VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

Primo piano di Roberto Mancini

Ciao Mancini

Di Guido Barlozzetti

 

Sul Ferragosto incombe improvvisa una domanda, perché Roberto Mancini se n'è andato? Perché senza un preannuncio ha mollato la Nazionale del calcio?
Mentre ci accingiamo a celebrare il culmine dell'estate, ci tocca anche questa imprevedibile dipartita del commissario tecnico della squadra che, come si sa, è amata o dovrebbe essere amata da tutti gli Italiani.

Tutto quello che abbiamo tra le mani è uno scarno comunicato che parla di dimissioni e scelte personali, e poi una cascata torrenziale di dichiarazioni e commenti, le più varie, chi si sorprende, chi cade dalle nuvole, chi insinua che dietro potrebbe esserci un'offerta clamorosa da parte di questi sceicchi che hanno tesori senza fine come neanche Paperone, chi parla di incrinature con la Federazione del calcio a proposito della composizione dello staff e dell'arrivo di Buffon… Certo è che sull'Italia vacanziera piomba un problema inopinato che ha due facce, una che riguarda la psicologia manciniana, l'altra il Dopo. La prima, perché il cittì se ne va di punto in bianco e alla vigilia di Ferragosto? La seconda, a seguire, chi prenderà il suo posto?

Roberto Mancini lo conosciamo come il grande calciatore che fu soprattutto nella blucerchiata Sampdoria, un carattere che dovrebbe essere un po' spigoloso, una carriera di allenatore costellata di successi, l'amicizia del cuore con Gianluca Vialli. Con la Nazionale è salito sugli altari ma poco dopo è precipitato nella polvere, ha vinto infatti il campionato europeo con una finale in cui ha battuto gli Inglesi nel loro tempio di Wembley, ma poi l'armata della Macedonia gli ha impedito di andare ai Mondiali (per la seconda consecutiva volta).

Dunque, panegirici esaltanti e però anche il coro delle critiche generato da quell'infausto evento che, visto dal fulmine a ciel sereno di questa decisione, avrebbe potuto anche consigliare già allora una discesa dal carro del Azzurri del calcio, perché quando si rompe il giocattolo…
Così non è stato. Nel frattempo la Nazionale non ha dato l'impressione di essere diventata un rullo compressore che avanza felicemente verso l'obiettivo, il primo essendo le qualificazioni al prossimo campionato europeo.

Intanto, veniamo a sapere di un "malessere" che angustiava da tempo il dimissionario e che verrebbe ad attraversarne la sfinge di una decisione inattesa. Tutto, quindi, da decifrare e aperto alle più diverse interpretazioni che oscillano tra un Mancini-Amleto, sempre più a disagio in un ruolo in cui essenziali sono la convinzione e l'entusiasmo, e un più prosaico calcolatore, sensibile a sirene cariche di milioni di euro. Una scelta esistenziale o un'offerta irrinunciabile? Mancini è subito assurto a protagonista di un teatrino moralistico in cui ognuno si sente in dovere di confezionare una pagella e legarla a un arco di motivazioni che riconducono tutte all'interno di un sempiterno profilo tutto italiano, costitutivamente scisso tra i principi e le opportunità, tra la coerenza e le occasioni, tra le altezze dello spirito e le regioni più basse e materiali per cui s'ha da campa' e tocca di sbarcare il lunario.

Quello che va a succedere contribuirà forse a chiarire qualche dubbio, ma non basterà a rendere del tutto conto della Scelta. Semmai all'ex commissario tecnico si può rimproverare il modo, cioè questo sasso progettato con freddezza sibillina nella palude agostana, senza una-parola-una che dicesse di uno stato d'animo, di un qualche sentimento verso un ambiente nel quale ha lavorato per cinque anni, che è poi quello che custodisce un valore comunitario e dunque presuppone una responsabilità civica. Che proprio per questo non riguarda soltanto chi si occupa di calcio, perché come sappiamo il calcio non è solo una palla che rotola su un prato verde in uno stadio, è un fenomeno collettivo che nuove passioni, emozioni e interessi che riguardano la società tutta e appunto i suoi valori.

Mancini non ha ritenuto di organizzare una conferenza stampa, tantomeno ha rilasciato una dichiarazione consapevole comunque del ruolo, si è affidato a una riga, la dimensione quasi del telegramma con cui Garibaldi dopo la vittoria di Bezzecca comunicò di uniformarsi all'armistizio di Cormons, "Obbedisco". Ci lascia con un "Me ne vado" in cui sintetizza brutalmente il processo che l'ha portato a decidere. E noi gli auguriamo Buona Fortuna.

 

 

Torna alla Homepage di Rai Easy Web