di Guido Barlozzetti
Cominciamo dalla fine. Sedici minuti di applausi per Tosca di Giacomo Puccini, che ha aperto nel giorno canonico per Milano di Sant’Ambrogio la stagione della Scala. Ovazioni per tutti, per la soprano Anna Netrebko, per il tenore Francesco Meli/Mario Cavaradossi e per il baritono Luca Salsi/Scarpia, il direttore dell’orchestra Riccardo Chailly e per il regista Davide Livermore. Molti di meno, ma certamente significativi i quattro minuti di battimani con cui il pubblico ha accolto il Presidente della Repubblica Mattarella. Anche in televisione un riscontro importante, la diretta su Rai1 è stata seguita da quasi 2.9 milioni spettatori con il 15% di share.
Insomma, un grande successo, è stata la festa che doveva essere, la celebrazione di un rito che non sempre è stato accolto con tale unanimità. Si sa quanto la prima scaligera sia una sorta di termometro dell’umore non solo milanese ma di quello del Paese, come se un qualche filo legasse ciò che accade dentro il teatro alla realtà del fuori. La Scala è il Teatro per antonomasia, uno dei più famosi e illustri al mondo, e dunque l’inaugurazione è inevitabilmente un evento che offre una vetrina mediatica ai problemi che si agitano nella quotidianità che anche quest’anno si sono manifestati. Passati i tempi delle uova spiaccicate sulle pellicce, la protesta è arrivata con i lavoratori Conad/Auchan su cui incombono 6200 esuberi e il flash mob dei centri sociali per il popolo curdo. Fumogeni, striscioni, cori, ma nessuno scontro con l’imponente dispositivo della sicurezza che contava seicento agenti.
Per Tosca è stata la prima volta nella serata inaugurale alla Scala. All’origine il dramma di Victorien Sardou. 1800, la Roma dei Papi, la storia struggente e drammatica di una donna che ama il pittore, e rivoluzionario, Mario Cavaradossi, e viene circuita dal perfido capo della polizia Scarpia. Cavaradossi viene arrestato e condannato a morte e Tosca, pour di salvarlo, cede a Scarpia e ottiene che la fucilazione sia solo una messa in scena, lo uccide, corre da Cavaradossi, ma le pallottole sono vere e il pittore muore, e lei a quel punto si getta dal balcone di Castel Sant’Angelo.
Un esordio con novità. Chailly ha ripreso l’edizione critica di Roger Parker e l’ha eseguita sulla partitura della prima assoluta, il 14 gennaio del 1900 al Teatro Costanzi di Roma, che prevedeva battute e sviluppi melodici tolti nel tempo e ripristinati per l’occasione. “Il riproporre la prima stesura di un testo pucciniano non significa imporre una nuova versione come superiore a quella consueta – ha spiegato il maestro - semplicemente, amplia la conoscenza del suo modus operandi e aggiunge un ulteriore tassello alla straordinaria costruzione atmosferica, con la costante compresenza interno-esterno, che genialmente crea una suggestione di interno come prigione claustrofobica, e di esterno come espressione di libertà”.
La regia di Livermore ha esaltato lo spettacolo con un apparato scenico fatto di schermi, cambi di scena e pareti mobili: “La capacità di sintesi di Puccini è eccezionale – ha detto il regista - distilla l’essenza dell’originario e omonimo dramma di Sardou da cui trae l’opera, nel libretto di Giacosa e Illica. Accordo dopo accordo ci prende per mano e ci racconta cosa accade. Ho fatto altrettanto. Puccini è come se avesse inventato il cinema. E la sua Tosca è coeva alla nascita del cinematografo: opera e cinema sono mondi allotropici. Connessi tra loro”.
Questa sintonia lirico-cinematografica si riflette anche sullo spettatore: “Il pubblico non sarà solo osservatore, ma proiettato nell’azione. Nei luoghi stessi in cui si svolge. E solo i codici del cinema lo permettono. Il suo linguaggio è quello oggi più immediato sul pubblico”. Livermore non esita a citare riferimenti cinematografici: “La perfezione formale delle immagini di Spielberg incontra la tensione narrativa di Hitchcock, quella di pellicole come Nodo alla gola, per poi confrontarsi con la narrazione più sporca di Tarantino. Sempre nel rispetto del testo musicale. La tecnologia? Ci sarà, ma non invasiva”. Una novità fra le altre, alla fine Tosca non si getta dai bastioni ma sale verso il cielo in una sorta di resurrezione.
Da ricordare anche un errore in cui è incorsa Anna Netrebko. Dopo un “Vissi d’arte” che ha entusiasmato il pubblico, la soprano per due volte ha cantato la stessa battuta, con il baritono Salsi che non ha fatto una piega e ha ricucito. Non tutti se ne sono accorti e, in ogni caso, lo sbaglio non ha inficiato la prova e l’accoglienza finale.
Fra tutti i commenti quelli del primo cittadino della penisola: “Non saprei da dove cominciare per fare i complimenti – ha detto al termine il Presidente Mattarella - mi è piaciuto tutto". Nello spettacolo anche lo show della mondanità: il tailleur di velluto nero di Maria Elena Boschi, l’abito sirena con collo a V della moglie del sindaco Beppe Sala, la giacca velluto rosso di Elodie, il soprabito vestaglia di Vittoria Puccini, l’abito pantalone nero con camicia bianca di Patti Smith, il bianco vaniglia di Carla Fracci.
A tutto ciò va aggiunto che proprio in occasione di questa “Tosca”, Rai Pubblica Utilità – nel pieno spirito di inclusione ed accessibilità, in linea con gli obiettivi del Contratto di Servizio – ha audio descritto in diretta l’intera opera per la messa in onda su Rai Uno: una importante “prima” nella “prima”; è infatti la prima volta che in Italia venga fatta una audiodescrizione in diretta televisiva!!!