di Guido Barlozzetti
Montalbano appartiene alla categoria degli eroi e degli eventi televisivi. Le sue storie sono uno dei pochi appuntamenti che in questo tempo di erosione della tv generalista riescono a coinvolgere tutto il pubblico, trasversale alle generazioni, alla condizione economica e sociale e alla geografia.
Nei prossimi due lunedì, su Rai1, il commissario creato da Andrea Camilleri torna con due nuovi episodi: Salvo amato.., Livia mia e La rete di protezione.
Una durata straordinaria. Montalbano si è presentato alla platea televisiva nel 1999 e da lì è diventato protagonista assoluto, una stagione dopo l’altra. Con questa fanno 14, in tutto 36 episodi.
Di fronte a una tale longevità e a un’inossidabile capacità di raccogliere ascolti oceanici, ci si continua a chiedere quale sia il segreto di un’affezione che non ha riscontri nella fiction italiana, se non nel caso di Don Matteo, nato un anno dopo il commissario e giunto quest’anno, anche per lui un record, alla dodicesima edizione.
Un aiuto, sostanziale, lo hanno dato i romanzi di Camilleri. La forma dell’acqua, prima apparizione di Montalbano, uscì nel 1994 e fu subito un successo. Un commissario come nessun altro, il sole della Sicilia, un mondo possibile raccolto nella città di Vigata, fatta delle piazze del barocco e bagnata dal mare, una lingua infiltrata da un dialetto che era reale e immaginario.
Quell’apparizione fu così fortunata che convinse a moltiplicare le vicende letterarie del commissario, e pochi anni dopo portò naturalmente a mettere in cantiere una trasposizione televisiva.
Dunque, il Montalbano letterario aveva in sé i semi di cui si sarebbe nutrito l’alias della tv. Ma i due piani erano assai diversi, come il salto dalla pagina al piccolo schermo, dalla storia scritta a una fatta di immagini, dialoghi e corpi che devono essere per forza riconoscibili e convincenti. Decisiva fu dunque la scelta dell’interprete, Luca Zingaretti, malgrado non avesse due connotati-identikit del personaggio, la folta chioma e i baffi (Camilleri ricordava di aver pensato nel raffigurarlo a Pietro Germi, come appariva nel film Il ferroviere).
Totalmente calvo, le gambe un poco arcuate, fra attore e commissario si è realizzata una simbiosi, una di quelle miracolose identificazioni che fanno la storia del cinema e anche della fiction. Montalbano è diventato Zingaretti e - con qualche preoccupazione dell’interprete per il rischio di esserne totalmente risucchiato - Zingaretti è diventato Montalbano.
E se è difficile dire quale sia il punto di composizione fra le due componenti, posiamo sicuri invece del carattere del personaggio che le serie hanno messo in scena.
Montalbano è un uomo di poche parole, lavora molto con la testa, sembra muoversi quasi casualmente ma non molla di un millimetro rispetto alla determinazione con cui cerca di risolvere i casi che gli si presentano.
E’ felice? Non proprio, e forse il tempo che è passato lo sta portando a una qualche riflessione su se stesso, ama certamente la vita, gli arancini, la buona tavola, le pietanze che gli confeziona Adelina, Livia e tutte le femmine inevitabilmente piacenti che gli passano vicino.
E tuttavia colpiscono i silenzi, l’impressione che lascia di una solitudine con se stesso in cui è difficile se non impossibile entrare, come se nascondesse da qualche parte una ferita, una lacerazione che gli ha segnato la vita. Insomma, un angelo caduto dalle nostre parti, venuto ad espiare qualcosa, condannato a rimettere ordine nella vita degli altri ma non nella sua. Uno che sta portando il suo popolo verso la Terra Promessa in cui a lui non toccherà di arrivare.
Montalbano sta con noi, possiamo contare su di lui, non ci abbandonerà, ma c’è una crepa che lo mette in distanza, esattamente come l’ironia con cui si difende e che lo porta a non coincidere mai e fino in fondo con la realtà che lo circonda. Insieme e distante, con la sua squadra, Fazio, Mimì Augello, Catarella..., con i sopracciò, che siano il questore o il procuratore, con l’anatomo patologo e con la stessa Livia che lo chiama da lontano e vorrebbe un giorno sposarlo.
E poi che non vi passasse mai per la testa di pestargli i piedi. Montalbano non scende a patti con nessuno, la sua libertà è assoluta e guai a chi osa metterla in discussione. Libertà! Ecco, forse è questo il segreto, sofferto, anche doloroso, è la linea oltre la quale a nessuno consente di andare, il suo bozzolo chiuso e al tempo stesso infinito.
Il mondo è quello che è. Si presenta con una maschera che nasconde violenze, soprusi, ricatti, tradimenti, vendette, sangue…, Salvo ci mette le mani e dunque lo conosce, anche per noi, e tuttavia non se ne fa contaminare.
Intanto il tempo cambia le cose intorno a lui. Se n’è andato Andrea Camilleri ed è morto lo storico regista, fin dall’inizio della serie, Alberto Sironi, e così lo scenografo Luciano Ricceri a cui si deve la scelta di quella casa a Punta Secca con la terrazza sulla spiaggia e il mare. Questi ultimi due episodi sono stati diretti da Zingaretti.
Ci sarà un futuro? Nelle carte di Camilleri e negli archivi della casa editrice Sellerio ci sono ancora dei fili narrativi. Forse, dicono i protagonisti di questa avventura, Zingaretti, Rai Fiction, la casa di produzione Palomar, è arrivato il momento di prendere una pausa, per riflettere.
Intanto Montalbano avrà modo di risolvere gli ultimi, intricati casi. Poi, tornerà a casa, farà una telefonata a Livia, che lo lascerà un po’ così, con qualcosa che resta irrisolto, per aria. E si tufferà, finalmente, nel mare. Solo, immerso nella natura splendida che lo circonda.