II mito di Enea, Romolo e Remo
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Alla fine del I secolo a.C., sotto il regno di Augusto, due grandi scrittori latini invocano nei loro componimenti le origini di Roma. |
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Ed ecco Tiberino, il dio del loco
veder gli parve, un che già vecchio al volto
sembrava. Avea di pioppe ombra d'intorno
di sottil velo e trasparente in dosso
ceruleo ammanto, e i crini e 'l fronte avvolto
d'ombrosa canna. E de l'ameno fiume
placido uscendo a consolar lo prese
in cotal guisa: "Enea, stirpe divina,
che Troia da' nemici ne riporti
e la ravvivi e la conservi eterna;
o da me, da' Laurenti e da' Latini
già tanto tempo a tanta speme atteso,
questa è la casa tua, questo è securamente,
non t'arrestare, il fatal seggio
che t'è promesso. Le minacce e 'l grido
non temer de la guerra. Ogn'odio, ogn'ira
cessa già de' celesti. E perché 'l sonno
credenza non ti scemi, ecco a la riva
sei già del fiume, u' sotto a l'elce accolta
sta la candida troia (scrofa) con quei trenta
candidi figli a le sue poppe intorno.
Questo fia dunque il segno e 'l tempo e 'l loco
da fermar la tua sede. E questo è 'l fine
de' tuoi travagli: onde il tuo figlio Ascanio
dopo trent'anni il memorabil regno
fonderà d'Alba, che cosí nomata
fia dal candore e dal felice incontro
di questa fera. E tutto adempirassi
ch'io ti predíco, e t'è predetto avanti". |
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Enea comprende. Il suolo laurentino è quello di Lavinio e i piccoli trenta maialini sono i popoli latini da unificare. Enea sfida e uccide Turno, sotto gli auspici della dea Venere e del dio Vulcano che gli fabbrica una magnifica armatura. Alla fine della guerra, Enea fonda la sua città, Lavinio, che prende il nome della sua sposa. |
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Amulio diede ordine d'imprigionare la sacerdotessa Rea Silvia e di gettare i suoi bambini nella corrente del fiume. |