di Guido Barlozzetti
E l'Italia è campione d'Europa! Mettiamolo il punto esclamativo perché il tripudio collettivo è grande e coinvolge tutta la Penisola. Batte ai rigori un'Inghilterra tosta e muscolare, dopo aver chiuso i tempi regolamentari sull'1 a 1, e vince per la seconda volta il campionato continentale di calcio, a 53 anni dal primo successo, nel 1968.
Festeggiano gli Italiani, per la vittoria e forse a ulteriore e simbolica uscita dal tunnel minaccioso - e peraltro non ancora del tutto debellato - di una maligna e luttuosa pandemia. Esulta dalla tribuna anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la necessaria e connaturata misura, a controcanto dell'immagine delusa e composta di William e Kate con il piccolo George. E i titoli dai giornali alla televisioni si gonfiano in un'irresistibile desiderio di giubilo e celebrazione di questi ragazzi azzurri che hanno coronato l'impresa nello stadio non sempre fausto e generoso di Wembley e davanti a un pubblico per la maggior parte schierato con gli avversari casalinghi: Olé Italia, Sei bellissima, Dimmi che è vero, Invincibles, La leçon l'italien, Cuore e grinta l'Italia fa festa, Leoni d'Italia, L'Europa è nostra, Los novos imperadores…
Retorica, certo, in questi casi diventa difficile farne a meno, perché il risultato sul campo si mescola all'euforia popolare, a una voglia di riscatto che nel calcio si esprime più che altrove, come anche un patriottismo che sventola bandiere e si commuove cantando l'inno d'Italia. Storia antica di un Paese che intorno a una palla ritrova identità e orgoglio di sé e dimentica le difficoltà, i problemi e anche i vizi, pubblici e privati.
Non è stata una partita semplice, anzi l'inizio poteva far pensare al peggio, visto lo svantaggio in cui dopo appena tre minuti si è trovata la Nazionale, per un gol a freddo del terzino inglese Shaw. Ma poco a poco, dopo qualche sbandamento, ci siamo ripresi - lo dico col noi che usano i tifosi, pronti, si sa, a scendere in campo insieme ai loro prodi - abbiamo sostanzialmente imposto il nostro gioco arrivando nel secondo tempo al pareggio fino a sfiorare la vittoria. Con questo risultato sono stati inevitabili i supplementari e, con il nulla di fatto, i rigori. E da quella giostra, palpitante e imprevedibile, siamo usciti vincitori, grazie agli errori degli avversari, alle parate di Donnarumma, giudicato dall'Uefa miglior giocatore del torneo, e ovviamente ai centri dei nostri: segnano Berardi, Bonucci e Bernardeschi, di contro agli inglesi che non vanno oltre le reti di Kane e Maguire.
Oggi gli azzurri sono attesi al Quirinale per un'istituzionale ringraziamento a nome del Paese tutto. Con loro anche Matteo Berrettini che, seppur sconfitto, con grande onore ha affrontato il numero uno al mondo Djokovic nella finale di Wimbledon, il più prestigioso fra i tornei di tennis. Curiosa e felice la coincidenza che in uno stesso giorno ha riunito i due eventi sportivi e bloccato la domenica degli Italiani davanti alla televisione.
Restano le immagini della serata, il tiro fulminante di Shaw, la gioia incontenibile, sfrontata e sfidante di Bonucci dopo aver segnato il gol del pareggio, le cavalcate potenti di Chiesa, la smorfia di dolore quando è dovuto uscire, i rigori, l'esultanza dei vincitori.
Un'avventura conclusa felicemente, spinta da un vento che abbiamo sentito favorevole fin dall'inizio. Ci siamo presentati all'appuntamento con una squadra messa insieme dal commissario tecnico Roberto Mancini dopo una stagione di rovesci, forze nuove e la capacità di costruire il gruppo e la mentalità necessaria per risalire via via la china e dare compattezza alla formazione. Una partita dopo l'altra, il gioco perfino spumeggiante del girone eliminatorio, poi gli scontri complicati con il Galles, il Belgio e soprattutto nella semifinale con la Spagna, anch'essa debellata ai rigori. L'Italia che non ha stelle di prima grandezza - ma con talenti che potrebbero meravigliare come Donnarumma detto Gigio in porta e l'impetuoso Federico Chiesa in attacco - si è imposta per l'amalgama della squadra, la forza di volontà, una tenacia più forte anche dello svantaggio e la lucidità nei momenti decisivi. Così, siamo arrivati alla finale dove abbiamo sconfitto, nella loro tana più simbolica, l'Inghilterra della Brexit in un campionato che s'intitola all'Europa.
Se ripartenza deve essere che sia accompagnata e benedetta anche da un bel calcio al pallone che rincuora e rasserena, prima di tornare ai bollettini dei contagi, alle varianti, alla cassa integrazione e alla promessa salvifica del Presidente Draghi e del PNRR.