Parla la Vecchia:
rmai credo di essere la più vecchia del mondo.
Ho allevato tutti qui, in questa città.
Centocinquanta cavalieri assisi davanti alla tavola rotonda.
Centocinquanta mogli e duecentocinquanta figli, o giù di lì.
Ho allattato centosettanta femmine e raccolto le lagnanze di ben ottanta rampolli di futura ottima caratura.
Cento sottopeso.
Centocinquanta no.
Duecento nati pronti.
Trenta nati prima.
Venti con difficoltà.
Tutti appesi alla vita: un sorso e un vincolo.
Un laccio di latte sciolto in un guizzo da infante.
Ho annodato centinaia di fasce.
Controllato lane e tessuti.
Assaggiato latte di vacca, gli umori dell'asina, le asprezze di bufala.
Riscaldato e tritato pappe, guarnito e nutrito bocche.
Mai avuto figli.
Mai stata moglie.
Eppure, sono la levatrice più esperta del regno.
Ne ho rianimati quindici, dei venti.
Ho visto spuntare a tutti i primi denti.
Li ho visti crescere e, talvolta, diventar nemici.
Per un pony, per una donna, per una cetra, per la rara stoffa di un mantello.
A tutti ho dedicato notti, per tutti ho impegnato giorni.
Cullandoli al cospetto di una luna fioca color latte vaccino.
Ed ogni giorno ripetevo i gesti stancamente, con la schiena in fiamme e le mani rosse dagli unguenti e dal fuoco.
Non facevo in tempo a svezzarne uno che un l'altro, appena fuori, già strepitava alla vita.
Ma poi nacque lei, la più bella e la più dolce bambina di Camelot.
Sua madre morì di parto e fui io a vederla fiorire.
Gwin, questo è il suo nome e di sua nonna prima di lei.
Sì, Gwin, Gwin di Camelot.
Figlia di uno dei più valorosi comandanti dell'esercito del re.
Gwin è sempre stata una bambina giocosa e poi una ragazza giocosa, ma ora è nel tempo in cui ci si prende sul serio; nel tempo in cui si è innamorati dell'amore e dell'avventura.
Così, Gwin, ogni giorno attende il suo amore davanti alla grande finestra della stanza dove, sovente, le insegno a cucire.
E' convinta che l'amore avrà la barba bianca, le movenze di un uomo maturo, gli occhi chiari delle tinte del lago che divide e costeggia le coste di Avalon, la mia terra.
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Ma gli oracoli e le veggenti han tracciato altre vie dal cielo e strappato alle stelle fatti diversi e diverse scene.
Le dicono che lui verrà, che è già in viaggio, che passerà a nord-est.
Le dicono che è forte e serio, che lo riconoscerà al volo e che con lui convolerà.
Gwin è così convinta di questo che mi descrive, ogni giorno, la scena del loro incontro e di quel che lui e lei faranno.
Oggi è giunto un uomo, qui a Camelot, insieme ad alcuni principi di Britannia.
Barba e capelli bianchi.
Molta esperienza nelle legioni di Roma.
Molte ricchezze accumulate per la vita militare.
Vive in Gallia ed è intimo amico del padre di Gwin.
Il padre ha chiesto a Gwin di condurre l'uomo a visitare il palazzo e lei, leggera, ha detto:
"Sìììììì!"
Sono scesa anche io per il castello e ho incrociato più volte lo sguardo dell'uomo.
"Non mi piace!", ho detto al padre, "Non è adatto alla piccola Gwin!"
Lui mi ha risposto che non era vero.
Anzi, mi ha detto che avrebbe pregato il cielo affinché lui la chiedesse in moglie.
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Ha detto che quel generale era un uomo ottimo di ottimi natali...
Beh, io davanti a talune certezze, alzo le spalle e alzo i tacchi.
Non sarà così, non saranno gli uomini a decidere, ma le stelle.
Gli uomini non lo sanno, le stelle sì.
E intanto vedo Gwin saltellare intorno al futuro amore e osservo la sua figura snella che, all'ombra, sembra matura, ma sotto il sole no.
Così la sua voce squillante dai toni alterni, profondi, sensuali, talvolta perfino sconosciuti e poi...
le chiacchiere solite, le risatine stupide, i piccoli Oh! ingenui, molti Ma ostinatissimi, alcuni Non so.
La vedo conversare seria e corrucciata, per poi riprendere in un istante la sua infanzia che vola e si posa sul piccolo naso maculato di lentiggini.
Qualcosa sta per giungere.
Fra lei e l'uomo, fra ciò che accade e quel che accadrà.
Lo avverto.
La sento parlare di Camelot con orgoglio.
La sento soffrire per Camelot con sgomento.
Poi la vedo entrare nella sala delle udienze.
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Gwin avanza verso il centro della sala e mi accorgo che è sempre più bella.
Il vecchio generale la guarda e sorride, forse la decisione è presa.
Il padre china la testa approvando, il re annuisce sorridendo.
Gwin si avvicina e con lei l'uomo.
Ora tutti sono presso il trono: sembrano in procinto di sancire accordi, suggellare patti, prendere impegni con l'eternità.
Il re s'informa, curioso.
Il padre spiega e l'uomo di Roma, appagato, osserva la scena.
Gwin si guarda intorno.
La vedo annusare l'aria gravida di novità...
ma le manca qualcosa... qualcosa che non sa.
E' ora che le stelle si diano da fare.
Così, il lupo rompe la gabbia.
Affamato e furioso gira intorno alla brama, ma poi, con passo felpato, preferisce la libertà.
Inforca la fuga e guadagna il vento.
Restiamo attoniti a fissare il grande portale da dove la fiera è fuggita...
ancora ne scorgiamo i tratti come di un'essenza che resta nell'aria.
Un'essenza di fuga e d'immensità.
Ma poi, improvvisamente, un'altra sagoma veste quel vuoto.
E' un ragazzo giovane dai capelli scuri come il manto del lupo e gli occhi verdi, allegri e furbi e belli.
Ha un'armatura splendida, da parata credo, e un fisico atletico e slanciato.
La sala ha un brivido, ma poi si scuote.
Resto in attesa.
Gwin alza gli occhi e lo vede.
Lui scorre gli umori della sala...
la incontra.
Una magia tessile sembra stendersi fra i due giovani e più fuggono e più questa li lega.
Un insostenibile bisogno di avvicinarsi li coglie.
Un'impossibile brama di sfiorarsi li prende.
Lui cercava un'avventura e ne ha visto gli abissi nel fondo dei suoi occhi.
Lei aspettava il grande amore e lo ha seguito lungo il dorso selvatico e fugace del lupo, nel ringhio grave, tra gli artigli tesi.
Si ameranno.
Non glielo consentiranno.
Forse fuggiranno, ma che sia guerra o pace, resisteranno.
Accade tutto qui, nella nuova città.
A Camelot.
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