Una cronaca di Federico II

[Racconto di Paola Manoni]


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durata 23 minuti - Credits

Parla Jasmina:

Qui nell'harem di Federico II, la nostra compagna Lyria, che viene dall'Egitto, sostiene che dalle sue parti l'aloe sia da sempre considerata come pianta dell'immortalità.
Sembra che le regine Nefertiti e Cleopatra utilizzassero l'aloe per accrescere la loro bellezza e leggiadria.
Anche gli Ebrei, dopo anni di schiavitù in Egitto, ne carpirono i segreti, tant'è che il Re Salomone la coltivava per le sue proprietà aromatiche e terapeutiche.
Sono così insicura perché non sono certa di corrispondere ai desideri dell'Imperatore... L'altra notte è venuto nelle nostre stanze.
Mi sono svegliata, subito dopo l'alba e ho trovato una rosa bianca sul cuscino. E' il segno che lascia l'Imperatore quando sceglie una ragazza.
Brigida, dai capelli color del grano, percepisce il mio turbamento e mi conforta.
Io ripongo molte speranze perché dall'incontro amoroso spero di poter avere qualche concessione e spiego il mio desiderio di imparare a leggere e a scrivere.
Come favorita dell'Imperatore... potrei avere questo privilegio.
La mia compagna non capisce e dice che nessuna donna dell'harem, prima d'ora, è stata mai istruita.
Ma questo, ribadisco io, non è un harem di un sultano e Federico è un imperatore che ha già dato molte prove di originalità e, perché no?, potrebbe anche permettere a una donna di iniziare a studiare!
La nostra discussione si allarga e allora interviene Sara, la nostra mater... cioè la più anziana di noi, responsabile dell'harem:

"Jasmina... sei ufficialmente richiesta da Sua Altezza Imperiale...",
alle sue parole mi batte forte il cuore, "Seguimi, dovrai indossare dei gioielli... Vediamo.... sì. Hai un collo sottile... la collana di smeraldi, sì.... che piace molto all'Imperatore...
Suvvia, non perder tempo! Hai già perso la voce per l'emozione?"

Seguo Sara in uno stato di semi incoscienza.
Arriviamo alla Sala del Consiglio... E' lì.
Lo vedo di profilo, davanti alla scacchiera, intento a muovere la regina nera... ho sentito dire che è un abile giocatore, che sfida i saraceni. Vinse anche il grande filosofo Ibn-Sabìn.
Sara s'inchina ed esce. Mi lascia sola, in fondo alla sala.
Federico alza lo sguardo. Lascia cadere dalle mani la regina.
Io m'inchino.
Lui s'avvicina. Ho lo sguardo basso, sento solo risuonare i suoi passi.
Ho ancora la schiena piegata nell'inchino e, per la seconda volta, non respiro mentre il cuore mi batte nelle orecchie.
L'Imperatore domanda come mi chiamo. E rimango esterrefatta... perché l'imperatore parla siriano... la mia lingua!
Dico giusto il mio nome... poi mi prende dolcemente il mento per farmi alzare lo sguardo.
Ma è più forte di me... non riesco a sostenerlo... è vicinissimo.
Con l'altra mano mi accarezza il collo, toccando con le dita gli smeraldi della collana che indosso... e, senza saper bene come, percepisco le sue labbra sulle mie che si sciolgono in un bacio dolcissimo.
Il suo respiro si fa corto. Mi stringe a sé.
Sento intensamente il suo odore.
C'è poca luce nella stanza.
Le dita delle tenebre si allungano verso di noi. Io ne sono inghiottita. Ma, all'improvviso, un rumore d'armature corre nel corridoio... e si arresta discretamente sulla soglia della sala.
Federico mormora vicino le mie orecchie qualcosa in una lingua che non conosco... forse in tedesco.
Respira e dolcemente si stacca da me.
L'imperatore comanda di entrare... ha un tono fermo ma conclude con un sospiro.

Un militare, con uniforme di altro grado, avanza fino al centro della sala mentre io cerco di sistemarmi il vestito e mi ritraggo in un angolo.
L'uomo d'armi ha una notizia importante: il Papa, Innocenzo IV, ha formalmente scomunicato e deposto l'Imperatore.
Vedo Federico irrigidirsi e serrare i pugni mentre apprende le brutte notizie.
A nulla sembra essere valsa la mediazione dei consiglieri di pace di Luigi IX, re di Francia, né della mediazione del gran giustiziere Taddeo di Sessa.
Le città del Nord sono già in subbuglio e si temono rivolte.

L'imperatore reagisce invocando subito la protezione per suo figlio Enzo, che si trova a Reggio.
Io, lo confesso, seguo questo discorso con le mani sulla testa, in un angolo: sono terrorizzata.
Gli uomini armati mi mettono paura: mi fecero prigioniera da bambina, con mia madre e mio fratello quando ancora eravamo nel mio paese.
Non voglio dirvi come io sia arrivata nell'harem, e non so nulla della sorte della mia famiglia.
I due uomini continuano i loro discorsi.
L'Imperatore deve partire, riunire le forze ghibelline e tenere l'ordine dello stato in Germania.
Deve attraversare la Pianura Padana per evitare l'opposizione accanita e senza quartiere che Innocenzo IV potrà causare nelle città.
Poi l'uomo d'armi si rende conto della mia presenza e sguaina la spada.
Ma l'Imperatore mi rassicura... e ancora rivolgendosi in arabo mi dice dolcemente che ho il permesso di ritirarmi.
Mi alzo e, attenta a non fare il minimo rumore, a piccoli passi, in punta di piedi, scivolo verso l'uscita.
Oltre la porta lo guardo. Ne sono affascinata.
La Luna è alta nel cielo.
E' una notte limpidissima e io non ho sonno.
Ripenso a quel bacio intenso che è rimasto stampato sulle mie labbra.
Mi domando se l'Imperatore partirà stanotte o se attenderà le prime luci dell'alba.
Sono distesa sul letto e sogno a occhi aperti.
Da un letto non adiacente al mio, sento qualcuna che russa... accidenti!
Poi non ci bado e proseguo il mio sogno.
Vorrei tanto potermi attardare la sera, alla luce di una candela, nella lettura... sembra che nei codici, oltre che nelle stelle, vi sia scritto il segreto del mondo.
Io, io vorrei scoprirlo!
Ho sentito dire che l'imperatore ha fondato una scuola. Si chiama Università ed è a Napoli. E' lì che si formano i giuristi e i politici della Corte.
Il sonno inizia a farsi sentire. E prima che io cada nell'oblio della notte sussurro nella mia lingua:
"Federico, mio signore, attendo il tuo ritorno.
E per l'amore che da me prenderai, studiare, forse, mi concederai..."

 

 

 

 

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