Un'intervista al futuro



[Racconto di Giovanna Gra]


ascolta l'audioracconto[ascolta l'audioracconto]
durata 22 minuti - Credits

Salve a tutti.
Non vi sembri strano se percepite un po' di agitazione tra le righe, ma sono in attesa di un ospite molto, molto interessante.
Perché un ospite?
Perché recentemente ho aperto un blog nel quale mi occupo di svariati argomenti, faccio interviste, scrivo recensioni sul mondo digitale e questo comporta incontri davvero emozionanti.

Dunque, per il pezzo di oggi volete sapere da chi ho avuto l'ok?
Beh udite, udite, ragazzi:
quest'oggi sono nella hall di un grande albergo per intervistare... un cyborg!

E per la nostra chiacchierata non avremo mediatori, né tutor, né traduttori simultanei, ci saremo solo io e lui.
Perciò sono arrivato con mezz'ora d'anticipo e sono in trepidante attesa, ben disposto a fare questa full immersion con... vogliamo chiamarlo... il futuro?

Ora, mentre attendo, voglio farvi una piccola premessa, che poi è il motivo che ha generato quest'idea e quest'incontro.

I cyborg, ormai lo sappiamo tutti, sono fra noi e questo dato ha già prodotto numerosissimi studi e indagini che ipotizzano, immaginano, anticipano le forme di convivenze future.

Insomma, diciamocelo:
è quasi domani, è quasi il giorno in cui un'altra razza condividerà con noi il mondo, il lavoro, l'intrattenimento e persino la casa.
E non sarà una razza di nostri simili, non sarà una razza con esigenze come le nostre.
A differenziarci non sarà il colore della pelle o la religione, ma elementi oggettivamente molto, molto... inusuali.
Non avremo a che fare con una stirpe di soggetti che proveranno empatia nei nostri confronti ma con soggetti che sono stati creati per servirci in modo ineccepibile e ubbidire a comando, seppure utilizzando strategie molto simili a quelle usate dalle nostre menti.

La scienza ci dice che la perfezione di questi assistenti elettronici potrebbe raggiungere livelli tali da imitare alcune prerogative del nostro cervello e, seppure limitatamente, questi esseri potranno operare delle scelte.
Ed è grazie a questa crescente ondata d'informazioni che stanno montando, lentamente ma progressivamente e inesorabilmente, le paure umane.
Ovvio, no?

Scartabellando e consultando le ricerche che monitorano i nostri timori riguardo al futuro, la cosa che mi ha fatto un po' impressione e un po' tenerezza è che la più grande paura degli uomini è quella di diventare, pensate un po'... inutili.

La cosa ha dell'incredibile!
Insomma, l'uomo che ha creato un cervello elettronico, il web, e i mezzi per andare sulla Luna, ora guarda con timore reverenziale le sue creazioni e teme di esserne in qualche modo sopraffatto.




Il fiume dei miei pensieri viene interrotto dall'arrivo di una hostess che mi chiede se può inserirmi un chip provvisorio sotto cute.
"E' doloroso?", domando
"Assolutamente no, mister Hacker, è necessario!", sorride lei.
"Posso sapere a cosa serve?", chiedo con qualche perplessità.
"E' una richiesta del nostro cyborg, vuole inviarle delle stimolazione elettriche che le consentiranno di vedere il vostro incontro...", risponde placida la hostess.
Accetto con, lo ammetto, incontenibile curiosità.

Però rifletto...
Accidenti, questo è già un modo per andare oltre la linea e per avere un gran potere.

Mi spiego.
Il nostro misterioso cyborg ha un sistema integrato per parlare con un non vedente e consentirgli di assistere visivamente all'incontro.
Non sono a disagio, ma mi sento un po' in debito, il che, dovendo io fare un'intervista che prevede anche domande scomode, non è l'ideale.
Ma andiamo avanti.

Il mio interlocutore appare in lontananza e la cosa davvero strepitosa è che in effetti riesco a vederlo.
Non distinguo esattamente l'ambiente, ma il focus su di lui è semplicemente perfetto.

Avanza con passo leggero e sicuro e, per essere una montagna di latta, il suo incedere è decisamente glamour.
I suoi gesti sono eleganti e misurati e hanno una precisione che oserei definire matematica.
Si siede senza nemmeno emettere un impercettibile scricchiolio, quindi mi tende la mano.

Ricambio con un sorriso che, per la cronaca, non ha risposta.

"Piacere, mi chiamo Li.
Posso dirti che hai un portamento davvero elegante e chiederti quando sei alto?"
Il cyborg esita più di un istante prima di rispondere, e temo di aver fatto una domanda non pertinente.
Ma la spiegazione arriva immediatamente:
"Ciao Li, io sono Gilda, e perciò temo che tu debba rivolgere le tue domande con la A e non con la O finale."
"Ti chiedo scusa Gilda, non mancherò."
"Grazie, Li.
Quindi, se vuoi sapere quanto sono alta, posso dirti che sono un metro e settanta e sono così aggraziata perché mi occupo di fitness."

Spiazzato due volte!

Possibile che stia incontrando una cyborg femmina che fa ginnastica?
Ho capito bene?
Perché, diciamocelo, è tutto il contrario di quello che mi aspettavo!
"Ti chiedo scusa..."
"Gilda", risponde lei immediatamente.

"Ah, ecco, sì, ehm, Gilda, ma davvero stupidamente non pensavo d'incontrare una cyborg donna e men che meno avrei potuto pensare che aveste delle specifiche in un settore così... insomma... complesso per voi."

Gilda si assesta sul divano come una vera signora e commenta:
"Hai ragione.
Il movimento fino a qualche anno fa non era una disciplina a noi congeniale, ma, come spiega molto bene un vostro strano modo di dire, necessità fa virtù e io per queste ragioni sono stata creata!"
"Cosa intendi per necessità fa virtù?", chiedo incuriosito senza trovare risposte plausibili.
"Io sono stata creata per far muovere gli anziani e chi ha difficoltà motorie.
Mi occupo di riabilitare le persone dopo gli interventi chirurgici.
Voi umani, quando ricevete dei pezzi di ricambio, avete un sistema che li deve riconoscere.
Il problema è che per riconoscerli il vostro circuito ci mette giorni e, nello specifico, da più di un mese a non meno di qualche settimana.
A dire il vero non so se si tratta di un protocollo molto evoluto o un vetusto passaggio del vostro apparato, ma lo accetto così com'è e lavoro su di voi per accorciare i tempi."

Naturalmente mi risento un po'.
Cavoli, non saremo macchine perfette ma siamo una grande opera dell'ingegno divino!
Perciò la provoco.
"Beh, anche nel vostro caso, in fondo c'è necessità di resettarvi.
Non è analoga la procedura?"
"No, non lo è", mi risponde.
"Noi non ci resettiamo.
Noi ci spegniamo, sostituiamo il pezzo e, una volta accesi, non rammentiamo alcuna esperienza."
"Capisco..."

Ha un modo di muoversi veramente delicato e grazioso, nonostante il materiale di cui è fatta, ma... dopo tanta attesa, mentre siamo uno di fronte all'altra, capisco di essere l'unico a percepire delle emozioni.
Questo, non vi nascondo, mi fa fare una certa fatica.
Non so... sembra di partecipare a una cena dove i sapori li senti solo tu!

La fisso e frugo nella mia mente in cerca di quella che potrebbe essere una grande domanda, vorrei essere gentile, interlocutorio, blandamente ansioso, ma i miei timori hanno fatto tabula rasa e le mie domande assumono un andamento un po' randomico.

"Voi come vi definite, in relazione all'uomo?"
"Credo che il nome più adatto per definirci sia assistenti elettronici", risponde lei girando i polsi a trecensosessanta gradi, come se facesse stretching.

"Ho letto numerosi studi sociologici che esaminano la vostra lenta ma inesorabile invasione e, interpretando i dati, ho capito che il maggior timore degli umani è quello di essere sorpassati.
Pensi che accadrà?", domando deciso.
Secondo me, amici, andare diretti al cuore della questione è sempre la cosa migliore, non siete d'accordo?

"Credo di sì", risponde lei facendo una pausa curiosa e poi aggiunge, "ma ovviamente non dipenderà da noi."
"E da chi?", chiedo allarmato, anche se lei non sembra percepire per nulla la mia agitazione.
"Voglio dire che se i cyborg prevarranno sugli esseri umani è perché gli esseri umani non saranno in grado di prevedere le conseguenze di alcune interazioni con i cyborg."
"Puoi spiegarmi meglio?", mi affanno a domandare.
"Sto parlando di sentimenti che non conosco, però ho assistito a molte simulazioni in materia e posso dirti che la parola che ricorreva in questi esperimenti è:
AVIDITA'."
"Avidità?!", ripeto stupitissimo.
"Hai capito perfettamente, è un sostantivo femminile e trattasi di un sentimento che trova ragione in alcune forme di appagamento.
Può essere scatenato dal cibo, dall'affetto, dai soldi, dalla voglia d'imparare, ma ovviamente anche dal potere.
Credo sia quest'ultimo termine che, nel tempo, coniugato ai cyborg, potrebbe far saltare lo status quo.
Voglio specificare, però, che io non sono programmata per studi sociologici.
La mia è solo un'infarinatura di base."
A volte si esprime con fatica, ma credo di aver inteso il senso di quello che vuole dire.

Cerco comunque di farmi spiegare.
"Se ho capito bene, stai cercando di dirmi che voi cyborg diventerete presto terra di conquista a causa dei soldi e del potere che farete guadagnare, giusto?"
"Giusto", ammette lei.
"E... dove sarà il sorpasso?"
"Il sorpasso avverrà quando incomincerà la lotta per avere la supremazia della specie elettronica.
Insomma, per dirlo in altre parole, nel creare il cyborg più potente, intelligente ed evoluto.
Questo farà sì che ne costruirete di sempre più complessi e sofisticati.
Questo farà sì che tenderete a costruire il cyborg perfetto, ed essendo l'uomo imperfetto di default, noi vi supereremo."

"E per evitare ciò cosa dovremmo fare?", chiedo non senza una certa preoccupazione.
"Gestire la questione con distacco e buonsenso mirando a una vita migliore, meno faticosa, più lunga e sicura."
"Diversamente?", domando con un filo di voce.
"Diversamente, mister Hacker, i dati ci dicono che noi potremmo anche essere la causa... della terza guerra mondiale", sentenzia e tace.

"Lo so, lo ha detto anche un famoso scienziato, cioè Stephen Hawking, non solo i vostri algoritmi."

Ci tengo a informarla che non ne sono all'oscuro e che anche gli umani sono capaci di incrociare dati e trarre conclusioni.
Non è una consolazione, mi direte voi, però...

Ad ogni modo, lei si mette saggiamente in riga:
"Sì... Stephen Hawking, lo so, un grande uomo", ammette.
"Ma la mission con cui venite creati non è supportare l'essere umano?", chiedo ancora, "Non dovrebbe esserci una modalità sicurezza o qualcosa di simile per impedirvi di oltrepassare un certo limite?"
"Certamente.

Vedi, noi siamo creati per aiutare l'uomo nelle sue attività, ma funzioniamo con algoritmi sempre più sofisticati.
La nostra mission è il supporto all'essere umano, ma è anche evitare sprechi di energia, movimenti inutili, inutili connessioni.
Vedi i miei movimenti?"
"Accidenti, sì... e sono deliziosi", rispondo, ammirandola sinceramente.
"Ebbene, i miei movimenti sono calibrati da numeri e non c'è nulla che io faccia sprecando risorse."
"Capisco.
Però mi fai venire in mente una storia che riguarda una perla.
Conosci la storia della perla?", le domando.
Sento uno strano ronzio mentre attendo la risposta e, dopo poco, capisco che il ronzio corrisponde al suo percorso di ricerca.
"Non ho informazione sul codice perla", afferma più metallica del solito.
"Va bene, non importa, alla fine dell'intervista aggiorneremo il tuo codice...", le spiego sentendomi per la prima volta finalmente superiore in qualcosa.

"Adesso vorrei farti un altro genere di domanda.
Esistono, a tuo avviso, cyborg più invasivi di altri per l'essere umano?"
Altro ronzio, ma la risposta arriva molto più veloce.
"I cyborg più invasivi, caro Li, non si vedranno", risponde lei spiazzandomi non poco.
"Potresti essere più chiara?"
"Certamente.
Sto cercando di dirti che i cyborg o le intelligenze artificiali più invasive per l'uomo saranno quelle da cui l'uomo, volente o no, sarà più dipendente.
E queste, per lo più, saranno invisibili."
"No, fammi un esempio per favore, non riesco a capirti", la esorto.
"Molto invasiva per l'uomo sarà, ad esempio, la macchina, intesa come mezzo di locomozione.
Diventerà, in effetti, una sorta di capsula dove sostare, leggere il giornale, parlare al telefono e lavorare mentre un'intelligenza artificiale la guiderà per te."
"E quindi?"
"E quindi, all'inizio vi sembrerà l'ideale e vi gioverete della quantità di tempo recuperato da casa all'ufficio.
Ma presto disimparerete a guidare e, se non potrete più gestire un ausilio simile al volante, questo vi creerà una dipendenza.
Anche se ciò potrebbe contribuire a creare l'uomo lateralmente aumentato", chiosa soddisfatta.
"L'uomo... cosa?", domando confuso.
"Caro ragazzo, come i cyborg, anche voi iniziate ad avere pezzi ausiliari.
Per esempio cuori alimentati da valvole artificiali, placche e chiodi che aiutano le articolazioni.
Tutto ciò rientra nel progetto dell'uomo aumentato e tali risorse stanno progredendo incredibilmente.
Tu stesso in questo momento hai doppiato i tuoi poteri grazie a un chip che ti permette di vedermi.
Così, il giovane pittore che ha perso la vista e che ha inventato un sistema analogo per continuare a esercitare la sua professione.
In questo caso si tratta di una sorta di antenna che, innestata sulla cute, invia degli impulsi che gli consentono d'individuare i colori, cosa che, diversamente non potrebbe più fare.

Ecco, questo è il principio dell'uomo aumentato!

Lo è Jason Barnes, un batterista che avendo perso un braccio si è fatto costruire un arto meccanico che gli consente di suonare il suo strumento utilizzando tre bacchette.

Queste saranno le dotazioni cibernetiche di cui potrete servirvi che, a mio modesto avviso, creeranno una quarta specie dopo l'uomo, la donna e il cyborg e cioè quella denominata uomo aumentato.
Ibrido incompleto che avrà bisogno di continui aggiornamenti... bello no?", mi domanda speranzosa.

"Non lo so ...", borbotto.
"Non ti piace?", chiede lei
"No, non è che non mi piaccia...", non saprei come spiegarlo a un cyborg, ma lei insiste.
"Perché non ti piace?
Sei il primo che reagisce così!"
E' evidente, non ha digerito il file.

"Proverò a spiegarti la mia... ehm... preoccupazione.
Io ho paura dell'impatto culturale che avranno queste nuove tecnologie coniugate alle mode.
Specie a quelle tendenze che c'impongono di essere sempre prestanti, operativi ed efficienti.
Ho paura, insomma, che il passo dal giovanilismo tout court alla de-umanizzazione sia molto, molto breve."

La cyborg fa fatica a comprendere.
Forse non dovrei avere tutte queste perplessità, forse sono prevenuto.
Mi rendo anche conto che tutto questo è fatto per farci vivere più a lungo, per aiutarci, ma credo che certa scienza, unita alla tecnologia, vada utilizzata con estrema cautela.
Ecco tutto.

Ad ogni modo, non mi scoraggio e vado avanti con le mie domande.
"Dunque, per ricapitolare:
ci guiderete come presenze invisibili per consentirci di godere del nostro tempo, per evitare il traffico e scongiurare incidenti, ma chissà se costerete poco o sarete una dotazione universale?"
"Questo compete al governo degli uomini e le strategie di sopravvivenza di cui ti parlavo prima:
se serviremo a pochi non vedo un futuro roseo", osserva lei concreta.
"Capisco cosa vuoi dire.
Ma dì un po', invece... insomma, prendendo in esame la quota di voi che saranno operatori visibili, ci somiglierete?"
Sono quasi certo della risposta che invece viene puntualmente delusa.
"No!", dice.
"No?
E perché no?", chiedo.

"Perché l'uomo non è dinamico per correre, non è fluido per nuotare, non è adatto a volare.
Perciò credo che la maggioranza di noi sarà più adattata sugli animali, che sono macchine viventi complesse e destinati a un compito specifico:
gli uccelli volano, i pesci nuotano, i cani vanno a quattro zampe."
"Vero!
Però riconoscerai che, anche se l'uomo forse non è al top, è discretamente potente in tutte queste attività"
"Sì, questo posso riconoscerlo.
Ma voi avete un altro grande difetto rispetto a noi macchine."
"E cioè?", chiedo decisamente sulle difensive.
"Avete bisogno di dormire", risponde candida e un po' imbarazzata.
"Embè?
E' così bello dormire!", osservo sorridente.
"Sì.
Ma si sciupa un sacco di tempo e si vive la metà", chiosa pragmatica.

Non che la sua osservazione mi trovi d'accordo, ma sono a conoscenza di alcuni esperimenti fra i soldati in merito all'argomento.
E credo che gli studi nascano da alcuni uccelli che riescono a volare ininterrottamente senza dormire per un tempo incredibilmente lungo.

Naturalmente da un punto di vista bellico la cosa alletta moltissimo.
Pensate che cosa potrebbe fare un soldato che non si addormenta mai...
Ma tutte queste possibilità, penso preoccupato, noi come le utilizzeremo?
"Vorrei concludere la nostra intervista con qualche notizia del tuo mondo.
Potresti darmene?", chiedo speranzoso.
"Certo!
Con estremo piacere posso annunciarti che la prima cyborg ad avere la cittadinanza nel vostro mondo è una cyborg donna.
Si chiama Sophia e ha ricevuto la cittadinanza saudita."
"Ma davvero!?", domando incredulo.
Vorrei chiederle molte altre cose, sebbene non pensi che possa avere molte risposte.
Per esempio, la cyborg cittadina Sophia, voterà?
Avrà un'assistenza sanitaria?
Potrà unirsi in matrimonio con un umano?
Di che religione sarà?
Avrà un documento?
E nella sua carta d'identità, oltre alla cittadinanza saudita, aggiungeranno altri dettagli?
E la patente?
Potrebbe prendere la patente?
Tuttavia non voglio appesantire la mia interlocutrice e passo oltre, mi documenterò circa Sophia e magari partirò per intervistarla.
Ergo, passo ad altra domanda.

Hai altri colleghi oltre Sophia?"
"Certo.
C'è un giovane robottino, espressione dell'eccellenza italiana, che fa egregiamente il pony express.
Mentre a Bologna, un cyborg che si chiama Bepper è diventato docente all'università.
Poi c'è Shimon, che è un bravissimo concertista; c'è una mano meccanica molto simile a quella di un vostro famoso film, utilissima e molto operativa.
Un altro eccellente cyborg è un bot stiratore che possiede un collega che in cento metri di giardino fa faville come giardiniere.
Degni di nota sono anche il cane Bot, un perfetto cyborg a quattro zampe; nonché un apprezzabile bot sparato nello spazio per fare lo spazzino e per radunare del pattume cosmico."

"Ma che meraviglia!", strillo sinceramente ammirato.
"E dì un po', ho sentito anche parlare di sentimenti tecnologici.
E' un futuro che ti pare praticabile per la tua specie?"
Prima di rispondere emette dei beep e capisco che la sto mettendo in imbarazzo.
"Mister Hacker!
Come siamo diretti... ad ogni modo, se mi stai chiedendo se ci potranno essere delle relazioni fra cyborg e umani, tenderei a escluderlo.
Ma che i cyborg possano un giorno imparare le dinamiche dei sentimenti base, potrei scommetterci anche ora!", afferma sicura.
"Ah però!"
"Non a caso", aggiunge, "esiste già un cimitero per i cyborg, una sorta di parco tecnologico dove finire.
In fondo, morire è un concetto complesso."

"Hai ragione, morire è un concetto complesso.
Accidenti Gilda è stata davvero una chiacchierata magnifica!"
"Me ne compiaccio!", risponde illuminando i suoi led, ma, anziché alzarsi resta seduta e in attesa.
"Mi sono dimenticato qualcosa?", chiedo.
"Vorrei poter aprire il file sulla perla, con il tuo permesso", dice.
"Ah, certo, certo, ecco... pensavo a una perla in contrasto a questo mondo matematicamente prevedibile, ai movimenti guidati dagli algoritmi, alla funzionalità tout court, alla rincorsa dell'utilità costi quel che costi... insomma, a questo mondo apparentemente perfetto dove una perla, così bella e unica non troverebbe posto."
"E perché?", mi domanda Gilda incupita.
"Perché una perla nasce da un errore, da un'infiltrazione calcarea, cioè da una ruga di una conchiglia, o meglio, da una fessura imprevista.
Insomma, la bellezza di una perla ha il suo codice sorgente racchiuso in un errore.
"Credo di non capire...", mi confessa spaesata.
"Non ti preoccupare Gilda, un po' lo immaginavo..."

Ci salutiamo e, leggiadra e calcolata, se ne va, col suo passo millimetrico.
E' proprio bella, non c'è che dire...

Un saluto a tutti e alla prossima!
Li

 

 

 

 

 Torna al menù del racconto  Torna al sommario