di Guido Barlozzetti
Vince Anora, la spogliarellista che si sposa a Las Vegas con il figlio di un oligarca russo in una commedia amara sulle differenze di classe. Miglior film, la regia di Sean Baker, la sceneggiatura, il montaggio e anche l’Oscar alla miglior attrice protagonista, Mikey Madison, con grande delusione per Demi Moore e la sua interpretazione trasformista in The Substance. Un verdetto sostanzialmente atteso per un film che aveva già vinto la Palma d’oro a Cannes.
Fra gli attori trionfa Adrien Brody, protagonista del sontuoso e potente The Brutalist di Brady Corbet, ventidue anni dopo l’altra statuetta ricevuta per The Pianist di Roman Polanski. Niente da fare per Thimothée Chalamet e il suo Bob Dylan in A Complete Unknown.
Delle 13 nomination per Emilia Perez di Jacques Audiard, che doveva essere l’assopigliatutto di questa edizione numero 97, sopravvivono solo due, quella per la migliore attrice non protagonista, Zoe Saldana, intrepida avvocata in una storia di cartelli narcos e transessualità, e la migliore canzone. Ha pesato, come previsto, il disastro nella comunicazione della protagonista Karla Sofia Gascòn che pure era in sala, visibilmente a disagio, anche quando l’ha coinvolta il presentatore Conan O’ Brien. Nella cinquina per la miglior attrice non protagonista era in lizza anche Isabella Rossellini, la suora di Conclave.
Il premio per il miglior film internazionale va all’intenso e commovente oltreché civilmente impegnato Io sono ancora qui di Walter Salles, la resistenza di una moglie, interpretata da Fernando Torres, con il marito scomparso nel tempo della dittatura militare in Brasile. Battuti, fra gli altri, Il seme del fico sacro, Flow e Emilia Perez.
Rispetta il pronostico anche il riconoscimento per il miglior attore non protagonista che va a Kieran Culkin per A Real Pain di Jesse Eisenberg, viaggio di due cugini in Polonia sui luoghi d’infanzia e nel segno della memoria della nonna. Non ce la fanno l’impassibile Jura Borisov, il guardaspalle di Anora, e il magnifico Edward Norton che interpreta Pete Seeger in A Complete Unknown.
Migliore sceneggiatura non originale per Conclave, thriller pontificio sulle segrete manovre che portano all’elezione del Papa con Ralph Fiennes. Non manca un’irruzione della politica con Peter Straughan che porta sul palco i colori della bandiera dell’Ucraina. Un appello che viene confermato da Daryl Hannah che presenta il premio per il montaggio (come detto, a Sean Baker per Anora). Una risposta di Hollywood al gesto duro e intransigente del presidente Trump nei confronti del presidente Zelensky?!
Un segnale forte arriva con il premio a Gints Zibaldonis, il regista lettone di Flow, un meraviglioso gatto, un mondo da salvare che con il suo ridottissimo budget batte la concorrenza agguerrita dei blockbuster americani dell’animazione, a cominciare da Inside out 2.
La scelta per il documentario si conferma anch’essa fortemente politica, prevale No other land di Basel Adra e Yuval Abraham che con Racher Szor e Hamdan Ballal raccontano la sopravvivenza di una piccola comunità contadina nella Cisgiordania occupata.
L’Oscar è anche la memoria di se stesso e dei grandi attori che ci lasciano, l’Academy e Morgan Freeman ricordano con commozione Gene Hackman. Restano il sogno e il pianto della sex worker di Anora.