Il robot Leonardo

[Racconto di Giovanna Gra]

 



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durata 15 minuti - Credits



Beh, devo ammetterlo, a volte il web ha una velocità che non mi sento di rispettare.

Tempo fa, ricordo di avervi inviato un mio report dove raccontavo di alcuni siti in cui si poteva visitare il passato.
Beh, quest'informazione mi ha tormentato per molti giorni e così,
nottetempo sono diventato un cacciatore di ricordi.

Ho attraversato il guado del fiume Fu.
Ho scoperto che è un fiume lento e immobile che ogni giorno si allontana sempre un po' di più dalla sorgente della memoria per proseguire, e poi affluire nel mare dei ricordi.
Mi sono avventurato nei lontani deserti del già accaduto, spinto dalle poderose folate dei venti anteriori.
La cose di ieri affondavano in scogliere e dirupi fra i flutti delle poderose e indomite onde precedenti.

In questo paesaggio così lunare ed estraneo ho incontrato un uomo.
Un uomo anziano.
Mi è venuto incontro con la sua barba lunga e bianca.
Indossava, esplorando al tatto, una sorta di saio e aveva un sorriso sincero e candido, lo stesso, ho pensato io, che doveva avere da bambino.

"Che fai costì?", mi ha chiesto.
"Ammiri le ombre, le cose remote e i loro colori?"

Ero molto, molto intimidito, perché dentro di me stava nascendo uno stupito, incantato, meraviglioso sospetto...

Io conoscevo quell'uomo... insomma, lo avevo già incontrato...

"Già", ho risposto
"E' bello qui."
"Anch'io lo facevo quando ero come te piccino", disse sedendo accanto a me.
Poi, schiarendosi la voce, ha continuato:
"Ho immaginato molte cose nella mi' vita, e 'l mi' occhio l'è quello dei contemplanti.
Tu guarda là, per esempio, come s'inchina quell'ombra maestra.
Pare una damigella della luce al cospetto della regale e piatta scogliera..."
Non riuscivo nemmeno a deglutire... più ascoltavo quel signore e più la sua faccia e il suo modo di parlare mi convincevano che lui...

"Orsù citrullo, cos'è che ti spinge in terre si lontane?

E com'è che mi fissi immobile col volto tapino, dove tutto par si sia dileguato, fin'anco l'ingegno?"

Aveva ragione.
Da qualche minuto mi sentivo come se il viso mi si fosse trasformato in una sintesi vocale, e sul dispositivo suonasse in loop la descrizione della mia espressione più idiota.
Ma, accidenti, quello che avevo davanti (e ora ero sicuro di non sbagliarmi) era il grande maestro Leonardo Da Vinci!

"E però, se fissi quelli monti per elucubrare lo capisco.
Anch'io lo fo' spesso.
C'ho anche scritto in merito e circostanziato a lungo, ovvero:
come i monti ombrati dai nuvoli partecipano del colore azzurro...
O forse t'interessa?"

Lo ascoltavo basito.
Alla fine mi feci forza.
"Sì, certo maestro.
In realtà sto navigando per questi lidi per pura curiosità.
E in verità son un ragazzo non vedente, ma in un certo senso riesco a vedere lo stesso quello che voi raccontate."
"Ah... benedetta fantasia eh?
Ma io ti capisco bene sai..."
"La curiosità è cosa buona, è pane per il mistico", disse sospirando.
Mi limitai a sorridere.
Naturalmente, anche lui era curioso e, indicando il mio computer, chiese:
"Cos'è quella scatola che tu pigi in continuazione?"
"Un computer, maestro."
"Un che?"
"Un computer, maestro.
Una scatola meccanica..."
Me lo sfilò dalle mani, incominciò a ispezionarlo, mi chiese i perché e i percome seguendo perfettamente le mie deliranti spiegazioni, per poi lasciarmi di stucco...
"Anche io c'ho ragionato sulla meccanica",
"...E a lungo, ti dirò.
Nello specifico sulla meccanica umana, perché l'omini son davvero perfetti congegni con tutte quelle lunghe leve che si le 'ncroci diventano abbracci
e si le distendi, dal piede ai ginocchi, son mirabili salti."

"Beh", dissi io timidamente, "l'uomo è una bella invenzione...
e, con tutto il riguardo per il cielo, sarebbe potuto essere una sua idea, maestro."
Sembrava lusingato dalla mia affermazione, quindi si avvicinò con aria furba e mi sussurrò:



"No che non l'ho inventato, l'uomo...
però, debbo ammetterlo, da giovinetto ci disegnai un replicante."
"Davvero? E cioè?"
Lui si accomodò le pieghe del saio e incominciò a raccontare.

"Se non ricordo male c'era una festa alla Sforzesca di Milano.
C'era bisogno d'eventi e festeggiamenti.
Io, da par mio, rimuginavo e rimuginavo:
cosa fo', cosa non fo'... e così mi dico:
alla festa ci vo', ma in compagnia di un bell'automa cavaliere, voglio vedere le facce delli presenti.
Così mi ci metto d'ingegno e di sapere.
Mi fo' tutto uno studio delle membra degli uomini gnudi, delli moti potenti e impotenti dei loro piegamenti.
Fo' un simposio sui riflessi del tirare, dello spingere e del serrare le giunture.
Poi mi occupo della grazia, della gravità, della comodità delle membra e del gesto con l'impeto e del relativo moto."

"E poi?
"L'avete realizzato l'automa cavaliere?"
"Maremma, sì!
I posteri, malvagi, non lo dicono, ma certo che egli ci fu!"

Il maestro si alzò in preda all'entusiasmo per descrivermi la sua meravigliosa creatura.

"Egli c'aveva, invero, li piedi, e s'elevava alzato come fosse un vero umano.
Le braccia si manifestavano come l'ali, la testa la moveva con cognizione e le mascelle in su e in giù.
Poscia, grazie a dei tamburi messi in loco al posto del cuore, esso tentava financo di cimentarsi co' la parola.
Naturalmente non era ignudo, era vestito di ferro, dall'elmo allo schiniere, al di fuori.
Dentro, rivestito di pelle, legno e metallo.
Po' misi dei tendini pe' cordini e qualche muscolo di legno di ciliegio.
Quindi gli posi un orologio nelle visceri, che non si sa mai."

"Meraviglioso!""Accidenti, quanto avrei voluto vederlo!
E poi ne fece degli altri?"
"Maremma, sì!
Progettai financo un leone della foresta quale automa animale, ma anche di questo i posteri danno notizie false.
Ma il mio leone c'era con cotanto di ruggito e pelliccia.
Però...", "...ora sono stracco e vecchio, ne parleremo un'altra volta mio bel citrullo, che mi sto seccando delle mie parole e l'ombre avanzano sui nostri crani.
Ciò suggerisce che lo sole s'è eclissato e io lo imiterò."

E così mi salutò e scomparve.

Sono rimasto solo sul mio terrazzino, troppo eccitato per andare a casa, troppo esterrefatto per spegnere il mio portatile.
E così, incomincio a indagare...
domanda:
ma se Leonardo ha inventato un robot, da quanto tempo l'uomo cerca d'imitare se stesso?

Ma qual è, mi chiedo, la definizione di robot?
Direi che si può definire robot un congegno assolutamente artificiale, programmato, assemblato e organizzato.
Tale congegno viene tarato per effettuare delle azioni e questo è il suo compito esclusivo e principale.

La ragione per cui penso che i computer ci abbiano sempre affascinato è che ci ricordano i nostri giocattoli, e chi non avrebbe voluto scambiare quattro chiacchiere con l'orso di peluche, prima di andare a dormire?

In fondo, l'uomo è sempre in cerca del suo specchio, del suo doppio, di un alter ego.
E forse non è un caso che per tanto tempo si sia posto l'annosa domanda:
Chi sono?
O meglio, sono davvero questo?
Sono, ossia, il risultato di un disegno, di una macchina perfezionata dall'altissimo genio?
O sono fatto della pasta dello spirito?
E dunque:
è la materia tangibile di cui sono fatto o l'anima impalpabile che sento abitare dentro che produce la vita e che mi muove?

Mentre si ponevano questi amletici e insoluti quesiti, però, gli uomini hanno continuato a immaginare, a creare, a inventare degli altri loro stessi.

E cominciarono, addirittura, dall'antica Grecia.
All'epoca di Erone di Alessandria, in un trattato meglio conosciuto come
Pneumatica, questi progettò addirittura le prime braccia meccaniche per facilitare l'apertura delle porte di un tempio.


Fantastico!

Anche nel mito di Pigmalione e Galatea si nasconde lo strenuo desiderio dell'uomo di dare la vita alle sue creature inanimate.
Pigmalione, re di Cipro, nonché abile scultore, un giorno plasmò dalla creta la statua di una donna meravigliosa.
La chiamò Galatea.
Nel corso dei giorni, levigando e lavorando attorno alla sua opera, Pigmalione se ne innamorò.
La statua lo aveva rapito e ammaliato a tal punto che egli si spinse fino al tempio, presso gli Dei, con un segreto desiderio.
Pregando e scongiurando i signori del cielo per essere esaudito, il re di Cipro riuscì a ottenere, niente di meno, che la vita per la sua creatura.
Ora, la sua statua possedeva un'anima!
Quindi, una volta al cospetto della sua Galatea sorridente, Pigmalione la condusse presso l'altare e la sposò.

Una storia molto romantica...

Scopro che nel XVII secolo, fra coloro che si dedicarono all'esplorazione e alla creazione di certi meccanismi ci furono molti orologiai.
La cosa non mi stupisce affatto.
Molti fra questi si chiamavano Giovanni Battista, tanti vivevano in quel di Venezia ed erano maggiormente noti con il curioso soprannome di Giobatta maestro orologiaio.

Oggi le cose sono cambiate.
Il computer, tanto per restare in tema di macchine, è diventato un oggetto indispensabile per moltissime persone e un elemento domestico irrinunciabile.
Ma i robot, invece, che strada hanno preso?

Beh, signori, c'è solo l'imbarazzo della scelta!
Nelle sterminate pianure del futuro.
Oltre le praterie del domani.
Negli incredibili canyon dove tutto ancor deve aver luogo.
Al crocevia dei venti venturi, oltre gli orizzonti del compiersi,
nei limpidi cieli del domani...

Gli uomini hanno disegnato migliaia di creature a imitazione di loro stessi.
Un esercito di replicanti ove ciascuno ha un compito e una missione.
Tutti al lavoro per il bene comune.
Tutti in attesa di eseguire i programmi a cui sono stati destinati.

E ce n'è per tutti i gusti:
dal robot spazzino, che sembrerebbe un'invenzione tutta italiana, al robot tascabile.
E poi il robot cane, la cui missione è quella di svolgere vita da quadrupede e il robot bambino, disegnato per gattonare su e giù.

Di recente, alcuni hanno assunto le forme della farfalla dalle variopinte e impalpabili ali di carbonio, della libellula iridescente, o ancora di un ragno dalle lunghe zampe.
Sono, in realtà, tutte piccole telecamere a uso militare, perfettamente mimetizzate come degli insetti che perlustrano in incognito il suolo nemico, rovine post belliche e luoghi inavvicinabili come i terreni minati.
Utili anche per misurare le temperature e gli ambienti meno ospitali, ovunque essi si trovino.

Altri robottini, piccoli come lenticchie, sono stati immaginati per fluttuare fra le autostrade delle nostre arterie.
S'immagina che un giorno, forse prossimo, arriveranno a curare malattie anche gravi, intervenendo nelle mutazioni cellulari in corso nel nostro organismo.
E altri robot ancora sono stati ideati per improvvisarsi chirurghi.
Minuscoli, pronti per essere ingoiati come una pasticca e assolutamente in grado di eseguire una gastroscopia.



Altri replicanti umani sono stati programmati per esplorare i mari, quelle porzioni di blu ancora sconosciute e proibite alle capacità umane.

Altri ancora sembra che abbiano l'aspetto di un grillo, attrezzati con le stesse potenzialità:
analoghe prestazioni, medesime chance!
Lo scopo è consentire al congegno elettronico di saltare ed affrontare luoghi impervi e ostili e favorire il recupero, in qualsiasi condizione metereologica, delle persone smarrite.
Naturalmente non mancano i robot sexy.
Sembra che ce ne siano alcuni in grado di baciare con autentica e inconfondibile passione.
Mah...!

Tutt'altra destinazione hanno quelli immaginati per essere delle perfette segretarie o degli impeccabili impiegati.

Naturalmente non possono mancare i robot bagnini.
Ma, mi domando io:
come fanno una volta in acqua?
Non si arrugginiscono?

E va beh ragazzi, lo ammetto, ho ordinato un piccolo robottino on line.
Nel caricarlo con la chiavetta non riesco a nascondere una certa emozione e penso che questa mia indagine sugli uomini meccanici non finisce qui...

Lo carico ancora e ascolto il rumore dei suoi piccoli passi meccanici, mentre una voce assai nota mi sussurra in un orecchio:
"Una volta provata l'ebbrezza del volo, quando sarai di nuovo colli piedi per terra, continuerai a fissare lo cielo!"
Avete capito chi è?
Un saluto e a presto
Li

 

 

 

 

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