I Giochi Paralimpici 2021 di Tokyo sono iniziati in modo trionfale per l’Italia. Cinque medaglie nel nuoto, due ori, un argento e due bronzi. Forfait nella sciabola di Bebe Vio che conferma invece di partecipare alle gare di fioretto.
Questa la cronaca del primo giorno di gare nella XII edizione estiva di una competizione parallela a quella olimpica, pensata per legare lo sport alla condizione di disabilità nel segno di una cultura della condivisione e del riconoscimento. Un’edizione spostata di un anno, come quella appena conclusa – sempre nella capitale giapponese - che tanti successi ha visto per i nostri colori.
Partecipano 4.400 atleti per 163 delegazioni, tutti sottoposti a rigidi protocolli di sicurezza per l’emergenza Covid. 113 sono gli italiani (+15% rispetto a Rio de Janeiro/2016) impegnati in 15 discipline (in calendario sono complessivamente 22), con una presenza femminile (60) superiore a quella maschie (53). L’obiettivo è migliorare il risultato di Rio dove cinque anni fa conquistammo 39 medaglie (10 ori, 14 argenti, 15 bronzi).
“Un aspetto dei Giochi che ci sta particolarmente a cuore è la legacy. Ogni Paralimpiade ha sempre rappresentato un passo in avanti nella promozione di una diversa percezione della disabilità - ha sottolineato Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralimpico (Cip) - La grande copertura mediatica delle Paralimpiadi degli ultimi anni ha favorito la nascita di una nuova consapevolezza sul tema della disabilità e stimolato riflessioni preziosissime sia sul ruolo sociale dello sport che sul concetto di abilità”.
Cerimonia inaugurale alla presenza dell’imperatore Naruhito e del Presidente del Comitato Paralimpico Mondiale (IPC) Andrew Parsons, con il titolo simbolico “We have wings”. Una cantante ipovedente ha intonato l’inno giapponese, performer hanno ballato e – grazie a dei macchinari – volato. Prima a uscire la squadra dei Rifugiati e per quinta quella dell’Afghanistan, solo un portabandiera per la Nuova Zelanda che per motivi di sicurezza ha deciso di non partecipare. Per l’Italia i portabandiera Bebe Vio (scherma) e Federico Morlacchi (nuoto). Poi, lo spettacolo che passa da una rappresentazione del vento a fuochi d’artificio, una bimba in carrozzella spicca il volo anche con una sola ala e, alla fine, dopo la dichiarazione di apertura da parte dell’imperatore, si accende il tripode con la fiamma olimpica.
Tutto nasce nel 1948, quando un neurochirurgo polacco naturalizzato inglese, Ludwig Guttmann ebbe l’intuizione di rompere con una prassi di rassegnazione e immobilismo e di organizzare una competizione sportiva per veterani della Seconda Guerra mondiale con menomazioni alla colonna vertebrale. Era il punto d’arrivo di un’esperienza maturata dal 1944 nel Centro Nazionale di ricerca sulle lesioni del midollo spinale di Stoke Mandevile dove aveva individuato nello sport uno strumento essenziale per la terapia.
Ma per arrivare alla svolta si sarebbe dovuto aspettare il 1958 quando un medico italiano, Antonio Maglio, direttore del Centro paraplegici dell’Inail, propose di disputare la competizione a Roma nel 1960 in concomitanza con i Giochi della XVII Olimpiade. Parteciparono 400 atleti in rappresentanza di 23 paesi. Quattro anni dopo Tokyo ospitò i Giochi internazionali di Stoke Mandeville poi riconosciuti come Giochi paralimpici estivi. Nulla di fatto nel ’68 per il mancato sostegno del governo messicano, nel ’72 e nel ’76 i Giochi si riallineano con le Olimpiadi di Germani e Canada, dove per la prima volta partecipano atleti con disabilità diverse dalla paraplegia. Sempre nel ’76 si tengono in Svezia le prime Paralimpiadi invernali. Nel 1988 a Seul si afferma il principio di far disputare la competizione nella stessa sede delle Olimpiadi. Fino al 2004 il logo dell’IPC era costituito da simboli con i colori più frequenti nelle bandiere di tutto il mondo, rosso, blu e verde, nel 2003 sono stati riproposto in un simbolo in movimento attorno a un punto centrale.
Possono partecipare alle Paralimpiadi atleti che presentino disabilità dovute a amputazione, paralisi cerebrale, ritardo mentale, sedia a rotelle, cecità, sordità e problemi sinteticamente riuniti nella categoria Les Autres (nanismo, sclerosi multipla, deformità congenite agli arti..).
I Giochi andranno avanti fino al 5 settembre. Le prospettive italiane? “Riponiamo tante speranze in questo gruppo composto da molte certezze – dice Juri Stara, capo-missione e segretario generale del CIP - ma soprattutto da tante giovani speranze che si affacciano alla massima competizione paralimpica con concreta possibilità di far bene. Ci auguriamo non solo di migliorare l’ottimo risultato della Paralimpiade di Rio 2016 ma anche di assistere alla nascita di nuove stelle paralimpiche”.