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C’era una volta, un pianoforte tutto solo ed abbandonato al centro di un gran palcoscenico di un vecchio teatro in disuso a causa di feroci guerre fra gli uomini.
Questo pianoforte, racchiuso nel suo dolore perché più nessuno lo suonava e lo ascoltava, un bel giorno, decise di riprendere autonomamente la propria attività musicale e di provare a muoversi, ma ben presto capì che gli serviva l’aiuto di qualche amico e così si rivolse al vento, che era solito assopirsi fra le quinte del teatro.
Il vento, impietosito dalla disperazione del pianoforte, decise di aiutarlo, affilò le proprie ali e soffiando abilmente verso il centro del palco, spolverò rapidamente la lunga coda del pianoforte, ridonandogli la lucentezza e lo sfarzo di un tempo.
Ma per far suonare il pianoforte non era sufficiente renderlo bello, era necessario rimetterlo in movimento e così il vento, con una folata audace, scoperchiò la tastiera.
Era tutto pronto ormai, anzi no, ancora no! Il pianoforte non era accordato.
Il vento pensò per qualche istante e decise di chiedere aiuto ad alcuni usignoli, che stanziavano nei palchi del teatro e dopo vari solfeggi e risolfeggi, il pianoforte ricominciò a suonare.
La musica che aleggiava nel teatro aveva fatto immediatamente dimenticare la sofferenza delle guerre e aveva ridonato la speranza per un nuovo giorno.
Quella musica era troppo importante per essere dimenticata, così il vento fece una sorpresa al pianoforte, prese in prestito un’affilata piuma d’oca, cercò dell’inchiostro, raccolse dei vecchi spartiti e assoldò dei topolini per compilarli, tutti si misero al lavoro per trascrivere la musica che emetteva il pianoforte, che dalla gioia sembrava impazzito e continuava a suonare.
In questa grande concitazione il vasetto dell’inchiostro cadde e ricoprì tutto il pianoforte di nero e la musica d’improvviso si fermò! Ma non si fermarono i sentimenti che la musica aveva suscitato e proprio in quell’istante dove tutto sembrava perduto, sopraggiunsero in soccorso tanti vasetti di inchiostro di altri colori: rosso, verde, blu, giallo, arancione, viola, azzurro, rosa, lilla, marrone, bordò, oro, argento, bronzo, porpora ed amaranto, indaco e grigio, un vero e proprio arcobaleno.
Tutti questi colori, con ogni sfumatura possibile, iniziarono a riprodurre la musica come in un gran concerto e così si risvegliò tutta l’orchestra: gli archi, i legni, gli ottoni, le percussioni, la nobile arpa, il triangolo, la grancassa e perfino i simpatici piatti.
Ogni colore aveva scritto la musica più appropriata per ogni strumento, sembravano tutti felici e contenti, ma il colore bianco, con ogni suo figlio, non aveva trovato la sua collocazione, era troppo chiaro per scrivere la musica.
Con le lacrime agli occhi, si posò vicino alla tastiera del pianoforte, quasi accarezzandola, per salutare gli amici festanti, ma proprio in quel momento, dalla più profonda disperazione si accese una luce ed avvenne la magia.
Le sincere lacrime del colore bianco cadendo trasformarono alcuni tasti del pianoforte mutandoli da neri a bianchi.
Ora sì che tutti i colori e tutti gli strumenti avevano una loro collocazione.
Il concerto era compiuto, la musica e i colori che essa esprime erano ritornati per sempre nel cuore degli uomini, che pian piano iniziarono a riappropriarsi anche dei sentimenti, della cultura e della civiltà, contro ogni forma di guerra.