Anticipazioni




[Racconto di Paola Manoni]


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"E208, stanza C3, E208, stanza C3..." L'altoparlante della sala di attesa dell'ospedale chiamava due volte i numeri associati ai pazienti per le visite ambulatoriali.
Per la normativa sulla privacy i nomi non potevano essere chiamati.
David, già in piedi a un angolo della sala, era il numero E208. Ancora lievemente intorpidito dalla lunga attesa, vagava con lo sguardo per vedere i riferimenti delle porte chiuse nelle immediate vicinanze.
La sala si affacciava su un lungo corridoio: porte pari e porte dispari sui rispettivi lati.
Ma si trattava del corridoio A che confluiva nel corridoio B.
Nessun riferimento a C...
Mentre l'altoparlante chiamava i numeri successivi al suo... David si affannava alla ricerca della stanza indicata, con la paura di perdere il suo turno.
Era lì per una visita ortopedica.
Da oltre un anno aveva problemi alla spalla sinistra; la settimana prima lo avevano chiamato per fare la risonanza magnetica e ora lo avrebbero finalmente visitato.
Dopo diversi minuti di ricerca, David pensò di tornare indietro nella sala di attesa per chiedere qualche indicazione.
Il corridoio C si trovava al piano sotterraneo.
Scese le scale di corsa e finalmente trovò la stanza 3.
La porta era chiusa e David decise di attendere qualche minuto prima di bussare.
Era il solo a sostare nel corridoio.
E nel sedersi gli caddero le chiavi di casa sul pavimento.
Il suono produsse un'eco: il corridoio era vuoto, lungo, buio - come un'angusta galleria su cui sbattevano le onde sonore provocate dal mazzo di chiavi.
Dopo qualche minuto ancora, provò a bussare.
Un colpo timido, nessuna risposta.
Poi un secondo colpo più deciso che tuttavia non produsse alcuna risposta.
Allora si fece coraggio e aprì la porta.
"C'è qualcuno?" - ma nessuno rispose.
La stanza si apriva sul giardino dell'ospedale.
La portafinestra era aperta; sulla scrivania il computer era acceso e una serie di carte disordinate facevano capire che qualcuno c'era e probabilmente si era solo allontanato.
David si sedette su una delle due sedie poste davanti alla scrivania e attese.
Su muro di fianco c'era un grande manifesto che riproduceva il trittico di Hyeronimus Bosch, Il giardino delle delizie.
Lo aveva riconosciuto subito perché l'anno precedente era stato al Museo del Prado di Madrid, dove l'opera è conservata.
La tavola centrale rappresenta il giardino, tra inferno e paradiso, in cui animali, bellissimi fiori e figure umane esprimono l'attrazione per la bellezza così come per i piaceri mondani.
Quando la dottoressa Mayer rientrò dalla portafinestra, trovò David, in piedi davanti al manifesto, intento a osservare nel dettaglio le figurine dipinte dal grande artista fiammingo.
"Mi scusi?!" - disse la dottoressa con un tono piuttosto freddo e interlocutorio.
"Buonasera, anzi, buongiorno" - esordì David un po' intimorito, sorpreso dalla presenza della donna.
Una signora di mezza età, esile, con i capelli ricci biondo cenere, e vestita con un lungo camice bianco sopra un paio di pantaloni neri.


"Sono C3 ... no scusi sono E208" - disse David ancor più impacciato "insomma sono qui per la visita.
E' stato chiamato il mio numero ma io ho avuto difficoltà a trovare il corridoio C, non sapevo fosse un livello sotto la sala di attesa".
"Si accomodi, prego" - la dottoressa Mayer confermava il suo tono distaccato.
Si levò dalla tasca uno stetoscopio che poggiò sul tavolo e si mise dietro il computer, armeggiando con mouse e tastiera.
"Lei è il signor...?"
"David Catapano" - rispose risoluto - "Ho fatto una risonanza alla spalla la settimana scorsa e oggi ho la visita con l'ortopedico".
"L'ortopedico sono io" - rispose la donna in modo asciutto, senza volgere lo sguardo e continuando a cercare nel computer - "ma nell'anagrafica dell'ambulatorio non c'è il suo nome, nessuna prenotazione per oggi".
Si girò allora verso David, piegando leggermente la testa in avanti per guardarlo oltre le lenti degli occhiali in modo interrogativo.
"Ma... è stato chiamato il numero E208, che è il mio... e questa è la stanza C3!" - argomentava David, opponendo alla dottoressa una realtà di fatto.
"Mi dispiace" - replicò lei accennando a un sorriso - "non so cosa dirle: io non ho fatto chiamare pazienti e oggi nemmeno ricevo!".
Poi aggiunse con un tono lievemente addolcito:
"Però, può cercare la sua risonanza nel reparto di radiologia: settimo piano, padiglione H perché qui non risulta sia stata refertata".
David, allibito e in preda all'ansia rispose con un saluto a fil di voce e uscì dalla stanza per dirigersi agli ascensori, in fondo al corridoio buio.
Il tentativo alla radiologia risultò vano perché lo sportello chiudeva dieci minuti prima per la pausa del pranzo.
Subito fuori dall'ospedale, l'aria fredda della tramontana invernale lo aiutò a riprendersi dallo sbigottimento della vicenda.
Pagò il parcometro per la sosta dell'auto al parcheggio e il gesto di infilare la cintura di sicurezza gli ricordò il dolore della spalla sinistra.
Il tempo di protestare all'Ufficio delle relazioni con il pubblico non c'era ma in un rapidissimo pensiero si ripromise di andare a fondo alla vicenda.
Ora doveva attraversare velocemente la città per essere, entro cinquanta minuti, nella commissione esaminatrice di un concorso interno per i dipendenti di una società.
Si sarebbe svolta la prova di lingua inglese e lui era il commissario esterno.
Ma la tangenziale che normalmente in quell'orario era sempre libera si preannunciava totalmente intasata.
David, visto il traffico sulla strada, cambiò itinerario.
Decise per un giro alternativo, più lungo ma più sicuro e sotto certi aspetti per lui rilassante perché includeva il quartiere della sua infanzia.
C'era una luce cristallina e quando passò davanti alla sua scuola elementare si ricordò della conquista di quando a dieci anni, ebbe il permesso di tornare a casa a piedi da solo.
La mamma, di origine inglese, concedeva maggiore libertà ai suoi figli di quanto non facessero allora le altre madri.
E lui ne era ancora fiero: poteva camminare nel quartiere da solo, fermarsi all'edicola per comprare le figurine, prendere con qualche spicciolo le gomme da masticare e, qualche volta, comprare i serpenti e i ragni di gomma che un anziano signore ambulante vendeva fuori della chiesa.
Oggi abitava in tutt'altro quadrante della città sicché non era così abituale passare in quelle strade piene di ricordi.



Non aveva molto tempo ma, visto era lì, deviò per le strade dove un tempo abitavano i nonni... per poi riprendere la strada principale.
C'era ancora qualche foglia di vite americana che, rosso fuoco, si arrampicava sulla facciata del muro a cortina del palazzo dei nonni.
La luce radente rendeva la pianta ancor più luminosa.
Per vedere meglio l'entrata del palazzo David rallentò l'auto, fin quasi a fermarla proprio mentre si apriva il portone.
Uscivano due ragazzi, sconosciuti: lei con una lunga sciarpa a righe, un basco in testa e i guanti di lana, a righe come la sciarpa.
Lui con un loden nero e una valigetta di cuoio.
Ridevano fra di loro ma a un certo punto si fermarono a guardare David che, chino sul volante, era fisso nella loro direzione.
Si scambiarono lo sguardo solo per un momento.
I ragazzi avevano un'aria familiare pur essendo estranei.
Una volta ripreso il tragitto si rese conto che quei due gli ricordavano i suoi cugini, che incontrava la domenica e i giorni di festa nella casa dei nonni: i cugini già adolescenti che da bambino gli incutevano una certa soggezione.
Non più lontano dall'appuntamento lavorativo, David si immise in una strada perpendicolare al punto di destinazione.
Ma ecco un altro impedimento.
Dei lavori in corso gli sbarravano la strada: le transenne impedivano la circolazione.
Una serie di sensi unici obbligavano a compiere un percorso alternativo pieno di arzigogoli automobilistici.
L'orologio correva: sarebbe arrivato con almeno dieci minuti di ritardo.
David, consapevole del ritardo, accelerò e a una rotatoria fece una svolta a destra sbagliata.
Comprese subito l'errore ma non poteva tornare indietro perché la strada era a senso unico.
Allora girò al primo isolato, con l'idea di ritornare alla rotatoria.
La strada era alberata e senza case.
Dopo i primi metri il nastro di asfalto si trasformò inspiegabilmente in terra battuta.
Le sembianze non eran più quelle di un percorso urbano bensì di un sentiero.
Le radici degli alberi obbligavano l'autovettura a un sali-e-scendi continuo.
Poi la drastica interruzione, stavolta non segnalata.
Fine del sentiero.
David che cercava di mantenere una certa velocità visto il suo ritardo, fece appena in tempo a schiacciare il freno con tutta l'energia che poteva.
Era incredibile: si trovava sulla sommità di un'altissima cascata.
Ma in realtà era solamente in bilico, sul bordo del dormiveglia perché con questa visione David si svegliò di colpo, dieci minuti prima che suonasse la sveglia... l'immediata constatazione di trovarsi nella sua stanza gli produsse un senso di grande rilassatezza.
Il suo gatto dormiva pacifico, acciambellato ai piedi del letto.
Il silenzio era avvolgente e fermo.
Prese qualche minuto per tergiversare ancora.
Poi si alzò per dare corso alle azioni mattutine quotidiane.
Il gatto chiedeva sempre da mangiare prima del fischio del bollitore e la musica della radio in cucina nascondeva il segnale dell'acqua del thè...
Ma intanto David, in bagno, non sentiva mai nulla.
Il sogno era ormai dileguato assieme alle gocce d'acqua sprizzate nei rivoletti sottili della doccia.
Ancora avvolto nell'accappatoio bianco, di morbida spugna, avveniva la scelta del thè: la scelta cadde su un barattolo di Earl Grey comprato al negozio della Bodleian Library di Oxford.
La confezione riproduceva un particolare di un manoscritto persiano presente nella collezione oxonienese: un sinuoso ramo di ciliegio.


La colazione di David comprendeva un kiwi maturo e 60 grammi di fette biscottate integrali con un velo di marmellata.
Non aveva ancora finito di sorseggiare la seconda tazza di thè che arrivò la telefonata della sua compagna, fuori città per lavoro.
Intanto il laptop era già acceso e dodici nuovi messaggi di posta elettronica erano annunciati da un messaggio di sistema.
Tempo per rispondere a tutti non c'era: doveva scappare.
Aveva una mattinata piena di impegni.
In macchina, tra un semaforo rosso e un altro terminò di leggere sul tablet la posta elettronica e comporre gli ultimi messaggi.
Il traffico non aiutava e nemmeno la ricerca di un parcheggio: alle 10 di mattina anche i posti a pagamento dell'ospedale erano già esauriti.
Ma riuscì comunque a fare in tempo a effettuare il pagamento alla cassa e prendere il numero di prenotazione per la visita medica.
C'era invero moltissimo tempo perché c'erano trenta numeri prima del suo.
Dopo oltre un'ora di anticamera finalmente la chiamata.
"E208, stanza C3, E208, stanza C3".
Era il suo numero!
David ebbe solo un brivido lungo la schiena senza saperne il motivo, senza nulla ricordare.
Prontamente cercò il riferimento alla stanza, che non era affatto evidente ma si ricordò, stranamente, che il corridoio C era al piano sotterraneo!
Il padiglione C era momentaneamente sprovvisto di luce elettrica sicché nella penombra cercò la stanza 3.
Bussò e nessuno rispose; allora decise di aspettare, seduto su una delle sedie poste in fila lungo il corridoio.
Non c'era anima viva.
Dopo una decina di minuti riprovò: ancora silenzio.
Poco dopo si fece coraggio e entrò.
La stanza aveva la portafinestra aperta da cui entrava una pungente aria d'inverno.
I raggi di sole entravano diretti e illuminarono la bella capigliatura bionda della dottoressa che rientrava nella stanza.
Con così tanta luce, David non la vide subito entrare.
Nella luce dorata ne percepì il volto radioso e ne rimase folgorato.
Era la più bella donna che avesse mai visto prima di allora.
Una creatura venuta dal Giardino delle delizie di Bosch che campeggiava, in una fedele riproduzione, sul muro in fondo alla stanza.
E lui, dimenticando il motivo per cui si trovava lì, sarebbe stato pronto a cogliere il peccato dell'uomo.


***



Il grande Carl Gustav Jung si è a lungo interessato all'argomento relativo ai sogni premonitori, suscitando le critiche sia dai contemporanei, come Sigmund Freud, sia di altri psicoanalisti. L'interesse di Jung per questi e altri fenomeni irrazionali si data fin dalla sua tesi che aveva come titolo "Sulla psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti". Per lo psicologo svizzero una possibile spiegazione di questi inspiegabili fatti, tra cui appunto i sogni premonitori, farebbe riferimento a una realtà "intrapsichica" fuori dai normali riferimenti spazio-temporali, nella quale passato, presente e futuro sono assunti diversamente e con percezioni di natura anche inconscia, come l'esperienza onirica..
Sull'irrazionale scriveva Jung in Mysterium Coniunctionis:
Il causalismo della nostra concezione scientifica del mondo risolve tutto in processi singoli, che esso cerca accuratamente di separare da tutti gli altri processi paralleli.
Questa tendenza è assolutamente necessaria dal punto di vista di una conoscenza attendibile, ma dal punto di vista di una concezione del mondo ha lo svantaggio di perdere la connessione universale dei grandi rapporti, cioè dell'unità del mondo, che viene progressivamente impedita.
Ma tutto ciò che avviene, avviene in uno stesso e unico mondo e appartiene a esso. Per questa ragione gli avvenimenti devono possedere un aspetto unitario a priori.

[Carl Gustav Jung , Opere, 14 Vol., Mysterium Coniunctionis: Ricerche sulla separazione e composizione degli opposti psichici nell'alchimia, Milano, Boringhieri, 1990]

 

 

 

 

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