VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

L’Argentina di Lionel Messi vince i Mondiali del Qatar

Di Guido Barlozzetti

 

Archiviati i Mondiali con la vittoria dell’Argentina di Messi sulla Francia di Mbappé. La partita della finale ha evocato epiche imprese come quella di Germania-Italia 4 a 3, con saliscendi che hanno fatto fibrillare fino ai rigori che hanno deciso per gli albiceleste. Si chiude un’edizione del campionato che ha lasciato un segno sul piano sportivo, ma ha anche evidenziato tutte le contraddizioni di questo momento di passaggio per uno sport come il calcio in cui vanno a predominare il marketing e lo spettacolo.

Dunque, ha vinto l’Argentina, terzo titolo, una vittoria meritata se si considera che ha dominato la partita a lungo, a fronte comunque della capacità della Francia di pareggiare due gol nei tempi regolamentari e poi di recuperare rispetto al tre a due firmato da Messi con un rigore messo a segno da Mbappé. Poi, nella sarabanda emozionante al quadrato dei rigori non c’è stata storia, fatali gli errori dei francesi. È stata comunque una partita avvincente, con colpi di scena che l’hanno riaperta quando sembrava chiusa e hanno protratto lo svolgimento fino ai tempi supplementari, anche qui con un botta e risposta chi ha inchiodato il pubblico davanti alla tv.

La finale è stata vista da quasi 13 milioni di spettatori con il 68,6% di share, arrivato al 74% al momento dei rigori. Erano in campo due nazionali dalla grande tradizione, già vincitrici della competizione, entrambe trascinate da due campioni che ne sono diventati l’immagine e il simbolo da un lato il funambolico Messi, dall'altro, la potenza di Mbappé. Ha vinto Messi, all'ultima occasione mondiale dopo aver vinto tutto con i club, ha segnato due gol e ispirato la squadra. Oggi si cantano le lodi del giocatore più forte del nuovo millennio, evocando il fantasma di Maradona. Quanto al guerriero francese, sotto gli occhi del presidente Macron, ha avuto meno continuità ma ha comunque dimostrato le sue doti con tre gol di cui due su rigore. Il futuro, ha 24 anni, è dalla sua parte.

Insomma una partita che resterà nella memoria degli spettatori. Resteranno invece questi mondiali? Resteranno. La FIFA ha sottolineato la sua soddisfazione e ha confermato la sua idea del calcio come sport ecumenico, universale, in quanto tale da tenere al riparo da conflitti, discussioni, dibattiti su problemi che devono restare esterni al rettangolo di gioco, in questo caso quello dei diritti umani nella nazione ospitante e quello delle condizioni di lavoro nelle quali sono stati costruiti gli stadi, con un numero imprecisato ma certamente impressionante di morti sul lavoro.

Il calcio deve essere una grande festa in cui tutti si devono riconoscere a costo anche di rimuovere il mondo che gli sta intorno. Significativo il divieto imposto alle Nazionali di esibire simboli sulla discriminazione LGBT e alle riprese televisive che hanno eliminato qualunque immagine che potesse disturbare l’ordinato andamento del gioco, a cominciare dalle invasioni di campo e dalle manifestazioni che il pubblico ha comunque espresso con bandiere e cartelli.

Un’immagine probante di questo spirito conciliatorio è quella di Messi sulle spalle del quale l’emiro del Qatar Al Thani ha appoggiato il bisht, il più tradizionale dei mantelli sauditi, di regola associato a regalità e ricchezza. A conferma anche del potere amalgamante di queste cerimonie-evento che nella loro messa in scena abbattono distanze e innescano usi e costumi.

E resta anche l’impressione di una sorta di gigantismo assai sensibile al mercato della comunicazione dell’immagine in cui le traiettorie del pallone si intrecciano con quelle della geopolitica di cui il calcio alla fine è una sensibile variabile dipendente e la FIFA un gestore solerte e assai interessato.

Già si parla di una nuova edizione che potrebbe vedere l’Arabia Saudita come paese organizzatore, con tutto il peso in questo caso che può avere un interlocutore così potente. Come pure di una collocazione ancora invernale…

È il segno della strategia politica che fa del calcio lo strumento per una espansione globale di un evento che deve avere il massimo valore possibile in termini di fatturato e visibilità nel mondo della comunicazione. Poi, certo, restano i gol, i cannonieri come dichiarava Gianni Brera, il fiato sospeso di fronte all’andamento di una partita, la gioia di chi vince, la disperazione e il pianto di chi perde, insomma tutta l’imprevedibilità affascinante di un gioco e della palla che non sai mai dove e come possa rimbalzare. Adesso si torna ai campionati nazionali. La palla non va mai in ferie.

 

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