Una cronaca di Federico II

[Racconto di Paola Manoni]


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durata 23 minuti - Credits

Parla Enzo, figlio di Federico II:

Nella cella della prigione di Bologna, il figlio di Federico II riceve la visita del Cappellano della prigione mentre declama versi:

"Ecco pena dogliosa
che nel cor mi abbonda,
e sparge per li membri
sì che a ciascun ne vien soverchia parte;
Non ho giorno di posa
come nel mare l'onda.
Core, che non ti smembri?
Esci di pena e dal corpo ti parte...

"Cosa lamenti figliolo?", chiede il Cappellano.

"Il buio della reclusione... il clima freddo di Bologna.
La limitazione del materiale scrittorio: le parole sono davvero tutto.
Costruiscono la libertà!
Questo è l'insegnamento più importante di mio padre... l'essenza della sua politica"

"Qui in cella ho sognato papà, in una giornata di caccia.
Nel sogno ho otto anni. Mio padre dice che non può portarmi con lui perché sono di costituzione troppo gracile.
Lo vedo andar via sul suo cavallo saraceno di nome Drago e il falcone sulla spalla.
Si allontana sorridendo e mi promette che mi porterà un bellissimo trofeo.
E mi sono svegliato con le lacrime agli occhi."

"Se vuoi aprire il tuo cuore, figliolo, raccontami della tua famiglia...".

"Dicevo, sì, della nascita... la nonna, Costanza d'Altavilla, era una donna piuttosto originale.
Aveva deciso di partorire suo figlio nella piazza principale di Jesi, sotto una tenda da campo...
Si può dire di papà che sia un imperatore nato per strada e che la strada lo abbia poi educato... Singolare, no?
Dopo tre anni muore il nonno e Federico II di Svevia è automaticamente incoronato re di Sicilia.
Costanza, che sa bene il fatto suo, affida papà al papa Innocenzo III e dopo pochi mesi muore anche lei.
Sicché papà resta solo all'eta di tre anni.
Dopo poco tempo il Casato degli Altavilla è letteralmente allo sbando, il Papa abbandona il re-bambino che così si ritrova da solo, a vivere un'infanzia per le strade di Palermo, dove si mescolano ebrei, cristiani e musulmani provenienti da tutti i paesi del Mediterraneo.
Papà lotta per la sopravvivenza e soprattutto impara dalla gente le diverse lingue e culture.
Nonostante il privilegio, sulla carta, di avere ancora dei precettori a dodici anni, patisce la fame e vive di espedienti, bighellonando nei vicoli di Palermo alla ricerca di cibo...
Gli usurpatori del suo trono, i tedeschi di Marcovaldo, affamano lui e la sua gente.
Ma dalla vita di strada impara moltissimo: gli usi, i costumi e, come già dicevo, la lingua delle popolazioni cittadine: siciliani, saraceni, normanni, greci, tedeschi ed ebrei.
De arte venandi cum avibus, dove espone le sue tesi naturalistiche in barba a tutto l'aristotelismo!

"I disegni del Signore non sono sempre chiari alla nostra comprensione, per questo ci affidiamo alla Provvidenza...", sospira il Cappellano.

"La sconfitta di Fossalta mi fa ancora male!
Eppoi... temo che i bolognesi mi faranno morire in catene... condannato fino alla fine dei miei giorni nelle segrete di questo palazzo!
Bologna è asservita a Innocenzo IV e fintanto che non sarà ritirato il provvedimento di scomunica contro mio padre, a nulla serviranno i tentativi diplomatici per ottenere la mia liberazione.

"Parma è devota al nostro Pontefice... ci sono alleanze familiari... le rivolte ne sono la logica conseguenza", riflette il Cappellano.

"Sì! Rivolte ci furono in diverse città italiane così come pure in Germania...", ricord� Enzo.
"In quest'occasione sentii che potevo fare qualcosa per mio padre, venire in suo soccorso.
Il regno era stato ferito, forse mortalmente, e io sentivo la responsabilità di difenderlo.
Forse per la prima volta mi permisi di badare io a lui... il quale poco permetteva di esser soggetto a cure altrui.
In proposito, non ricordo di aver mai visto mio padre stare male.
Mai un raffreddore o altro malanno.
Lo sa che mio padre ha una grande conoscenza medica?
Ha studiato l'intera opera di Ippocrate e possiede una grande biblioteca di testi di medicina e di filosofia.
Se penso invece a come sto vivendo in questa lurida prigione...
La mia cella è un letamaio infestato da topi e pulci.
Inutile dirvi che nessuno si cura di me... e sono due mesi che indosso le stesse vesti.
Chiudo gli occhi e sogno il profumo del mare, dei gelsomini in fiore portati dalla brezza pomeridiana, dei tigli a primavera e degli unguenti odorosi che nella nostra corte abbondando e che le donne usano per lenire le fatiche dei guerrieri che tornano provati dalle guerre."

 

 

 

 

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