Il segreto di Elena




[Racconto di Paola Manoni]


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In autunno il calpestio di foglie secche sul vialetto che conduceva al portone di casa.
Il crepitare di foglie, oltre alla percezione sonora, era per Elena uno dei tanti modi per ricongiungersi con i ricordi d'infanzia.
Il ritorno a casa di corsa, con la cartella a tracolla che ondeggiava da una parte e dall'altra.
Il fiato corto e le gote rosse, dal freddo e dalla corsa.
La selezione delle foglie, saltando su quelle che promettevano uno scrocchio fragoroso... e poi i tre scalini, prima del portone, d'un sol balzo per atterrare sullo zerbino e suonare al citofono.
L'odore della pioggia, nell'ultimo scorcio dell'estate, che col calore evaporava dal terreno, trasportando l'odore di terra bagnata e di catrame dell'asfalto.
Questo era per Elena un altro connettore con il passato, quando rientrava dalle vacanze, dopo il lungo soggiorno nella casa al mare dei nonni.
L'odore di cannella, l'elemento per veicolare i ricordi verso i tanti pomeriggi con le amiche.
Conversazioni speziate dal profumo dei dolci, dall'aroma del thè e dall'impegnato pathos d'adolescenza intellettuale che produceva discorsi sui massimi sistemi del mondo.
Elena sin da bambina aveva dimostrato una memoria eccezionale.
Sapeva gestire i ricordi, avendo trovato in modo spontaneo un reticolo relazionale con cui leggere la mappa della memoria.
Associazioni tra colori e concetti, numeri e parole, forme e suoni.
I ricordi erano appesi ad una serie di fili.
Una volta tirato il primo, a cascata potevano fluire gli altri, ricomponendo con precisione e dettaglio il tempo e le circostanze vissute.
Sicché a scuola aveva avuto ottimi risultati con il minimo sforzo.
La concentrazione massima durante le lezioni le facilitava, se non evitava, i compiti a casa.
Elena conosceva le sue capacità e le metteva a frutto, in ogni occasione.
La memoria tanto popolata aveva contribuito alla creazione di un mondo mentale, così privato ed esclusivo, il cui accesso era agli altri irraggiungibile.
I luoghi interiori custodivano il passato in uno spazio che ben presto si estese anche al futuro.
Accadde infatti qualcosa di straordinario - effettivamente fuori dal comune.
Fu negli anni del liceo, un evento preciso che segnò per sempre, nella vita di Elena, un cambiamento.
Quella capacità di indagine sottile, di scandaglio nel passato, per un motivo apparentemente occasionale, pervase nel presente e irruppe nella previsione del futuro.
Era una sera di agosto, fresca e ventosa.
Elena nel giardino della casa dei nonni, al mare.
Oltre il cancello di ferro battuto, la strada e poi la spiaggia.
Il suono delle onde arrivava fino alla casa.
Ritmato e fragoroso e frastornante durante una mareggiata.
In giardino, i fiori della datura, che si schiude la sera, emanavano un profumo persistente.
La casa, il paesaggio, il lampione della strada, ondeggiante al vento: la situazione era normalmente composta.
Elena aveva un equilibrio da persona adulta, quasi mai impulsiva né irruenta come gli altri adolescenti.
Quella sera era compostamente sulla scia dei suoi pensieri, in un libero scorrere, nella sua consueta passeggiata notturna, dopo cena.
I giorni di vacanza trascorrevano in un tempo lento e quieto, tragicamente infranto nei minuti che seguirono.
Un frastuono proveniente dalla casa irruppe improvviso.
Per Elena fu un tonfo al cuore e una scossa adrenalinica che l'attraversò da capo a piedi.
Sicché rientrò in casa di corsa, trovando la nonna riversa a terra.
Gli altri componenti della famiglia, tutti intorno, accorsi.
In modo istantaneo Elena avvertì una forte vertigine e poi una sensazione non controllabile, come a volersi staccare dalla scena in modo non emotivo.
Con lo scorrere dei secondi percepiva le voci affievolirsi e le forme distorcersi, al disotto di un suono più forte: il battito di un cuore, come se fosse amplificato da un diffusore sonoro.
Per un istante pensò di sentirsi male.
Di cadere e poi svenire.
Ma il corpo stava bene e la mente non vacillava.
Non era il suo cuore e non stava patendo alcun affievolimento dei sensi.
Era la nonna: percepiva il suo cuore andare all'impazzata.
Il ritmo da velocissimo si fece più lento e poi tacque del tutto.
Poi riprese per un breve momento.
Poi scomparve.
Il medico accertò dopo poco l'attacco e poi l'arresto cardiaco.
Ma Elena lo seppe prima.

Tolto il dolore per la perdita della nonna amata, dell'episodio non rimase nulla poiché Elena non ne fece parola ad alcuno.
Il legame che la collegava a sua nonna era speciale e quanto era avvenuto non era comunicabile.
Fu il suo primo segreto.
La scuola in autunno riprese nella normalità.
Elena era un'allieva brillante, con quella mostruosa risorsa mnemonica che sapeva sapientemente sfruttare.
Ma dopo il giorno della morte della nonna, a queste capacità si sovrappose una nuova ed eccezionale dote.
Elena a poco a poco e, con progressivo affinamento, sapeva riconoscere le anticipazioni del futuro.
Le domande delle interrogazioni, dei compiti in classe.
Ma anche, più banalmente, il vestito che avrebbe indossato la compagna di banco, l'assenza dei professori, il giorno dopo, e così via.
La sua educazione familiare, molto rigida e fortemente razionale, le impediva di condividere coi compagni simili vaticini... la messa al pubblico di tali avvisaglie le parve sconveniente ma, poiché era molto generosa, cercava comunque di condividere con i suoi amici il prodotto di simili presagi.
La versione di latino del compito in classe, le interrogazioni del giorno dopo e così via.
Ma i ragazzi sono in genere molto ricettivi e capirono senza sapere.
Sicché Sibilla - come allora venne ribattezzata - ebbe un ruolo influente nella compagine studentesca: una Sibilla quasi venerata e, al tempo stesso, temuta.
Perché quel poco che si poteva comprendere ad alcuni faceva una certa paura.
Del tempo del liceo non rimase null'altro che ricordo nella vita di Elena.
Perse di vista tutti gli amici, già durante il periodo universitario.
Fu l'unica della sua classe ad iscriversi a Matematica.
Nel corso degli studi non sentì il peso della contraddizione tra la scienza e l'inspiegabile irrazionalità sensitiva che si faceva strada in lei.
I numeri, ad esempio, entravano nel suo mondo interiore in due modi.
In una valenza algebrica ma anche parapsichica e sinestesica.
Un numero era automaticamente associato nella sua mente ad un colore, un suono se non anche un odore.
I numeri divenivano anche gioco divinatorio a cui aveva associato qualche principio esoterico-simbolico come gli arcani dei Tarocchi che aveva imparato a leggere poiché suo fratellino, inspiegabilmente, le regalò un mazzo di carte.
Tra i tanti modi d'interrogare i numeri, si divertiva a computare a caso delle cifre in risposta ad una sua richiesta di predizione per un certo evento.
La cifra risultante aveva una corrispondenza simbolica che risultava coerente con quanto associato.
Ad esempio, nei momenti di disimpegno mentale, come alla guida, nel traffico cittadino o ferma ai semafori rossi, la somma esoterica delle cifre delle targhe delle automobili, connessa al significato delle carte dei Tarocchi, dava buoni risultati i quali non smentivano le sensazioni telepatiche, in lei sempre più sottili.
E di tutto questo, ovviamente, mai parola ad alcuno.

****
Paolo proveniva da una famiglia di ex sessantottini, divorziati e due volte risposati ma, soprattutto dimentichi del fatto di aver avuto un figlio.
Come molti altri ragazzi nella sua stessa situazione, Paolo era cresciuto da solo perché entrambi i genitori erano troppo impegnati a seguire il filo della propria vita.
Aveva studiato al liceo artistico e con grande sacrificio dopo il liceo, era riuscito ad aprire una bottega di restauro di mobili antichi, in una ex stalla della Roma barocca, modernamente adibita ad officina e poi passata a Paolo da un amico, in subaffitto.
La posizione così favorevole nel cuore del centro storico della Capitale fu molto propizia al suo lavoro.
Negli anni di pratica e con le sue attitudini artistiche, si fece un nome nel mercato antiquariale.
Paolo aveva una compagna, rilegatrice di libri, con cui aveva avuto un bimbo.
Attento a non commettere gli stessi errori dei suoi genitori, per non far ricadere, come si suol dire, le colpe dei padri, Paolo era molto presente nella vita di suo figlio.
Aveva una grande passione per il mare.
La vela di altura.
Le traversate in Atlantico settentrionale, la Bretagna d'inverno ma anche il più ludico approccio con le piccole derive, sui laghi laziali o lungo le coste del Mediterraneo.
Nel suo giro di amicizie veliche vi era un informatico, Giulio, il quale era più legato al mondo delle regate di quanto non fosse Paolo che invece non amava l'ambiente competitivo della vela italiana.
Giulio era comunque un buon amico ed aveva un tratto piuttosto originale che piaceva a Paolo.
Quando decise di aprire un sito internet della bottega antiquariale si rivolse a Giulio.
L'amico informatico, abilmente allestì uno spazio web, collegato ad un efficiente servizio di e-commerce che consentì a Paolo di avere una vetrina internazionale dei suoi oggetti antichi.
La galleria di immagini nonché le schede relative alle descrizioni degli oggetti ed i certificati di autenticità avevano consentito di estendere la clientela all'estero, particolarmente in ambito statunitense.
Sicché Paolo viveva finalmente in una stabile prosperità che gli consentì di ingrandire il negozio, prendendo in affitto un nuovo locale, sempre nel centro storico.
Ma riuscì anche a comprare un piccolo cabinato dove portare la famiglia in vacanza, scorrazzando per il Mediterraneo in compagnia di Giulio e della sua compagna.
Finalmente gestiva il suo lavoro in un ambito internazionale.
Partecipava alle aste di Londra e di New York poiché le sue migliorate condizioni economiche gli consentivano di viaggiare.
E sempre attraverso internet, con l'aiuto dell'amico, realizzò una sorta di portale informativo dell'antiquariato italiano, collegandolo ad un social forum del settore.

***

Dopo la laurea Elena si specializzò in informatica applicata.
Ebbe diverse relazioni sentimentali ma non si legò mai ad alcuno né pensò di organizzare la propria vita all'interno di un matrimonio.
Viveva da sola in uno spazioso appartamento in un quartiere residenziale dove c'era una discreta presenza di verde - condizione indispensabile, secondo Elena, per accettare di vivere in luoghi urbani.
Dalla laurea in poi aveva cambiato diversi lavori.
Il sogno di rimanere legata all'ambiente della ricerca universitaria era naufragato nella contingenza della realtà e del precariato nel quale si sarebbe inevitabilmente trovata se avesse tentato di rimanere nell'ambiente accademico.
Dopo molte esperienze, alcune anche all'estero, decise di orientarsi per il lavoro sicuro.
Prevalse il lato più razionale di lei e decise di partecipare ad un concorso pubblico.
Nessuno seppe se le domande di esame furono da lei percepite prima ... in ogni caso vinse il concorso che aveva tentato, senza raccomandazioni, risultando tra i primi in graduatoria.
Fu così che Elena entrò nella Polizia postale, come esperto informatico nelle comunicazioni.
Il lavoro le piaceva, molto meno l'ambiente della pubblica amministrazione.
Non era abituata al clima di ufficio mentre il tema del lavoro non la contrariava.
Non che fosse attratta dal 'cybercrimine'.
Tutt'altro, visto che era lì a combatterlo ma non si sentiva una 'cyberpoliziotta'.
Il suo lavoro consisteva soprattutto nell'ideare e sviluppare programmi informativi per meglio controllare la rete e offrire ai colleghi - loro sì, poliziotti veri - tutti i mezzi di controllo.
Si potrebbe dire che Elena non avesse una vita privata molto interessante.
Ma dal suo punto di vista lo spazio che si era ritagliata aveva un equilibrio perfetto.
Amava molto i cani e la natura in genere tant'è che decise di comprare una casa con giardino, fuori Roma.
Aveva una coppia di husky e molte amicizie legate all'ambiente animalista.
Il suo più grande dispiacere era di non possedere per gli animali quella stessa dote sensitiva per la quale era in grado di percepire così sottilmente la gente.
Poiché, globalmente parlando, Elena amava molto più gli animali degli umani e sarebbe stato per lei eccezionale arrivare a percepire intimamente un cane, superando in ciò i problemi cognitivi e di linguaggio che ci impediscono di comprendere appieno la psicologia animale.
Anche sul lavoro Elena mostrò le sue brillanti attitudini che la portarono a fare una veloce carriera.
Dopo solamente due anni dall'entrata in Polizia, Elena era già commissario e dirigeva un'ampia sezione.
Era la prima donna, nell'ambiente della Polizia delle telecomunicazioni, ad avere una carica dirigenziale.
Ma nonostante questi grandi successi, il distacco dalle situazioni era una costante emotiva per Elena.
Forse per questo non aveva legami sentimentali.
Tra lei e gli altri vi era sempre uno scarto che nulla riusciva a colmare.
Diversamente da quanto invece accadeva nel rapporto con gli animali.

***

Paolo, nella quiete di una mattina come tante, faceva colazione a casa mentre suo figlio e la sua compagna erano già pronti per uscire.
Il bambino sarebbe andato all'asilo mentre la madre si sarebbe recata, di lì a poco, presso la sua legatoria.
Il flusso della normalità di una routine come tante venne interrotta dal suono del citofono.
Paolo andò a rispondere e, incredulo, ricevette la visita di una squadra di poliziotti, munita di mandato di perquisizione.
La sua compagna, ovviamente rimasta a casa, assistette alla perquisizione: erano interessati solamente al laptop di casa.
La Polizia postale cercava qualcosa ma, ancora non aveva detto esattamente cosa.
Erano interessati alle transazioni internet di Paolo.
La donna non dubitava del suo compagno ma, per un attimo, fu assalita dal terrore e dal dubbio: Paolo era implicato in qualche storia di pedofilia web o hacking pesante?
Qual era il crimine commesso?
La Polizia postale fece un clone del computer di casa ma chiese di fare altrettanto con il computer presso il negozio.
Alla richiesta di spiegazioni di Paolo, la Polizia rispose evasivamente che erano in corso degli accertamenti e che si stava svolgendo un'indagine di furti d'arte che aveva un'implicazione anche a livello di internet.

Paolo dovette accompagnare i poliziotti presso il negozio e consentire il clone del computer, senza sapere nient'altro.
I poliziotti chiesero a Paolo dove si sarebbe trovato nei giorni successivi.
Rispose che sarebbe rimasto a Roma, come di consueto, e si dichiarò disponibile a collaborare, anche se ancora non fu ben chiaro a cosa...
La Polizia ringraziò e, senza mezzi termini, disse che sarebbe stato meglio così anche perché Paolo compariva tra gli indagati di un'inchiesta che era stata aperta e che presto sarebbe stato ascoltato dal magistrato.
Mentre le copie dei computer clonati furono portati al commissariato per essere analizzate.

Elena era in ferie, per un breve trekking, in compagnia dei suoi cani e di qualche altro amico.
Al suo rientro trovò il rapporto relativo alla ricerca sui computer di Paolo che costituiva un allegato all'indagine sulla truffa degli originali d'arte, venduti in rete.
Poco dopo venne organizzato l'interrogatorio di Paolo.
Il magistrato, Elena e Paolo, si incontravano per la prima volta.
In fase istruttoria, Elena era sempre molto attenta all'ascolto degli indagati.
Era un aspetto del suo lavoro eccedente la sua preparazione tecnica e che invece coinvolgeva molto da vicino l'irrazionale percezione sottile della sua mente.
Nel tempo e anche grazie all'attività poliziesca aveva ulteriormente sviluppato ciò che potrebbe definirsi la 'lettura della mente'.
Trovava che alcune persone fossero totalmente trasparenti mentre di altre poteva percepire solo un'impressione - circa la verità o falsità delle loro affermazioni.
Mentre altre ancora, per qualche motivo incomprensibile, erano totalmente schermate.
Certamente questo genere di informazioni non potevano essere provate e dunque rimanevano, ancora una volta, nell'ambito dei segreti di Elena.
Pur tuttavia, erano per lei elementi su cui ragionare, se non degli 'apri pista' da comprovare nella realtà dell'indagine.
Quando l'incontro con Paolo avvenne in commissariato, era una mattina di cattivo tempo, di quelle giornate nelle quali Roma viene bloccata dagli effetti della pioggia e dal traffico sostenuto.
Elena arrivò in ufficio con un forte mal di testa.
Paolo, che dal giorno della visita della Polizia aveva perso il sonno, appariva pallido ed in preda all'angoscia.
Era accompagnato da una donna in tailleur grigio: il suo avvocato.
L'incontro si svolse inizialmente con un piglio aggressivo.
Si trattava di un interrogatorio di garanzia e l'avvocato di Paolo ebbe subito da eccepire il modo nel quale il suo assistito era stato coinvolto nell'indagine, senza aver effettivamente informato l'interessato dei fatti e delle circostanze.
Il magistrato replicò con altrettanta veemenza circa la riservatezza della circostanza.
Elena, sulle prime, preferì tacere anche perché il mal di testa si acuiva e l'assenza di segnali mentali da carpire in Paolo le provocava un certo malumore.
Ma venendo ai dettagli del crimine su cui si indagava, venne detto che una società californiana dall'accattivante nome: "Dream in art" aveva immesso nel mercato dell'antiquariato internazionale una serie di falsi d'arte - false copie di dipinti d'attribuzione tardo settecentesca, mobilio e suppellettili art déco e vetri liberty da collezione.
La società era stata scoperta e perseguita dalla legge statunitense ma tutta la merce falsa era ancora in giro in quanto commercializzata, per lo più, attraverso il web.
Il punto dell'indagine era scoprire gli antiquari che avevano avuto un legame diretto con la "Dream in art" o con altri mediatori.
Scoprire anche i casi di ricettazione più o meno consapevole.
In altre parole, si frugava nella attività di commercio internet di Paolo e nei suoi rapporti con i clienti U.S.
Dall'analisi preliminare dei computer clonati non vi era alcun elemento di contatto tra Paolo e la società incriminata.
Nessun contatto mail, traccia di transazioni del browser, storico dei contatti, menzione in alcun documento elettronico.
Né le ricerche sull'hard disk a basso profilo avevano dato indicazioni di dati cancellati che potessero avere un'attinenza con le indagini.
Insomma, nulla di positivo, a carico di Paolo, emerse dai potenti programmi di analisi e dagli elaborati algoritmi di ricerca di cui Elena era regina.
Eppure l'indagine era aperta poiché il nome del negozio di Paolo appariva nel dossier a carico di un altro antiquario, di Breda, che aveva invece una evidente collusione con i falsari di cui si cercavano tracce.
La polizia olandese era in contatto con quella italiana: si trattava di una truffa internazionale e diversi stati europei erano coinvolti.
Paolo, una volta edotto dei fatti imputati, si sentì venire meno.
Gli mancava l'aria, incespicava con le parole, gesticolava discolpandosi.
Non fu chiara la sua posizione anche se, ovviamente, con il suo avvocato respinse ogni addebito.
Il suo comportamento fu così confuso da generare qualche dubbio anche presso il suo stesso legale.
Uscirono dal commissariato che era l'ora di pranzo ma la misura cautelare nei confronti di Paolo non venne revocata.
Paolo, nei minuti a seguire, ebbe un vero e proprio malore cardiaco: il suo avvocato lo accompagnò presso un pronto soccorso, ancor prima di chiamare la sua compagna e spiegare l'accaduto.

Subito dopo la breve pausa del pranzo, d'intesa con il magistrato, Elena dispose che il proseguio delle indagini contemplasse la ricerca dei tracciati elettronici di transazioni di denaro, da e a favore di Paolo: conti bancari, bonifici, carte di credito, bancomat.
Ma anche transazioni postali tracciate elettronicamente: pacchi, raccomandate - con spedizionieri e poste italiane nonché intercettazioni telefoniche.
Elena tornò a casa, come di consueto, con la sua station wagon.
In macchina ebbe vivida l'immagine di Paolo, in particolare gli occhi, così girgio-verdi e così spaventati.
Era colpita da quell'uomo poiché non le aveva comunicato nulla, in senso sottile.
Nessuna percezione e nemmeno cognizione razionale.
Non poteva pensare alla sua innocenza ma tanto meno alla sua colpevolezza.
Arrivò a casa con questi pensieri.
Al cancello vi erano i suoi cani ad aspettarla.
Sembrava sapessero che era un venerdì di libero turno per Elena.
Si prospettava dunque un intero week end da trascorrere assieme, magari con una bella passeggiata nel bosco.

***

Nei mesi che seguirono Paolo integrò nelle sue azioni quotidiane l'assunzione dell'ansiolitico e le medicine per il cuore.
L'indagine rimaneva aperta e questo provocava in lui una profonda alterazione.
In casa si rinchiuse in un mutismo che rendeva molto difficili i rapporti con la sua compagna.
Per due volte andò via di casa, andando a dormire nel piccolo cabinato ormeggiato al porto di Ostia.
Ma non poteva allontanarsi da Roma, la misura cautelare emanata nei suoi confronti glielo impediva.
Elena invece subì un evento che trasformò la sua vita.
Tornava a casa in macchina, percorrendo l'anello del Raccordo Anulare che cinge Roma, in direzione Sud.
Una macchina improvvisamente scartò nella sua direzione a velocità molto sostenuta e poi, per evitare un camion su altra corsia, frenò di colpo andando a slittare contro l'auto di Elena.
Il forte impatto distrusse completamente il veicolo ma soprattutto fu causa di un trauma con frattura della fossa cranica anteriore e lesione del nervo ottico.
Al risveglio in ospedale, Elena si ritrovò con una cecità omolaterale.
La ripresa fu lentissima: consulti medici, visite di luminari e ogni altro tentativo non risolsero la cecità né alleviarono una lunga convalescenza.
Per contro, il tragico incidente intensificò il rapporto di Elena con i suoi cani così come con quelle sue capacità sia mnemoniche, sia parapsicologiche che influivano totalmente sulla sua vita.
Dalla perdita di parte della vista guadagnò nella percezione extra sensoriale.
La novità fu la telestesia, fenomeno per cui si ha la percezione di un oggetto situato a distanza o la visione di un fatto accaduto in un 'altrove'.
Elena non tardò a rientrare nell'ordinario ritmo di vita.
In commissariato trovò molta corrispondenza e tanto lavoro da sbrigare.
Tra le carte accumulate, trovò anche un plico collegato all'indagine della "Dream in art".
Conteneva un resoconto delle transazioni economiche e di posta ricevute / inviate da Paolo.
La lettura con un occhio solo non era ancora bene adattata sicché ci mise il doppio del tempo normale a leggere tutto.
Ma nella lista dei mittenti delle raccomandate, la colpì un indirizzo, nella città di Breda.
Elena chiese un approfondimento da cui risultò che circa un mese prima Paolo aveva ricevuto da Breda un pacco inviato con posta prioritaria.
Dunque, circa un mese dopo l'apertura delle indagini.
Il magistrato venne informato di tale sviluppo e così si organizzò un nuovo interrogatorio.
Questa volta, a differenza del precedente incontro, l'indagato risultava ad Elena in modo molto meno schermato, rendendo possibile la percezione sottile.
Il magistrato mostrò a Paolo il tabulato ricevuto dalla Posta e chiese spiegazioni.
Paolo si agitò come nel precedente incontro ma ammise di aver ricevuto una piccola teiera in stile liberty - regolarmente acquistata e certificata come originale - da un collega antiquario di Breda, il quale nulla aveva a che vedere con la "Dream in art".
Elena chiese di poter avere l'oggetto in questione.
Paolo replicò che l'oggetto era in vendita sulla galleria d'immagini presso il suo sito.
Elena ribadì la necessità di ispezionare l'oggetto.
L'avvocato di parte si oppose ma il giudice lo concesse comunque.
Paolo aveva il dovere di portare l'oggetto in Polizia entro e non oltre tre giorni dalla richiesta.
L'ultimo giorno concesso, l'antiquario varcò la soglia del commissariato.
Elena era molto stanca ma in ottima forma dal punto di vista delle sue capacità sensitive.
Come Paolo entrò nella stanza, sentì che poteva collegarsi con la sua mente.
Ma non si limitò a questo: fece molto di più, e del tutto all'insaputa del magistrato e degli altri presenti, totalmente ignari delle sue qualità chiaroveggenti.

Paolo aveva riposto in una scatola da imballaggio il prezioso oggetto.
Elena percepì l'oggetto fin dentro l'involucro e comprese una cosa piuttosto strana:
l'oggetto possedeva una storia databile all'inizio del secolo scorso ma, non nella sua interezza.
In qualche modo l'oggetto si era manifestato, aveva informato della sua storia, senza che Paolo proferisse parola.
Egli, stavolta pronto a difendersi con un apparente distacco, ribadì la sua innocenza spiegando che il mittente era un serio professionista, mai legatosi, fino a propria contraria, alla "Dream in art".
Elena sapeva che questo era vero così come sapeva finalmente che Paolo non stava mentendo ma semplicemente sentiva che ometteva degli importanti dettagli.
L'interrogatorio si svolse in modo totalmente banale e non approdò a nulla di rilevante sicché il magistrato decise di sospendere tale colloquio a data da destinarsi.
Ma il giorno dopo Elena chiamò al telefono Paolo e, in barba alle procedure, gli diede un appuntamento 'privato' a cui lui acconsentì.
Andarono a prendere un caffè, seduti al bar, ad un isolato di distanza dal commissariato.
Elena, che in quel momento era più impegnata a conoscere la sua nuova energia mentale, più di quanto non fosse presa dall'indagine della società da "sogno nell'arte", trovò il modo di mettere veramente a suo agio l'antiquario.
Risero e scherzarono e poi, a brucia pelo, ebbe modo di porre a Paolo la domanda circa le implicazioni con i venditori olandesi della teiera.
Paolo ribadì che da diverso tempo aveva scambi con un antiquario di Breda per quanto riguardava gli utensili e suppellettili di stile liberty.
Elena aveva fatto fare un controllo sulla società di Breda.
Effettivamente la "Dream in Art" non annoverava tra i suoi traffici la società che risultava mittente del plico.
Poi Elena senza troppi preamboli, esordì all'improvviso chiedendo come mai il filtro del thè, il manico e il tappo della teiera non fossero d'epoca.
Paolo trasalì, chiedendo conferma se la polizia si fosse rivolta ad un esperto.
Elena ovviamente divagò su questo punto chiedendo solamente conferma.
Era vero!
Paolo sentiva di potersi confidare, non pensò alle probabili conseguenze, trattandosi - il confidente - del suo stesso inquisitore.
Paolo era una brava persona, un povero diavolo che si sentiva sotto una pressione istituzionale che non sapeva più gestire.
Allora raccontò che il suo corrispondente in affari di Breda aveva lavorato per anni presso la "Dream in art", imparando tutti i trucchi per imitare e falsificare originali d'arte.
Più che una tecnica questa era una forma d'arte poiché produceva risultati veramente eccezionali.
Sicché l'antiquario olandese si adoperava nell'arte dei falsi ma, solamente per piccole integrazioni sugli originali, al limite dell'intervento di restauro e questo valeva soprattutto per l'oggettistica.
Vi erano oggetti antichi che non potevano essere venduti al pubblico poiché mutili.
Ma tra gli antiquari questi avevano comunque uno smercio, ovviamente a costo più basso.
Una volta risistemati, il ricarico sull'acquirente era percentualmente più alto, con un margine di ricavo interessante per l'economia di Paolo.
Ora che Elena sapeva, avrebbe potuto intervenire secondo la legge, costringere Paolo ad una confessione formale per poi deporre il tutto nelle mani del magistrato.
Così come aveva sentito la storia dell'oggetto, percepiva ora la pena di Paolo il cui unico vizio, se così si può dire, era la manutenzione della sua barchetta, di 8 metri fuori tutta in cui dispiegava la sua libertà.
Non la vela dei ricchi, dei cabinati di lusso ma un piccolo guscio, acquistato di seconda mano e ristrutturato poco alla volta.
Il costo mensile per il posto barca era elevato, per questo includeva nel giro degli oggetti d'epoca qualche fruttuoso 'vero ritoccato'.
Elena poteva comprendere la sincerità del suo interlocutore.
Era cieca da un occhio e con una forte limitazione di vista all'altro, quale conseguenza dell'incidente.
Pur tuttavia ora 'vedeva' e, tanto di più: quella chiaroveggenza accresciuta che aveva dato ulteriore profondità ai suoi rapporti col mondo.
Si verificava però una circostanza imbarazzante da un punto di vista morale.
Poteva inserire nell'ambito di un'indagine gli elementi percepiti in modo extra sensoriale?
Si disse che poteva prenderli in considerazione ma che necessariamente tutto doveva poi essere suffragato da prova obiettiva.
Nel caso di Paolo, avrebbe potuto richiedere una perizia sull'oggetto in questione e far emergere ciò che aveva già appreso altrimenti.
Ma Elena preferì far finta di non aver 'visto' lasciando al magistrato i modi ed i tempi dell'indagine, gli oneri della prova.
Perché avesse un debole per quell'uomo non le fu mai chiaro, anche quando divennero amici.
Lui ricambiò la lealtà di lei con un dono: la passione per il mare.
Paolo trovò la grazia di invitare il commissario in barca che, con il tempo, divenne il suo insostituibile compagno di traversate e d'avventura per mare.
Poco dopo l'antiquario si separò dalla sua compagna.
Ma Elena rimase con lui solo in una solida intesa per la vela.
Né Paolo, né altri seppero mai nulla dei suoi segreti.

 

 

 

 

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