VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

Comincia il Festival

di Guido Barlozzetti

 

Comincia il Festival dal buio. Come se lì si fosse relegati nell’oscurità di un’emergenza, da cui finalmente uscire nelle luci dell’astronave che ha disegnato Castelli. L’edizione 71 è diversa, inevitabilmente e tutto sta a capire fino a che punto questa condizione su cui domina un protocollo totalitario sarà un limite o se invece potrà essere scalfita se non rovesciata dalla combinazione di Amadeus e Fiorello. E infatti, il gioco è subito chiaro. Le poltrone vuote elette a interlocutore, addirittura con un giro dei due nella platea, l’orchestra che diventa il pubblico presente e applaude, le gag che trasformano le difficoltà in spunti, dal carrello per portare i fiori, ai contatti e alle mascherine, la Dad che gioca sul nome delle dita dei piedi… Il Festival parte nella consapevolezza della situazione generale e Amadeus decide di leggere una lettera in cui annuncia questa volontà, mentre Fiorello appare avvolto in un manto di fiori come una drag-queen.

È questa la falsariga, i duetti, dalle scenette a dei numeri musicali con simil-bluebell o con arditi passi di lambada che si prestano ad alludere - ma tutto sotto controllo… - al sottotesto sex/omosex, e la gara, con le canzoni che non sono un accessorio e Amadeus l’ha ribadito rivendicando la loro centralità, perché questa di Sanremo vuole essere una ripartenza per il comparto ferito della musica e dello spettacolo.

Sul primo versante, oltre ai due mattatori, con Fiorello che viaggia a volte a ruota libera - basta vedere le facce di Amadeus, che in ogni caso assume deliberatamente il ruolo della vittima - la prima co-conduttrice che è anche una rivelazione.

Tutti attendevano Matilda De Angelis, attrice in gran spolvero, con pregresso bacio-lesbo con Nicole Kidman nella serie Undoing, e lei non delude, sicura fino alla sfrontatezza, un monologo sul bacio da Rostand, Ti lascerò che fu di Leali cantata con Fiorello, un linguaggio che sfiora il bordo della scorrettezza, senza mai oltrepassarlo (dice “limonare”, come prima Fiorello ha parlato del posteriore prendendo spunto dalle poltrone).

E poi l’altro superospite, Zlatan Ibrahimović, che batte solo e soltanto sul tasto della sua superiorità onnipotente, con il distacco siderale che dovrebbe fare della freddezza il presupposto della comicità. Da vedere come andranno avanti nelle prossime serate.

Discorso a parte per Loredana Berté che scende dalle scale - inutile dire che vengono citate ogni volta che un ospite o un cantante vi si avventura - e conquista il palco con un’energia e la forza della sua femminilità lacerata e orgogliosa di sé, regolando il conto con la delusione del 2019 quando non entrò nel terzetto che si giocò la vittoria. Infine, il primo dei quadri di Achille Lauro, un travestimento da Angelo caduto con lacrime di sangue e corolla di piume.

La realtà? Entra con Amadeus che ricorda la detenzione di Patrick Zaki al Cairo e con Alessia Bonari, infermiera dell’ospedale di Milano che una foto di lei con il volto segnato dalla mascherina ha eletto a simbolo della lotta al Covid.

Poi le canzoni. Si comincia con i quattro delle nuove proposte con Gaudiano e Folcast che passano alla serata finale di venerdì. Poi i tredici Campioni che iniziano con il rosso del vestito di Arisa e finiscono all’una e mezzo con Fasma, perché il Festival pur nelle difficoltà non rinuncia a tracimare dalla prima serata alla notte. La classifica finale determinata dai voti della Giuria demoscopica vede primeggiare le combinazioni cantante/canzoni più pop, Annalisa, Noemi, Fasma, Fedez/Michielin (molta attesa, ma nessun botto), Francesco Renga, Arisa… Restano indietro le proposte più indipendenti e innovative, i Maneskin, Colapesce e Dimartino, Coma_Cose, Madame, Ghemon. L’ironia di Max Gazzé al sesto posto, per un Aiello molto teso l’ultima posizione.

Stasera si chiude il cerchio del cartellone con i restanti tredici Campioni e quattro Nuove Proposte.

 

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