Agosto è il mese delle ferie. O meglio, lo era da quando non ci sono più le grandi fabbriche che chiudevano compatte alla fine di luglio, le famiglie partivano e i telegiornali facevano i titoli sull’esodo.
Oggi, le ferie sono dislocate e la saracinesca non ha più l’andamento mensile di una volta. Le stesse città non si svuotano più come accadeva quando ristoranti e dentisti, idraulici e negozi di generi alimentari diventavano una chimera. Chiuso per ferie, punto e basta. Qualcuno ricorderà la scena iniziale de Il sorpasso di Dino Risi (1963) con Vittorio Gassman che sull’Aurelia supercompressa percorre le strade e le piazze vuote di Roma nella prima mattina di mezzagosto.
In ogni caso, le stime (di Coldiretti) dicono di 22 milioni di italiani che si muovono nel mese, due terzi in auto, mete nazionali privilegiate rispetto a quelle internazionali (dove si dirigerà un italiano su quattro). Ma sono le durate che cambiano: più del 50% dei partenti non supererà la settimana di vacanze, per il 30% le ferie saranno tra una e due settimane, e solo il 3% raggiungerà il mese, a conferma della stratificazione della varietà delle scelte. Se il mare la fa da padrone, nonostante i costi in rialzo, lettini e ombrelloni alle stelle, il 70% annuncia una visita in un borgo almeno per un giorno, mentre crescono le preferenze per gli agriturismi.
A influire sulla qualità delle vacanze certamente il tempo, sembra passata la fase - lunga, lunghissima - del caldo-caldissimo no-stop, come dimostrano temporali e bombe d’acqua, improbabile che si ritorni a calure ininterrotte, ma d’altra parte è una caratteristica del mese quella di rompere il tempo, secondo tradizione dopo la metà del mese.
Ma più del meteo sono altri motivi per cui questo passaggio dell’estate si carica di nubi e perturbazioni che vanno oltre l’andamento stagionale.
Rispetto a un anno, persiste il Covid anche se con la percezione ormai diffusa che la pandemia stia diventando un inquilino abituale e poco conta - lo diciamo, sia chiaro, dal punto di vista di un sentimento collettivo - che ogni giorno continui a portare qualche centinaio di morti e che per l’autunno, insieme ai nuovi vaccini “adattati”, ci sia la preoccupazione per nuove, imprevedibili varianti.
La novità è la guerra innnescata dalla “operazione speciale” della Russia di Putin in Ucraina che, superato ormai il quinto mese, per un verso non compare più nelle aperture di giornali e Tg - a dimostrazione della legge di rapida usura mediatica degli eventi - per l’altro, ha sconvolto il mercato delle risorse energetiche con riflessi che si fanno sentire pesantemente sui bilanci familiari e un’inflazione che cresce a livelli allarmanti. Gli Italiani, soprattutto quelli che restano a casa, cominciano a sentire il peso di bollette di luce e gas fuori misura.
Si aggiunge la caduta del governo presieduto da Mario Draghi che ha di fatto aperto una campagna elettorale proiettata sulla scadenza del 25 settembre. Certamente non una notizia rassicurante, a prescindere dal risultato, perché genera incertezza e attraversa il periodo delle vacanze con le asperità conflittuali della campagna elettorale.
Aggiungiamoci gli incendi che devastano ogni angolo della Penisola e riducono in cenere quote impressionanti del patrimonio boschivo.
Fin qui siamo al quadro generale del Paese e agli elementi, di certo non positivi, che lo segnano e interferiscono con la quotidianità di ciascuno.
Poi, ci sono i fatti della cronaca - i colori sono molteplici, dalla dominante del nero al rosa - che vanno a pesare, e parecchio, sugli umori. Parliamo dei femminicidi che non cessano, degli eccessi notturni delle gang giovanili, i ragazzi travolti sulle strisce perdonali da auto pirata, l’ennesima rivelazione sull’irrisolto caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, aggiungiamoci anche l’attenzione esasperata sulla separazione di Ilary e Totti (e la nuova fiamma del Capitano), gli stupri delle turiste, il vaiolo delle scimmie.. Sono fatti molto diversi fra di loro, colpiscono in modo generalizzato, diventano discorso comune, riempiono l’informazione. Passano rapidamente, magari ci emozioniamo stando seduti a casa davanti alla televisione, poi passiamo al successivo. Anche se accade che qualcuno di questi accadimenti sia così estremo che le immagini si imprimano nella memoria e restino lì nella loro evidenza drammatica e terribile.
È successo a Civitanova Marche, ma forse poteva accadere in un qualunque altro posto. Un uomo in calzoncini, maglietta e cappellino, si è accanito su un altro, uomo come lui, un nigeriano venditore ambulante nigeriano, che magari non aveva la pelle come la sua, Alika Ogorchurkwu e con le mani lo ha percosso e soffocato fino ad ucciderlo.
Che si chiami Andrea Ferlazzo, un operario originario di Salerno di 32 anni, conta poco, un po’ più inquietante che abbia un passato di droghe, trattamenti sanitari obbligatori e ricoveri in comunità. Dice di una falla che si apre nell’umanità, di qualcosa che per quanto futile e comunque a pensarci bene appartiene a questa nostra condizione di italiani che sono comunque chiamati a convivere con il fenomeno imponente della migrazione: una battuta che accompagna una richiesta di elemosina, un commento… e un uomo uccide un altro uomo e il suo passato racconta di un sistema sociale che qualche problema deve avercelo se lo lascia poi libero e in balìa di se stesso. Come accade con gli uomini che minacciano le donne e, nonostante le segnalazioni e gli appelli, alla fine compiono il delitto che si sono messi in testa, oppure con i detenuti che continuano a suicidarsi nelle carceri - quasi cinquanta dall’inizio dell’anno - o con queste gang che fuori di ogni controllo infestano le strade della movida…
In questo caso si aggiunge un’ulteriore aspetto che fa riflettere. Tanta gente era presente, si è fermata a guardare quello che stava accadendo, un assassinio in diretta, qualcuno ha anche preso il telefonino per riprendere la scena. Nessuno ha alzato un dito, nessuno si è mosso, nessuno ha urlato.. Un’impotenza collettiva, di fronte alla quale è facile, da lontano, seduti a leggere il giornale, gridare all’insensibilità e alla viltà più riprovevoli.
La verità è che quegli spettatori eravamo anche noi e che inutile foglia di fico è il moralismo. Anche se Ferlazzo, con la furia su quel corpo senza difesa non se ne è reso conto, ha ucciso anche se stesso. Ha ucciso la sua umanità, o forse ci ha ricordato che l’umanità nasce con l’assassinio fratricida che Caino compre su Abele. E noi stiamo a guardare. Nel mese di agosto.