Città imperiali,
città semidistrutte

[Racconto di Paola Manoni]

 



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durata 19 minuti

La città, signori, è la città il segno distintivo della romanità di tutti i tempi e dell'Impero.
E cives, cittadino, è la parola magica di conio latino... il passe-partout che apre tutte le porte.
Nel mondo antico romano alla città è riservato un ruolo primario sul territorio.
La città assicura le migliori condizioni di vita e replica, di terra conquistata in terra, l'immagine di Roma, imago urbis.
I conglomerati urbani si presentano in diverse tipologie, definiti in funzione del loro rapporto con Roma.
Vi sono le coloniae, città fondate in conseguenza dell'invasione romana, i municipia ovvero città indipendenti, legate a Roma da trattati bilaterali, oltre alle altre comunità, come le civitates.
Queste ultime, nonostante l'annessione all'Impero, mantengono i propri ordinamenti e istituzioni tradizionali.
La città istituita dai romani ha delle caratteristiche ricorrenti: il rito di fondazione, le strutture e gli edifici civili e religiosi, come ad esempio: il foro, il tempio, la basilica, le terme, l'anfiteatro... tutto a immagine di Roma.
Si sviluppa un modello ideale che racchiude i principi urbanistici romani, ripetuti costantemente in ogni città di nuova fondazione.
Lo schema si compone di vari elementi: l'accesso alla città mediante grandi vie suburbane lungo le quali generalmente si trovano monumenti sepolcrali; le mura di cinta, a scopo difensivo, la cui consistenza simbolica indica la netta demarcazione tra la razionalità e l'ordine cittadino contro il selvaggio ambiente esterno.
Sulle mura si aprono porte monumentali che, a scopo rappresentativo, mostrano le effigi del nuovo mondo romano al visitatore che si appresta a entrare in città.
All'interno si colloca il foro, simbolo per eccellenza dell'insediamento romano, che concentra gli edifici civili e religiosi.
Lungo le vie principali sono presenti gli edifici di pubblica utilità: teatri, terme, mercati.

Ma facciamo un passo indietro sulla fondazione e i suoi riti.
Il contesto sociale urbano è benedetto dall'atto sacrale di fondazione.


 

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Immagine di spalle di un romano vestito con tunica color porpora (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Figura intera di un romano, con il braccio sinistro alzato nell'atto di impugnare un lungo bastone mentre il braccio destro à� abbassato, nel gesto della mano di fermare un lembo della tunica che vola al vento. Il volto, visto di tre quarti, à� in direzione del tramonto del sole, che si vede sullo sfondo e che incornicia una struttura architettonica composta da tre colonne. Attorno, altri resti di edifici mentre in cielo si vedono una nuvola bianca e il passaggio di un gabbiano. Il sole che tramonta sulla città� simboleggia in questa immagine la decadenza dell'Impero romano.Particolare del sole al tramontoParticolare del romano, in figura intera. Indossa una tunica color porpora e dei sandali.
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Il rito è articolato in diversi momenti e inizia con l'osservazione degli uccelli con cui gli àuguri ricavano il presagio relativo al luogo: se questo sia adatto o meno per il nuovo territorio urbano.
Segue il rito del solco dell'aratro, a opera di una coppia di buoi guidati dal fondatore della città, che delinea il pomerio all'interno del quale vi è l'interdizione di seppellire i morti.
Tipicamente romana è la concezione del territorio secondo un tracciato che ne regola l'organizzazione.
La pianificazione territoriale prevede la parcellizzazione dei terreni e il controllo dei servizi pubblici come, ad esempio, l'erogazione delle acque all'interno delle città.
I romani nell'edificazione di Roma e delle colonie elaborano lo spazio territoriale secondo un modello eminentemente razionale.
Nell'idea di piano regolatore, tanto urbano quanto più generalmente del territorio, vi è un concetto di base che delinea la suddivisione del suolo secondo due assi principali legati a una tradizione astronomica e rituale.
Si tratta del cardo e del decumano.
Il primo corrisponde a un asse ideale che divide il territorio da Nord a Sud e costituisce la via principale di qualunque insediamento romano: accampamento militare, città, divisione territoriale della centuriazione.
Il secondo è invece l'asse Est-Ovest, proprio a ciascuna delle vie tracciate nei territori di nuova fondazione.


 

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Immagine della carta geografica dell'Impero romano (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede il profilo dei paesi europei del bacino Mediterraneo, della Turchia e di coste e territori africani. Il colore viola dei territori e l'identificazione di Costantinopoli marcano l'Impero romano d'Oriente mentre il colore giallo dei territori e l'ubicazione di Roma segnano l'estensione dell'Impero romano d'Occidente.Particolare della carta geografica: dettaglio su Costantinopoli e la scritta: Impero romano d'Oriente.Particolare della carta geografica: dettaglio su Roma.
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Sicché si ha la coppia cardo-decumano massimo che è l'intersezione ad angolo retto delle due linee perpendicolari che dividono in quattro parti l'accampamento o la città.
Negli incroci del reticolo tracciato sono posti dei cippi che sono dei tronchi di colonna, i quali hanno la funzione di segnare i confini.
Questi segnacoli hanno una numerazione progressiva a partire dai due assi principali: a destra e a sinistra del decumano massimo (preceduta dalle sigle DD oppure SD).
La numerazione dei cardini viene distinta al di sotto e al di sopra del cardo massimo: la sigla VK, ultra kardinem, indica i cardini a Est del cardo massimo mentre la sigla KK, kitra kardinem, indica i cardini a Ovest del cardo massimo.
Esempi tipici di questo modello di divisione territoriale sono nella colonizzazione romana della Pianura Padana o in Tunisia; si tratta di un modello che viene ampiamente impiegato durante tutto l'Impero romano.

 

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Immagine di un elmo e di una lancia (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Su di un terreno sabbioso si vedono una lancia semi-interrata con punta di ferro e un elmo dorato, con cimiero rosso fissato in posizione trasversale. Sullo sfondo, dietro le collinette sabbiose, un cielo con foschia. L'immagine simboleggia la caduta del potere romano.Particolare dell'elmo dorato, con cimiero di colore rosso.Particolare della punta della lancia.
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Oltre alla disposizione dello spazio, qualche parola sull'architettura e le tecniche edilizie romane.
Assunto fondamentale è l'opera cementizia, tecnica innovativa romana caratterizzata dall'impiego del cementizio: un impasto di malta liquida e di caementa ovvero frammenti di pietre grezze, terracotta o ghiaia.
Il cementizio, una volta solidificato, ha delle ottime proprietà poiché diviene estremamente solido pur mantenendosi elastico.
L'introduzione di questa tecnica nella costruzione degli edifici romani si afferma fin dal II secolo a.C.
Il cementizio risulta di grande efficacia nella costruzione delle volte.
Tra le più antiche volte in opera cementizia di cui si hanno conoscenze certe vi è la sala ottagonale che Nerone fa costruire nel 64 d.C. nella sua Domus Aurea.
Ma il monumento che per eccellenza testimonia la grandezza della tecnica edile romana, in quanto a volte e rotonde, è senz'altro il Pantheon.
La volta, di oltre 43 metri di diametro, è la più grande, senza nessun altro precedente per quanto riguarda l'applicazione romana del cemento armato.

Nella cornice degli splendidi edifici romani, le funzioni predominanti per le quali tali opere edili vengono concepite sono lo spettacolo, la vita pubblica, culturale e religiosa, la vita domestica.
Per quanto riguarda il primo, l'intera collettività cittadina è coinvolta nelle rappresentazioni degli spettacoli.
Si tratta di una partecipazione di massa in cui la cittadinanza si riconosce come corpo civico.
Si costruiscono degli edifici ad hoc per ogni tipo di spettacolo.
I teatri per le rappresentazioni sceniche (ludi scaenici), il circo per le corse dei carri, gli anfiteatri per i combattimenti dei gladiatori (munera gladiatoria), per le rappresentazioni di caccia alle belve (venationes) e per le battaglie navali (naumachiae), gli stadi per le gare di atletica (agones).
In origine gli spettacoli hanno una valenza religiosa ma ben presto divengono manifestazioni cittadine, finalizzate a loro stesse.
Si organizzano spettacoli per onoranze agli dèi, per trionfi militari, per anniversari.
Le figure dell'edile e successivamente del pretore assumono, tra i loro diversi incarichi, il compito dell'organizzazione degli spettacoli che sono inizialmente sovvenzionati con le finanze pubbliche.
Ma quando i giochi diventano più sfarzosi, i fondi pubblici non sono più sufficienti a coprire le spese, sicché interviene l'elargizione privata dei magistrati, i quali finalizzano tale investimento a propaganda per la promozione della propria carriera politica.

 

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Immagine di monete romane (Per leggerne la descrizione proseguire nel link) Sullo sfondo di alcune strutture architettoniche e di colonne, le immagini in primo piano di alcune monete d'oro fuoriuscite da un sacchetto ben ripieno, di colore marrone. Gli oggetti sono posti su di un piano orizzontale.Particolare delle monete d'oro. Sullo sfondo alcune strutture architettoniche.Particolare del sacchetto accanto a due monete d'oro. Sullo sfondo due colonne e un capitello.
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La presenza dei giochi e degli spettacoli è diffusa in tutte le città dell'Impero.
Attraverso la testimonianza dei calendari abbiamo l'elenco degli spettacoli che si tengono durante l'anno.
Vi sono ben 77 giorni l'anno dedicati ufficialmente ai giochi, tra la fine della Repubblica e l'inizio dell'Impero, per arrivare, nel IV secolo d.C., a ben 177 giorni (101 per spettacoli teatrali, 66 per giochi circensi, 10 per combattimenti di gladiatori).

Nell'ambito degli edifici per le attività culturali, la biblioteca è l'esempio di massima eccellenza.
La bibliotheca ha canoni architettonici stabili: un'aula rettangolare con un'abside (in cui si pone la statua della divinità protettrice, solitamente Minerva).
Lungo i tre lati dell'aula vi sono ballatoi sostenuti da porticati in cui sono posti gli armadi che custodiscono i rotoli.
Tipiche strutture architettoniche di questi edifici sono gli ampli lucernari per far penetrare il più possibile la luce, sia per favorire la lettura che per scongiurare l'umidità.
Per questi motivi le biblioteche vengono solitamente esposte a Est.
La biblioteca come struttura cittadina è aperta a tutti, ammesso che il grado di alfabetizzazione lo consenta.
L'istruzione resta infatti di appannaggio aristocratico, gli edifici adibiti a scuola non sono così frequenti e l'attività del maestro avviene all'interno della vita familiare: nelle case o all'aperto.
Tuttavia Plinio il Giovane testimonia l'esistenza di scuole pubbliche, all'inizio del II secolo d.C., che vengono sovvenzionate dalle città o da cittadini facoltosi.
Un esempio lo si trova a Pompei: si tratta della taberna del ludimagister Potitus Poppaeus Sabinus.
Altre strutture tipiche della vita pubblica delle città sono i mercati, costruiti per volontà dell'amministrazione romana al fine di esercitare un controllo sull'approvvigionamento delle merci e sui prezzi di vendita.
A Roma vi sono i mercati del bestiame (Foro Boario), del pesce, delle verdure. Il mercato di Traiano è, ad esempio, costituito da due terrazze sovrapposte in cui trovano posto negozi, magazzini... una sorta di antico centro commerciale.
Vi è poi la domus romana, a cominciare dal III secolo a.C.
La moda edilizia delle abitazioni private lussuose è derivata dalla tradizione greca: portici colonnati a delimitare spaziosi giardini su cui affacciano le stanze, ma vi è anche la testimonianza delle case di una classe cittadina media che abita in edifici a schiera, con stanze organizzate attorno a un atrio e con finestre verso l'esterno.
Queste costruzioni sono realizzate con una tecnica edilizia detta opera incerta che impiega blocchetti di pietra a contorno irregolare, mescolati a malta.
Durante l'Impero vi è a Roma la presenza di grandi palazzi detti insulae che comprendono degli alloggi, su diversi piani, sorta di appartamenti di piccolo taglio.
Le insulae sono una tipica espressione di edilizia popolare che si afferma nel mondo romano a partire dal I secolo d.C.

Nel variegato complesso urbano vige un principio fondamentale: l'autogoverno.
Questo vale per tutte le città dell'Impero.
Ogni città ha uno statuto particolare che spesso, nel caso di città di conquista o di nuova formazione (colonie o municipi), integra anche leggi e usanze locali.
Le cosiddette leggi municipali definiscono i compiti della magistratura locale e fissano l'amministrazione dei beni della città.
Nella pervasiva concezione dell'imago mundi è compresa anche l'amministrazione.
Su modello di Roma, le istituzioni civiche sono suddivise in tre organi: l'assemblea popolare, il consiglio o senato locale e i magistrati.
All'assemblea popolare partecipano tutti i cittadini adulti e di sesso maschile, iscritti nelle liste civiche, con il compito di eleggere ogni anno i magistrati.
Al senato locale accedono i cittadini che hanno almeno 43 anni e che hanno ricoperto cariche pubbliche.
La carica di magistrato può invece essere destinata a chi possiede un adeguato censo.
Per poter entrare nel cosiddetto ordo decurionum (sorta di consiglio municipale) si deve dunque avere un'opportuna posizione sociale ed economica.
Uno degli strumenti per ottenere il consenso, al fine di poter ricoprire ruoli dirigenziali, è attraverso l'evergetismo: un mezzo di propaganda che si realizza mediante donazioni di opere di pubblica utilità, come l'edificazione di un tempio, di un portico, di un teatro.
Il cittadino benemerito sopperisce alle carenze degli investimenti statali e al contempo si fa ricordare per poi essere eletto.
Questo meccanismo rientra tra i primi segnali, a livello cittadino, della crisi dell'Impero romano, a cominciare dal III secolo d.C.
Infatti l'esercizio delle magistrature viene indebolito a causa degli oneri delle competizioni elettorali, in un contesto di crisi economica generale.
I ricchi si sottraggono agli impegni delle cariche pubbliche; si sfalda l'ordine delle municipalità al punto che da Roma vengono inviati degli ispettori per controllare la gestione finanziaria e patrimoniale.
La decadenza della città e della vita urbana ha i suoi drammatici effetti dal IV secolo d.C.
L'autonomia municipale è sostituita da una classe militare che opprime i cittadini con pesanti tassazioni.
La città, emblema di grandezza imperiale, vive lo spopolamento in favore della vita di campagna, meno oppressa dalla burocrazia statale.
I patrizi si ritirano nelle villae, grandi aziende agricole e lussuose residenze di campagna, dove solitamente i poveri prestano servizio.
La villa fortificata è più sicura della città colpita dai saccheggi barbarici e dalle carestie.
L'Impero si sfalda poco a poco mentre questi grandi centri agricoli divengono, nel V secolo d.C., nuclei sociali autonomi e autosufficienti.
Il signore rurale ha il suo esercito, governa il territorio, amministra la giustizia.
Dall'immagine florida e sfarzosa delle città imperiali a uno scenario, tra il IV e l'VIII secolo d.C., sempre più desolante.
Strade, abitazioni, ponti, acquedotti, edifici gloriosi lasciati al completo abbandono.
Cadaveri di città semidistrutte dalla forza del tempo e dagli effetti delle invasioni di popolazioni che via via penetrano nei territori d'Occidente e demoliscono il vasto Impero romano oramai in rovina.

 

 

 

 

 

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