Non è semplice sintetizzare un intero anno in una parola e comunque, fra tutti coloro che possono provarci, l’Istituto dell’Enciclopedia Treccani vanta sicuramente qualche titolo. E dunque dobbiamo attenzione alla parola che sceglie e ci consegna - “rispetto” – subito accompagnata dalla raccomandazione di un uso semanticamente e civilmente corretto. Vale a dire che ci troviamo di fronte ad una parola che non solo - come tutte le altre - va usata con il significato che la riguarda e nel contesto giusto, ma rappresenta anche un valore, un modo cioè di costruire una relazione con gli altri e dunque anche con un risvolto etico che tocca il nostro modo di comportarci e di stare a tutti i livelli che la vita ogni giorno ci fa incontrare.
E si capisce da questo che la decisione della Treccani non si attesta soltanto a un livello linguistico, avrebbe potuto scegliere uno dei tanti neologismi che ad esempio ci arrivano dalla vorticosa invadenza delle nuove tecnologie, no, la preferenza va a una parola sta tutta dentro l’attualità, una parola che “Dovrebbe essere posta al centro di ogni progetto pedagogico, fin dalla prima infanzia, e poi diffondersi nelle relazioni tra le persone, in famiglia e nel lavoro, nel rapporto con le istituzioni civili e religiose, con la politica e con le opinioni altrui, nelle relazioni internazionali”, così spiegano Valeria Della Valle e Giuseppe Patota condirettori del Vocabolario dell’Istituto.
È una scelta dunque forte che in qualche modo fa il verso a quella sorta di parola-segnale che il Censis ha scelto per incorniciare il suo Rapporto annuale. Ha parlato di “galleggiamento”, come a dire di uno stato in cui non si riesce a spiccare il volo e neanche però si affonda, rispetto al quale sarebbe quindi necessario uno scatto di consapevolezza e di responsabilità.
Insomma un’importante – e gloriosa - istituzione culturale del Paese fa la sua parte. Non si limita a implementare il vocabolario e adeguarlo all’uso che della lingua si fa nel divenire delle situazioni, decide piuttosto di richiamare l’attenzione su una parola che ha necessariamente un risvolto civile e sociale: “La mancanza di rispetto è alla base della violenza esercitata quotidianamente nei confronti delle donne ,delle minoranze, delle istituzioni, della natura e del mondo animale”. Come non pensare alla catena ininterrotta dei femminicidi, alle morti bianche il cui elenco continua tragicamente ad allungarsi, ai lavoratori sotto-sottoproletari di cui scopriamo il nome solo perché un datore di quel lavoro lascia un corpo agonizzante in mezzo a una strada… Ma potremmo continuare, il “rispetto” riguarda i genitori e i figli, i professori e gli studenti, i medici e i malati, gli amministratori e gli amministrati, le aziende e i loro clienti, chi vende e chi compra, chi è solo, chi è anziano, chi si trova in un carcere e in una condizione di soggezione rispetto comunque a un potere, chi è colpito da una sofferenza mentale, chi reclama la dignità per la sua identità sessuale… E ancora, “rispetto” chiama in causa drammaticamente i civili che si ritrovano sotto le bombe, i profughi che fuggono da un teatro di guerra, le minoranze che solo per questo subiscono sopraffazione e ingiustizia…
Potrebbe sembrare un fervorino di circostanza, una concessione a quel buonismo spesso insopportabile con cui ci ripuliamo la coscienza semplicemente svolgendo un temino di buone intenzioni.
Non è così, “rispetto” non mette in gioco solo la forma ma la sostanza dei rapporti, in una visione che riguarda l’umanità in quanto tale e proprio per questo la sua collocazione nel mondo e dunque il sentirsi parte di qualcosa che è più grande e che è fatto di differenze che non possono essere viste solo con l’illusione di stare al centro del tutto. Non c’è bisogno di citare il Cantico dei cantici di Francesco d’Assisi e il Discorso della montagna di Cristo per dire che bisogna rispettare gli animali e l’ambiente che ci circonda, anche solo ricordando utilitaristicamente che da esso dipende la nostra sopravvivenza. E voglio aggiungere una citazione, rispettosa di un illustre e coerente filosofo, laico e razionale: “Opera in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo come principio di una legislazione universale”. Parola di Immanuel Kant nella Critica della Ragione Pratica. Proprio così, il particolare, la nostra particolarità, che si misura con l’universalità e, se vuole, se ha “rispetto”, la raggiunge.