La Pulzella d'Orléans

[Racconto di Giovanna Gra]


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durata 24 minuti - Credits

Parla Guillaume Desjardins, dottore in medicina:

Ricevetti una visita furtiva, niente di meno che dal conte di Warwick. Il conte era un uomo dai modi cortesi ma che nascondevano un'anima rude e priva di pietà.
Mi recai nel luogo indicatomi e fui introdotto in una cella buia. L'odore di muffa e di sangue rappreso era orribile e sinistro. Poi, alcuni soldati accesero delle torce e, in fondo alla stanza, vidi una gabbia nella quale era rinchiusa una ragazza.
Provai un'immensa pena perché, nonostante le sue condizioni, doveva trattarsi di una donna giovane; non doveva avere più di diciotto anni.

(angosciato) "Perché la tenete così incatenata? Non basta questa cella?"
Un soldato brusco decretò che non aveva ordine di rispondermi.
(incalzante) "Almeno ditemi chi è. Come si chiama?", domandai indispettito. L'uomo tacque.
Andai oltre.
(freddo) "Così non posso visitarla."
L'uomo, controvoglia, liberò la giovane ma dovette sorreggerla. Poi, con evidente fastidio, mi chiese cosa dovesse farne.

(operativo) "Ho visto una branda, laggiù. Stendetela lì", risposi avanzando. L'uomo mi fermò, batté i piedi molte volte e fece fuggire nugoli di topi. Quindi, prese la ragazza e la lasciò cadere sul giaciglio.
La povera gemeva e non pareva molto in sé mentre continuava a chiedermi se fossi Padre Martin. Al mio diniego vidi la disperazione nei suoi occhi. Doveva assolutamente confessarsi. Poi si contorse dal dolore e, piegata su un fianco, rimise tutto quello che aveva mangiato. Il milite la guardava annoiato.
(preoccupato) "E' da molto in queste condizioni?", gli chiesi. L'uomo fece un gesto di stizza sputando nella paglia la sua diagnosi.
Mi disse che era un male temporaneo, in capo a due giorni si sarebbe rimessa perché era una creatura del diavolo, perciò non poteva morire.
Quando rimisi piede nel mio studio, qualcosa mi disse che in quella stanza non ero solo. Infatti, chiusa la porta, vidi la lanterna accesa e trovai il conte seduto presso la mia scrivania. Gli chiesi come avesse fatto a entrare e lo chiesi con cortesia, nascondendo il fastidio, per puro timore.

(angosciato) "E' colei che temo, signor conte?"
In tutta risposta mi prese in giro. Mi chiese se mi ero fatto impressionare da una ragazzina.
(sulle difensive) "No, certo che no, ma... visto che non ha l'aria di una cortigiana del re, signore, vorrei conoscere la sua identità."

(ansioso) "E' la Pulzella?", insistetti io. Con aria di sfida mi chiese se lo ritenessi possibile.

(deciso) "Sì. Io dico che lo è. E dico che ho veduto una donna ridotta in un tale stato di degrado che neanche fra le bestie...", risposi scaldandomi.
Rise. Mi disse che lo avevano informato di quanto avessi il cuore tenero.
(incalzante)"Sottovalutate quanto vi dico, signore!"
Con totale distanza, mi chiese ancora una volta quanto sarebbe sopravvissuta. Ammisi che, in quelle condizioni, non potevo prevederlo. Annuì e fece per alzarsi e, per la prima volta, pronunciò il mio nome.
(solenne) Il mio nome, si metta agli atti, era Guillaume. Mi disse anche che ero il più capace, ma che al posto del cuore avevo un pezzo di pesce morbido e tenero come le membra di un neonato. E questo lo faceva dubitare della mia lucidità.
(disperato) "Sono solo un medico, signore...", mormorai con rabbia. Ammise di essere rinfrancato dalla mia consapevolezza, perché la ragazza doveva sopravvivere e, da quel momento, era affidata alle mie cure. Come avevo sospettato sin dall'inizio, mi confermò che non era in gioco l'ipotesi di non riuscire. E me lo disse con veemenza, sbattendo i pugni sul tavolo.

(alterato) "E' grave! Avrebbe bisogno, come minimo, di un salasso!", incalzai prendendo fuoco e ripetendo ancora una volta che non sapevo quanto e come la ragazza avrebbe retto la cura. Mi rispose secco che era per questo che si stava rivolgendo al più bravo.

(amaro) "Non cercate di lusingarmi, perdete il vostro tempo!"
Senza interruzione, ma con un sibilo, il conte diede libero sfogo alla sua rabbia.
Disse che la ragazzina era insolente ed era sotto processo, e che quel processo sarebbe stato caro alla Francia quanto all'Inghilterra.

(ostile) "La vita non si cura di queste cose, signore", replicai calmo, "e io non possiedo le virtù dell'Onnipotente."

(ostile) "Ho anche bisogno di sapere se è vero che le è stato propinato del pesce avariato."
Ammise che poteva essere possibile. Disse che la giovane era molto riottosa, forse il giudice mirava a spossarla fisicamente, forse volevano renderla più docile.
Con sottile apprensione mi chiese quanto avremmo dovuto attendere per sapere l'esito del salasso.
(professionale) "Quattro giorni per capire se vivrà. Ma certamente non starà in piedi prima di venti."
Quindi ,dopo una pausa, mi feci coraggio e chiesi:
(timoroso) "Quale sarà il suo destino?"
Rise del fatto che non avessi ancora capito. Mi disse laconicamente che doveva essere sana e salva... per salire sul rogo.

 

 

 

 

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