del 2010 risulta in peggioramento rispetto al 2009 (61,8 milioni di Euro), principalmente ascrivibile al contesto
di perdurante criticità economico-finanziaria legato alla pesante contrazione strutturale delle risorse.
L’adeguamento, in linea con il trend storico, del canone unitario, unitamente alla positiva evoluzione dei nuovi abbonati, nonché
l’inversione del trend dei ricavi pubblicitari, dopo il crollo del 2009, hanno favorevolmente inciso sulla dinamica gestionale senza,
tuttavia, poter contrastare un fenomeno di tale portata, aggravato anche dal più ridotto contributo dei ricavi commerciali.
Più in particolare l’effetto dell’adeguamento del canone unitario ha determinato un incremento delle risorse pubbliche per
40 milioni di Euro, mentre gli utenti paganti sono ormai praticamente prossimi al traguardo delle 16 milioni di famiglie.
Dopo la pesante diminuzione dei ricavi pubblicitari sofferta nel biennio 2008-2009, il 2010 ha mostrato un’inversione di
tendenza, con un incremento di poco superiore a 40 milioni di Euro, corrispondente a poco più di 4 punti percentuali.
Gli altri ricavi, ossia quelli tipicamente commerciali, presentano un decremento di 246,1 milioni di Euro (-45,2% rispetto
al 2009) principalmente per il venir meno del provento rilevato nell’esercizio 2009, relativo alla cessione a terzi dei diritti
pay tv dei Mondiali di calcio 2010 e 2014 e di altri eventi minori FIFA (a fronte di un corrispettivo di 175 milioni di Euro).
Sul versante dei costi operativi, tenendo conto che - come in ogni esercizio pari - il conto economico del 2010 ha scontato
importanti oneri per grandi eventi sportivi (quasi 108 milioni di Euro per i Mondiali di calcio e le Olimpiadi invernali,
parzialmente compensati da risparmi conseguiti per l’acquisto dei diritti della Champions League e delle partite della
Nazionale di Calcio), si è rafforzata, a perimetro costante, la tendenza alla diminuzione della spesa mediante un insieme di
progetti coordinati di efficientamento.
Questi risultati sono stati ottenuti attraverso un complesso di interventi mirati e selettivi che hanno consentito di raggiungere
reali e significativi incrementi di efficienza operativa e di ottimizzare il livello di utilizzo delle risorse interne, anche attraverso
l’adozione di modelli produttivi più snelli ed efficienti.
Il conto economico beneficia inoltre di una sostanziale stabilità del costo del lavoro. Gli interventi gestionali posti in essere,
incluse le incentivazioni all’esodo e il sostanziale blocco delle politiche retributive, hanno consentito di neutralizzare l’impatto
dei rinnovi contrattuali e degli oneri indotti dalla stabilizzazione dei precari.
Ha contribuito anche il mancato accertamento, in assenza dei relativi presupposti, della componente retributiva legata al
raggiungimento di specifici target/obiettivi.
La ripresa dell’economia mondiale, registrata nel primo semestre del 2010, ha mostrato i primi segnali di rallentamento
a partire dalla seconda metà dell’anno. Le dinamiche macroeconomiche internazionali hanno penalizzato la ripresa
dell’economia italiana, dapprima sostenuta dai maggiori scambi internazionali e poi rallentata per le incertezze
sull’evoluzione della domanda, specie nella componente dei consumi, su cui gravano le incerte prospettive dell’occupazione
e un perdurante ristagno dei redditi reali delle famiglie.
In questo contesto, il mercato della pubblicità, dopo la flessione di oltre il 13% registrata nel 2009, ha recuperato per quasi
il 4%, quella televisiva ha segnato una crescita del 6%.
Venendo invece allo scenario più specifico del mercato di riferimento va sottolineato come il contesto competitivo
sia profondamente cambiato, caratterizzato da una concorrenza allargata, più articolata e multilivello, in sostanza
multidimensionale: una competizione tra piattaforme, modelli di business e operatori.
La competizione si gioca pertanto su più livelli: tra piattaforme trasmissive e commerciali per contendersi il pubblico in uscita
forzata dalla televisione analogica terrestre per effetto del processo di switch-off per aree tecniche; tra offerta gratuita e
offerta a pagamento; tra gli operatori attivi nei due segmenti di mercato.
Nel segmento pay, malgrado la predominanza dell’operatore satellitare sia tuttora incontestabile, la competizione tra i due
principali operatori, Sky e Mediaset, è sempre più accentuata, con importanti ripercussioni sul fronte dell’acquisizione dei
diritti premium, il fattore critico di successo per eccellenza. Questa aggressività nelle strategie di approvvigionamento dei
diritti sportivi e cinematografici rappresenta in prospettiva una potenziale minaccia per il posizionamento competitivo della
Rai in quanto si tratta di aree tradizionalmente appannaggio dell’offerta di Servizio Pubblico.
Per quanto riguarda la televisione in chiaro, l’affermazione del digitale terrestre – ormai la piattaforma più utilizzata dagli
utenti – ha portato a un profondo cambiamento dell’offerta: non solo più canali generalisti ma anche una varietà di canali
semigeneralisti e tematici. Complessivamente quasi 50 nelle aree ‘all digital’ e tendenzialmente in crescita, considerando
quelli che verranno lanciati dagli operatori che si affermeranno nel c.d. beauty contest, ossia la gara per l’assegnazione di
frequenze disponibili in banda televisiva.
La proliferazione di nuovi canali free, semigeneralisti e tematici, ha condotto inevitabilmente a una parcellizzazione degli ascolti
tra editori e tipologie di offerte, determinando una naturale contrazione delle performance editoriali dei canali generalisti.
Il quadro delineato trova rappresentazione nell’evoluzione delle risorse del sistema televisivo, caratterizzato dalla importante
crescita dei ricavi dalla spesa diretta degli spettatori per l’accesso ai servizi di pay tv e pay per view - ormai pari a oltre il
35% sul totale - e nelle quote di mercato della raccolta pubblicitaria, con la stabilità di Mediaset, il significativo aumento
del peso di Sky e la flessione di Rai.
La Rai, in presenza di una situazione di debolezza strutturale delle risorse e di necessità di rafforzare comunque la propria
offerta, non rinunciando al presidio sui prodotti premium per competere in modo efficace in uno scenario di mercato
estremamente complesso e mantenere un ruolo di rilievo all’interno del sistema televisivo, ha sviluppato il Piano Industriale
2010-2012.
Il Piano Industriale è la risposta che Rai ha elaborato per riportare l’Azienda su un percorso di equilibrio non congiunturale,
prevedendo anche interventi sugli assetti industriali, con azioni di discontinuità sul perimetro delle attività presidiate.
Al momento, Rai è impegnata ad attuare quanto previsto dal Piano Industriale, sviluppando i progetti operativi e di dettaglio degli
interventi delineati, i cui tempi di realizzazione, specie per le natura strutturale di alcune azioni, sono necessariamente lunghi.
Alcuni primi importanti tasselli, riferiti alla semplificazione dell’assetto societario di Gruppo, sono prossimi al completamento.
Dopo la internalizzazione di RaiSat e Rai Trade in Rai e di 01 Distribution nella sua controllante Rai Cinema, seguirà, entro
l’estate, quella di RaiNet nella Capogruppo.
La Rai, forte di uno strumento di orientamento strategico/industriale e del Piano dell’Offerta televisiva, entrambi con
proiezione pluriennale, sta perseguendo – con importanti riscontri di ascolto e di gradimento da parte dei diversi pubblici
di riferimento – la propria missione di mettere a disposizione dell’universalità dell’utenza la più ampia e articolata offerta
editoriale gratuita, attualmente composta, nelle aree all digital, da 14 canali, di cui uno in HD: RaiUno, RaiDue, RaiTre, Rai
4, Rai 5, Rai Premium, Rai Movie, Rai Storia, Rai YoYo, Rai Gulp, Rai News, Rai Sport 1, Rai Sport 2 e Rai HD.
La Rai, oltre che sul digitale terrestre, è presente anche su tutte le principali piattaforme consolidate ed emergenti presenti
sul mercato.
Con funzione complementare rispetto a quella elettiva, sia per le aree territorialmente marginali o penalizzate da possibili
difficoltà di ricezione sia per adempiere agli obblighi imposti dalle Istituzioni in tema neutralità tecnologica e competitiva, Rai ha dato vita, insieme a Mediaset e Telecom Italia Media, alla prima piattaforma satellitare gratuita, Tivù Sat, con la
trasmissione integrale, senza l’oscuramento di alcun programma, dell’intero bouquet dell’offerta disponibile su rete DTT
nelle aree all digital. Un’offerta che – rispetto al lancio di metà 2009 – è in continua evoluzione, disponendo ora di circa
cinquanta canali nazionali e internazionali.
Lo sviluppo del digitale terrestre, secondo il calendario di switch-off per aree tecniche, richiede un consistente impegno
finanziario, a partire da quello per la costruzione della infrastruttura di rete: un investimento tecnico che, al suo
completamento, avrà assorbito risorse nell’ordine di 400 milioni di Euro, con una elevata concentrazione nel biennio 2011-
2012, oltre a rilevanti impegni e investimenti nell’area dei contenuti per l’ampliamento dell’offerta.
La Rai dovrà affrontare questo imponente programma di investimenti, non supportato da alcun sostegno finanziario pubblico
che tenga conto delle specificità della Concessionaria e della stessa particolare configurazione di rete, in una fase di mercato
ancora sfavorevole.
All’insufficienza delle risorse da canone si associano anche le perduranti incertezze relative alla dinamica dei ricavi
pubblicitari. La generale debolezza della pubblicità, sebbene condizionata dalla congiuntura macroeconomica tuttora
sfavorevole, sembra presentare caratteristiche strutturali, derivanti anche dall’ampliamento delle alternative di investimento a
disposizione degli inserzionisti e dalle più mirate possibilità di profilazione delle campagne pubblicitarie che sono disponibili
su altri canali.
In questo contesto, le prospettive per il 2011 - potendo beneficiare dei miglioramenti che deriveranno dagli ulteriori
interventi di razionalizzazione della spesa resi possibili da policy aziendali più stringenti su tutte le principali voci di spesa,
dall’implementazione di alcuni interventi del Piano Industriale nonché dell’assenza di grandi eventi sportivi - risultano in
netto miglioramento rispetto al 2010, consentendo di ritenere verosimilmente possibile il raggiungimento di un sostanziale
pareggio di bilancio.
Nel corso del 2010 la Rai, per effetto dell’orientamento espresso in alcuni provvedimenti giurisprudenziali, è ora qualificabile
nella categoria degli organismi di diritto pubblico, con la conseguente necessità di dover applicare le disposizioni previste
nel Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
La Rai, pertanto - operante in una situazione di concorrenza effettiva in un mercato altamente competitivo - è tenuta, per
la soddisfazione dei propri fabbisogni di approvvigionamento, e quindi per la selezione dei propri contraenti, al rispetto dei
principi e delle procedure a evidenza pubblica previsti dal Codice, fatte salve tutte le esclusioni e le semplificazioni previste
dalla disciplina, specie in considerazione delle prerogative e delle caratteristiche dell’attività televisiva.
Il Testo Unico prevede espressamente un meccanismo a garanzia dell’equilibrio economico della Concessionaria, in
realtà un meccanismo per la tutela, al contempo, della sua indipendenza, riconoscendo che le risorse pubbliche debbano
pareggiare i costi sostenuti per lo svolgimento delle attività a essa delegate.
Questa disposizione di legge è stata fino a oggi disattesa, recando alla Rai, anno dopo anno, un danno di dimensioni
estremamente elevate. Qualora infatti fosse stato rispettato il principio di proporzionalità fra costi e risorse, la Rai avrebbe
potuto disporre nel periodo 2005 – 2009 di maggiori introiti pari a oltre 1,3 miliardi di Euro.
Anche prescindendo dalle risultanze della contabilità separata, lo strumento che appunto certifica il deficit delle risorse
pubbliche, la Rai subisce una distrazione di risorse che non ha pari negli altri paesi europei per la già ricordata anomala
dimensione dell’evasione del canone.
Il minor introito annuo per Rai è quantificabile nell’ordine di 500 milioni di Euro.
Il riconoscimento alla Rai di risorse pubbliche secondo la dimensione spettante avrebbe generalizzati effetti positivi:
sull’equilibrio complessivo prospettico delle risorse di mercato; sull’industria dell’audiovisivo; sulla capacità della
Concessionaria di migliorare la focalizzazione sul perseguimento della missione di Servizio Pubblico, con un ulteriore
vantaggio per la qualità complessiva della programmazione.
La Rai ritiene quindi che il risanamento dei conti e il recupero di una condizione di sostenibile e strutturale equilibrio
economico, nonché il ripristino di una solida situazione finanziaria, necessitino – oltreché di ogni possibile iniziativa che faccia leva sulla dinamica dei costi, in linea con il Piano Industriale – di un deciso e ormai indifferibile intervento sulle risorse
pubbliche.
Infatti, l’intensificazione delle dinamiche competitive e il consolidamento di alcuni trend tecnologici e di consumo portano
ormai a escludere la possibilità che – come verificatosi in passato – la pubblicità possa garantire una funzione di supplenza
rispetto a una modesta e insufficiente dinamica del canone. Oltretutto, in fasi di debolezza congiunturale, gli affollamenti
più restrittivi cui Rai è sottoposta amplificano le difficoltà del mercato.
Dall’altro lato, il mantenimento della struttura degli assetti e del perimetro di attività, sui quali l’autonomia della Rai è
vincolata alle indicazioni e alle autorizzazioni delle Istituzioni, costituisce un evidente limite all’entità dei benefici ottenibili
con politiche di risanamento esclusivamente concentrate sul lato della razionalizzazione dei costi, che pure, come detto,
vengono rafforzate.
In conclusione – supportata da un finanziamento pubblico adeguato – la Rai potrà assicurare una ancor più elevata
distintività della propria offerta, potrà investire con maggiore impegno sull’innovazione, per stabilire un ponte che la connetta
stabilmente alle nuove generazioni che utilizzano una pluralità di strumenti di fruizione dei contenuti, potrà arricchirsi di quelle
competenze che sono funzionali al mantenimento di un saldo ruolo centrale all’interno dell’industria della comunicazione.