di Guido Barlozzetti
Racconta una storia importante il tv movie dedicato a Enrico Piaggio. La storia di un italiano che dalle rovine della guerra ricostruisce una fabbrica e produce un’invenzione che diventerà uno dei miti del made in Italy nel mondo.
Non è solo la storia di un ardimentoso imprenditore, è ritornare a una memoria che ha la forza per proiettarsi sui nostri giorni. Tornare a quegli anni significa infatti confrontarsi con una stagione drammatica e, al tempo stesso, piena di speranze e di attese, quando spesso c’erano solo la voglia e il coraggio di mettersi il passato alle spalle e di guardare al futuro in uno spirito di coesione e solidarietà.
Per Rai Fiction, che ha prodotto il tv movie con Moviheart, significa aggiungere un’altra figura alla galleria di personalità che nel passato, più o meno recente, hanno svolto un grande ruolo sociale e dimostrato un’esemplarità sul piano civile. Come già Adriano Olivetti o Fedele Cova ne La strada dritta sull’avventura dell’Autostrada del Sole.
1945: la fabbrica di Piaggio a Pontedera è stata distrutta dai bombardamenti e non c’è futuro per la produzione aeronautica. Enrico si convince che bisogna inventare qualcosa di nuovo per evitare la chiusura e lasciare sulla strada dodicimila operai e le loro famiglie. È così che nasce un’idea semplice e rivoluzionaria. Un mezzo di trasporto su due ruote, agile, economico, capace di portare due persone. Insomma, quello che serve a un Paese che sente il bisogno di muoversi, di respirare e praticare finalmente la libertà. In uno stabilimento di Biella hanno messo a punto un prototipo, lo hanno chiamato Paperino per quanto è sgraziato, Piaggio non si accontenta e si affida all’inventiva di Corradino D’Ascanio, un ingegnere che con gli aerei ha già ampiamente dimostrato il suo talento. E il sogno prende forma e trova un nome: Vespa.
Ma per il progetto il cammino non è semplice. Servono finanziamenti e le banche non solo stringono i cordoni della borsa ma vorrebbero impadronirsi dell’idea e emarginare lo stesso Piaggio.
Il tv movie segue dunque il divenire dell’impresa e lo intreccia con le vicende sentimentali. Con Piaggio che, interpretato Alessio Boni, s’innamora di Paola Bechi Luserna (Enrica Pintore) e deve fronteggiare le manovre di una dark lady, Lidia Rivelli (Violante Placido), pronta a tutto e in combutta con l’ambiguo e losco banchiere Rocchi-Battaglia (Francesco Pannofino).
Fili diversi che si intrigano fra di loro e a cui si aggiunge un sogno nel sogno. Piaggio, infatti, si convince che il destino della Vespa è legato alla forza dell’immagine con cui si presenterà agli italiani e ha un’intuizione da marketing avanzato: trovare dei testimonial irresistibili e universalmente amati. E chi, allora, più di Audrey Hepburn e di Gregory Peck che proprio in quei mesi stanno girando a Roma Vacanze Romane con la regia di William Wyler?! E il sogno si avvera. La Vespa corre per le strade di Roma con i due divi sul sellino. E il tv movie trova il modo di raccontare lo sforzo per convincere la produzione americana ad accogliere lo scooter nel film. Una collaboratrice di Piaggio, Suso (Beatrice Grannò), parte per Cinecittà dove incontra un giornalista americano, Peter Panetta (Moisè Curia) che le apre le porte del set e trova il modo anche di entrarle nel cuore.
Insomma, una trama densa di sottotrame, con un’accurata ricostruzione ambientale. Boni dà al personaggio durezza e determinazione, e si apre anche al versante sentimentale.
Nella realtà delle cose, la nuova fabbrica di Piaggio comincia da 100 esemplari pre-serie che vengono venduti con qualche difficoltà, poi un primo lotto di 2500 Vespe che vengono quasi tutte vendute nel 1946. L’anno successivo ne vengono acquistate diecimila. Ognuna costa 68mila lire, che vorrebbero dire alcuni stipendi per i lavoratori di allora, ma l’intuizione della vendita a rate apre a un incredibile successo di massa. Nel 1953 se ne comprano più di 170mila.
L’Italia si rimette in moto.