Si è inaugurata con 7 sconosciuti a El Royale di Drew Goddard la Festa del Cinema di Roma 2018. Un neo-noir-thriller con Jeff Bridges, Dakota Johnson e Chris Hemsworth per cominciare. Si andrà avanti fino al 28 ottobre, quando a chiudere sarà Paolo Virzì con Notti magiche, scritto con Francesca Archibugi e Francesco Piccolo. Un salto indietro al tempo dei Mondiali di calcio del '90 per rivisitare una stagione del cinema italiano, con il tono ironico-nostalgico che appartiene al regista.
Festa è la parola che identifica una manifestazione che fa del contatto con il pubblico l'obiettivo e la carta d'identità. Non a caso è stata abolita due anni fa la Giuria ed è stato affidato agli spettatori il compito di decretare i vincitori del Marc'Aurelio. Dunque, un evento che vuole essere popolare e che fa del red carpet, i sessanta metri di tappeto rosso che si snodano verso le sale dell'Auditorium di Renzo Piano, il simbolo di una cerimonia collettiva e la promessa di uno spettacolo con - auspicabilmente - i grandi protagonisti del cinema, italiano e internazionale.
Inutile nascondersi che la storia della Festa negli anni si è venuta modificando, tra polemiche e crisi istituzionali che ne hanno messo in forse la continuità, per individuare la formula più giusta e dare un senso a un'iniziativa che si colloca in un panorama presidiato da Festival importanti, forti di una tradizione e di una storia consolidate, dalla Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia al Festival di Toronto a quello di San Sebastian.
Il direttore Antonio Monda, al quarto anno, conferma l'intenzione di tenere insieme alto e basso, generi e autorialità e di coinvolgere anche artisti non direttamente legati al mondo del cinema. Musica e letteratura.
Un'ottantina di film divisi fra la selezione ufficiale e Alice nella città.
Piccoli screzi con il direttore di Venezia Alberto Barbera reo di aver relegato la Festa di Roma in "una dimensione locale" e contraccambiato con l'accusa di avere trascurato le registe a fronte dei 12 titoli al femminile di Roma. Screzi, appunto. Venezia e Roma sono due realtà diverse, con prospettive e ambizioni diverse.
Nel concorso registi importanti come Thomas Vinterberg (la vicenda umana dei familiari dell'equipaggio del sottomarino russo Kursk con Matthias Shoenaerts e Lea Seydoux), il corrosivo Michael Moore che s'interroga sul Presidente Trump, Peter Farrelly (Green Book, l'amicizia tra un buttafuori e un pianista afroamericano, anni Sessanta), Park Chan-Wook (The Little Drummer Girl, miniserie spy da Le Carré), David Lowery con la storia di un giornalista interpretato da Robert Redford, Eli Roth, Krzystof Zanussi (Eter, fra prima guerra mondiale e mito di Faust), Peter Jackson (They Shall not Grow Old, un documentari-esperimento sui soldati al fronte nella prima guerra mondiale)..
Due soli i titoli italiani (evidentemente non c'era altro..): Il vizio della speranza di Edoardo De Angelis - un autore con ottime prove alle spalle con Perez e Indivisibili - e Diario di Tonnara di Giovanni Zoppeddu, documentario su antropologia e tradizione della pesca del tonno. Tra gli eventi speciali, all'insegna della musica, il video di Fabio Rovazzi sul suo Faccio quello che voglio, Il flauto magico di Piazza Vittorio di Mario Tronco e Gianfranco Cabiddu, e Vero dal vivo/Francesco De Gregori di Fabio Barraco.
Due riconoscimenti alla carriera, a Martin Scorsese che sarà coinvolto in due eventi (i nove film italiani che più hanno contato per lui e una serata dedicata al futuro del cinema con l'omaggio ai Fratelli Taviani e a San Michele aveva un gallo) e Isabelle Huppert.
Ci sarà spazio anche per ricordare l'Olocausto e la scomparsa di Ermanno Olmi e Enrico Vanzina.
Da ultimo il manifesto, l'ironia-non sense della Pantera rosa e dell'ispettore Clouseau di Peter Sellers.