VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

Di immagine si può morire

di Guido Barlozzetti

 

Del caso di Chiara Ferragni si potrebbe fare a meno di discutere se non fosse che tocca una questione che tutti ci riguarda e cioè il rapporto tra l’immagine e la realtà, la comunicazione e l’etica. Una questione, dunque, che non è affatto o solo personale ma è il segno di una contraddizione che attraversa questo tempo in cui le tecnologie stanno invadendo la quotidianità della vita e finiamo per essere presi in un flusso rispetto al quale rischiano di latitare responsabilità e controlli.

Chi è Chiara Ferragni? È il marketing di se stessa, un progetto di vendita della propria immagine trasformata in un certificato di garanzia personalizzato rispetto a un supermarket che si offre all’acquisto. Insomma, una nuova professione da Re Mida di un catalogo on line, un tramite, un volto suadente e upperclass che appare con l’alone carismatico necessario, debitamente confezionato per diventare il grande sacerdote di un esercito di followers.

Milioni e milioni di seguaci che attendono la parola giusta, il consiglio giusto e soprattutto la possibilità di accedere a un mondo parallelo e luccicante grazie appunto all’intercessione di quella divinità (sia detto per marcarne uno statuto virtuale, custodito nel sopramondo della rete).

Naturalmente, tutto si regge su un equilibrio assai delicato tra un sistema di persuasione e un patto di fiducia, che di per sé non ha nulla di illegale, e però fluttua in questa strana dimensione tanto presente quanto aleatoria del digitale, dove si va a cementare un rapporto che propizia un’operazione commerciale.

Ferragni, da questo punto di vista, è l’immagine di una transazione, il passepartout suadente di una compravendita sofisticata e coinvolgente, resa autorevole da una sorta di fata che mette a disposizione un mondo e la possibilità di parteciparvi. Basta un click. Non hai inventato nulla, è solo l’ultima, raffinata e seducente versione di quella che una volta si chiamava réclame e pubblicità, i “consigli per gli acquisti” che annunciava Maurizio Costanzo e adesso diventano una vetrina con un testimonial-imbonitore. Poi, succede il patatrac, si mescolano due cose che non stanno sullo stesso piano il mercato e la beneficenza, la vendita di un prodotto e un’operazione di solidarietà, un’operazione di cassa e una generosità che si ammanta di etica.

Anche queste sono cose che si fanno, sempre con il non detto che la prima che genera la seconda, ne è la condizione spuria e scivolosa, tanto più quando genera un guadagno se non altro di immagine - a parte gli eventuali commerciali - che poi si va a riverberare sul processo marketing e lo rilancia. La contraddizione latente esplode quando il patto già di per sé equivoco viene trasgredito e si scopre, come in questo caso, che l’operazione di beneficenza non è come era stata annunciata e raccontata al destinatario.

Dopo, è troppo tardi, quando cioè un’autorità ci mette il naso, constata lo scarto tra I discorsi della realtà e procede a sanzionare. Ferragni parla di “fraintendimenti” e di “errori di comunicazione”, professa buona fede, capisce che una crepa attraversa la sua immagine e quindi prova a restaurarla e a ridarle, se non una verginità, almeno un’attendibilità. Rientra in questo anche il confessionale allestito da e con Fazio, che ha subito messo le mani avanti spiegando che lui fa interviste e non gli interrogatori che si fanno in tribunale.

E anche qui ci sarebbe anche per lo meno da riflettere sull’etica della comunicazione. Andiamo oltre, il focus del teatrino è tutto su di lei, le lacrime, I fazzoletti per asciugarle, gli haters che si sono scatenati, la buona fede, per cui chi-ha sente il dovere morale di impegnarsi per chi-non-ha, che sarebbe anche un bel proposito se non fosse per la disparità di condizioni e per questo sentore paternalistico che copre alla fine un affare. Abbiamo visto un’immagine che rivendica l’analogia di un sentimento, che esce dall’aureola digitale e cerca di ricostruire un patto con la commozione del caso, sperando di non essere fuori tempo massimo e comunque non spiegando l’inghippo del pandoro.

E viene il dubbio che abbia perso un’occasione per una confessione, necessariamente pubblica perché quella è la realtà della sua esistenza. Non l’ha fatto e forse non poteva perché avrebbe dovuto entrare nel back del dispositivo in base al quale si costruisce l’effetto sorridente e accogliente che chiamiamo Chiara Ferragni. Perché, non c’è niente da fare, un’immagine non può pentirsi di se stessa e ila patto del diavolo con essa può diventare mortale.

 

 

Torna alla Homepage di Rai Easy Web