I fratelli Montesi




[Racconto di Paola Manoni]


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durata 19 minuti - Credits



Mio fratello Nino aveva una macchiolina sulla nuca... quel genere di segno sulla pelle che viene volgarmente chiamato voglia di fragola e che per nostra madre
era il modo più facile per riconoscere i due neonati gemelli: Nino e Francesco Montesi, omozigoti, identici come due gocce d'acqua.
Di quei gemelli che durante l'infanzia sono vestiti allo stesso modo e per tutta l'adolescenza frequentano le stesse scuole, gli stessi amici... ma mai le stesse ragazze...
Giocavamo a pallone, eravamo forti... e quando capitavamo in campo, divisi in squadre avversarie, era davvero difficile capire il nostro gioco soprattutto quando ci scambiavamo di ruolo assestando degli spettacolari autogoal.
Solo i familiari più stretti sapevano distinguerci da minimi dettagli.
Il timbro della voce, ad esempio.
Nino aveva un'intonazione leggermente più chiara della mia.
Ma anche il sorriso, più solare quello di mio fratello e poi l'indole... più dormigliona e pigra la sua, probabilmente a causa dell'unica differenza genetica tra noi...
Infatti il cosiddetto gene 24, che codifica una proteina neuronale, condiziona il ritmo del sonno e della veglia.
E se questo gene è assente... ne consegue che si fatica parecchio a uscire dal letto... proprio il caso di mio fratello mentre io la mattina sono subito attivo.
La casa di famiglia era piccola e la nostra stanza aveva un letto a castello. Per far alzare Nino, che dormiva sopra, puntavo i piedi sulla rete e lo facevo sobbalzare.
Lui rispondeva agitando il cuscino per colpirmi e il tutto alla fine degenerava in una specie di battaglia mattutina col risultato che arrivavamo a scuola quasi sempre in ritardo, correndo per tutte le strade del quartiere per non restare chiusi fuori dal cancello.
Un'altra differenza tra noi era l'attitudine allo studio.
Io non avevo molta voglia di stare sui libri.
Ero bravo solo negli sport che praticavo da autodidatta... a casa nostra non ci potevamo permettere piscine, palestre o lezioni di tennis dopo scuola...
Nino condivideva con me la passione per il calcio ma diversamente da me gli piaceva studiare.
Inutile dire che veniva sempre interrogato due volte... una per sé e una per me...
Eravamo due fratelli inseparabili finché, dopo il liceo, le nostre strade si allontanarono.
E fu quasi per caso.
Nostro padre fece dei sacrifici incredibili per farci continuare gli studi e io non potevo deluderlo sicché, finito il liceo, mi iscrissi alla scuola superiore di scienze motorie e sportive mentre Nino, spinto dalla sua fidanzata, quasi per gioco partecipò alla selezione di un'università britannica che offriva una borsa di studio a sostegno delle spese universitarie per giovani diplomati nella Comunità Europea.
Il reddito della famiglia era basso sicché Nino aveva tutti i requisiti per partecipare.
Mandò il suo test attitudinale e vinse.
Venne accettato alla facoltà di geologia della Saint Andrews University, in Scozia.
Fu così che i gemelli Montesi si trovarono per la prima volta da soli con il proprio destino.
Io continuai a fare la solita vita... frequentare la gente di quartiere e allenarmi.
Studiavo poco ma riuscii a diplomarmi.
Nino, dopo un primo inserimento difficile, si adattò al nuovo ambiente e si laureò col massimo dei voti, addirittura completando sei mesi prima il corso degli studi.
Per tutto il periodo universitario ci vedevamo giusto per Natale e per le vacanze estive ma comunicavamo spessissimo via posta elettronica.
All'epoca non c'erano ancora smartphone né piattaforme social dove postare in continuazione.
A casa non avevamo la rete e mi capitava spesso che quando mi collegavo in un internet cafè per scrivere a mio fratello, Nino fosse proprio davanti al computer, digitando il messaggio che mi arrivava praticamente in tempo reale.
Un'analoga coincidenza si verificava col telefono di casa.
Senza sapere chi stesse chiamando... capitava che io alzassi la cornetta, rispondendo spontaneamente:
"Ciao Nino!"
Non sbagliavo mai...
Erano simpatiche casualità e, senza nemmeno dircelo, entrambi le tenevamo riservate: facevano parte di quel rapporto segreto che ci legava come fratelli.
Ma di stranezze ne accadevano tante e si intensificarono proprio quando Nino si trasferì in Scozia.
In più di un'occasione ci era capitato nello stesso giorno di avere un mal di pancia o un mal di testa... o di fare il medesimo acquisto... anche una banalità... un paio di scarpe, una maglietta dello stesso colore.
Insomma... fra noi, geograficamente lontani, vi era un collegamento incredibile che si palesava con percezioni sottili.
Come accadde una sera di Capodanno.
Nino, ancora studente universitario, era tornato a casa per le vacanze di Natale.
Eravamo stati entrambi invitati a passare la fine d'anno in casa di amici in montagna.
Io avevo la febbre alta e non andai.
Nino accettò l'invito e con la sua ragazza si mise in auto la mattina del 31 dicembre.


Sfortunatamente non avevano le catene da neve e quando arrivarono a destinazione trovarono la strada completamente ghiacciata.
Mio fratello non è un guidatore molto esperto sicché quando finì sullo strato di asfalto ghiacciato fece l'ultima cosa che si deve fare in questo caso... pensò di frenare repentinamente...
L'auto fece un testa coda e finì fuori strada su un campo innevato.
Mentre tutto questo accadeva io febbricitante sudavo freddo.
Ebbi uno strano impulso di chiamare mio fratello al telefono che non mi rispose.
Provai allora a comporre il numero di telefono della fidanzata ma la linea non era raggiungibile.
Stavo in apprensione, senza saperne il perché.
La febbre aumentava e mi addormentai.
Sognai una macchina accidentata in mezzo alla neve e due conigli bianchi che uscivano dal cofano.
Poi Nino ci chiamò.
La macchina era distrutta e loro due ne erano usciti indenni.
Qualche anno dopo mi trovavo fuori città per lavoro.
Avevo ricevuto l'importante incarico di allenare una squadra di basket che era inserita in un circuito nazionale.
Ogni due settimane partivo per seguire le partite.
Nostra madre era in ospedale per una broncopolmonite mentre Nino era impegnato in un convegno di vulcanologia in Grecia.
All'uscita dello stadio, un sabato sera, nel clamore dei festeggiamenti della squadra che aveva vinto la partita, persi (o mi rubarono) il portafoglio con tutti i documenti, le carte di credito e i contanti.
Ancor prima di sporgere denuncia e di chiedere aiuto a qualcuno, mi arrivò un sms di Nino che diceva:
"Vicino al centro congressi c'è un money transfer... Fammi sapere in caso di necessità!"
Nostra madre morì di pleurite qualche mese dopo.
I nostri genitori erano molto legati e noi figli eravamo convinti del fatto che nostro padre, da solo, non sarebbe vissuto a lungo.
Avevamo ragione perché in meno di un anno perdemmo anche lui.
Io e Nino, stretti dal dolore, ci legammo ancor di più ma ci separammo nuovamente per motivi professionali.
Mio fratello era da tempo rientrato in Italia ma non aveva un lavoro stabile.
L'attività di ricerca non era facile da svolgersi e generalmente i geologi che rimanevano in Italia erano costretti a cambiare orizzonte professionale...
Mio fratello era disposto a vivere all'estero e pur di continuare le sue ricerche trovò una posizione universitaria interessante... esattamente agli antipodi... in Nuova Zelanda.
Nino era un esperto vulcanologo e la prospettiva di studiare il famoso vulcano neozelandese Taupo lo attirava molto.
Accettò il posto di ricercatore all'Università di Auckland presso l'istituto di scienze ambientali.
Nino e la sua compagna di sempre andarono all'avventura, dall'altra parte del Pianeta.
Io con la mia attività sportiva in Patria restai a vivere a casa dei nostri genitori...
Il suo contratto da ricercatore, oltre a un buono stipendio, includeva anche un alloggio e un fuoristrada con cui compiere gli spostamenti necessari per l'attività geologica.
Era tutto assolutamente perfetto e io ovviamente mi ripromisi di fare visita a Nino non appena avessi potuto sostenere le spese di viaggio.
Trascorse quasi un intero anno durante il quale comunicavamo tramite mail e videochiamate.
Notai che dopo la partenza di Nino mi capitavano delle cose strane.


Mi addormentavo in pieno giorno... la qual cosa non era certo abituale, così come l'impulso di alzarmi dal letto in piena notte per aprire il frigo e mangiare.
Un'altra volta sognai un terremoto e l'indomani sentii Nino che mi disse che c'era stata una fortissima scossa a 250 chilometri a Sud-Ovest di Auckalnd, quasi a rischio di tsunami.
Fu proprio questa notizia che mi richiamò alla coscienza questo sogno.
Ne parlai a Nino che rimase anche lui colpito.
Qualche tempo dopo ebbi un piccolo incidente in palestra.
Stavo mostrando un volteggio alle parallele agli allievi di ginnastica artistica quando misi stranamente una mano in fallo e caddi malamente, provocandomi una distorsione alla caviglia.
A distanza di un giorno Nino cadeva in strada, scivolando da un marciapiede e riportando la medesima distorsione.
Entrambi osservammo che tutte queste coincidenze occorrevano da che eravamo lontani... eravamo nei due punti più distanti del Globo ma incredibilmente legati!
Nessuno di noi si era dato la briga di domandarsi più di tanto il motivo di tali stranezze finché non accadde un fatto assai sorprendente.
Era un sabato di luglio, in pieno inverno australe in Nuova Zelanda.
Io ero vacanza al mare e di lì a un mese sarei partito per Auckland... finalmente avrei raggiunto mio fratello.
Nino era invece in piena attività lavorativa e come sempre ci vedevamo in videoconferenza, tradizionalmente il sabato mattina alle 11.00... cioè, per Nino, per la buonanotte... e se capitava qualche contrattempo che faceva saltare l'appuntamento, ci avvisavamo con qualche messaggio.
Chiamai come di consueto ma quel sabato Nino non rispose né mi avvisò per tempo.
Era strano ma non mi preoccupai.
La domenica feci una lunga e al rientro provai nuovamente a sentirlo (per Nino, era già lunedì mattina).
Nessuna risposta.
Presi sonno con difficoltà perché solo allora mi resi conto che non avevo nessun numero da chiamare in caso di necessità... la fidanzata era in vacanza in Italia e io non avevo altri riferimenti...
Alla fine mi addormentai e vidi Nino in sogno, con un ciondolo verde al collo: era un anello di giada.
Nino mi recitò la Poesia dell'Anello... che da ragazzini avevamo imparato a memoria... da bravi amanti del fantasy, folgorati dalla lettura del Signore degli Anelli di Tolkien.
Mi svegliai recitando ancora l'ultima strofa...

...Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nell'oscurità incatenarli.
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende
.

Provai nuovamente a chiamare mio fratello, ancora dentro al letto....
Nessuna risposta.
Contattai la fidanzata che mi diede il nominativo di un professore dell'Università di Auckland, collega di Nino.
Lo chiamai... sarà stato per il mio inglese imperfetto ma ebbi l'impressione che non comprese affatto la mia preoccupazione.
Era quasi indifferente.
Mi disse che mio fratello stava studiando il vulcano Taupo e che molto probabilmente si trovava nella zona.
Sapevo di questa ricerca e anche dei molti spostamenti di Nino per effettuare rilievi geologici nella zona del vulcano ma in quei giorni non mi disse che aveva in previsione questo viaggio.
Mi fidai del mio istinto.
Sentivo che Nino non stava bene... ero irrazionalmente convinto che gli fosse accaduto qualcosa e che non si trovasse nella zona del Taupo.
Tornai in città con l'idea di andare al Consolato neozelandese... per chiedere aiuto.
Nel viaggio in macchina ripensai al sogno.
L'anello verde e Tolkien... poi, fermo a un semaforo rosso, ebbi un flash... visualizzai una scena di uno dei film tratto dal Signore degli Anelli... e da lì... il sospetto!
Il film era stato girato in Nuova Zelanda!
Mio fratello... mi stava forse indicando una località?
Arrivai a casa come un forsennato... mi misi al computer e cercai nel web. Concatenai due parole chiave: Nuova Zelanda + Giada... e uscì fuori qualcosa che non sapevo.
Tutti i monili maori sono di giada, proveniente dalla coste occidentali dell'Isola Meridionale... e uno dei centri più famosi per la lavorazione della giada è Queenstown.
Scoprii inoltre che le scene delle grandi battaglie del film erano stata girate proprio lì!
Fui immediatamente convinto che mio fratello si trovasse in pericolo a Queenstown... anche se ovviamente tutto questo era infondato!
Come un automa recai al Consolato per denunciare la scomparsa di mio fratello e riferire dei miei sospetti.
Senza nemmeno pensare alle conseguenze che avrebbero potuto comportare queste affermazioni giustificate dal nulla... mi presentai al funzionario neozelandese che per fortuna parlava italiano e dissi che non avevo più notizie di mio fratello da sabato... aggiunsi, senza esitazione, di sapere che l'ultimo suo spostamento noto era nei paraggi di Queenstown.
Mi ero fatto l'idea che i neozelandesi fossero persone con le emozioni sotto controllo perché, come il professore di Auckland, anche costui partecipò con un totale distacco ma almeno fu efficiente.
Trasmise la mia denuncia alla polizia locale e poi, con altrettanta fredda professionalità, mi rese noto che le lande dell'Isola del Sud sono assai desolate.
Disse che i centri urbani distano chilometri e chilometri e in questa terra di mezzo, priva di copertura telefonica, non è facile incontrare anima viva, soprattutto in inverno.
Mi venne un nodo alla gola ma ringraziai lo stesso per le informazioni... andai via, dopo aver verificato due volte che i recapiti telefonici che avevo lasciato fossero stati registrati correttamente.
Per un po' vagai senza meta... sentii la necessità di entrare in un bar e prendere un caffè.
Era una giornata molto calda e io non mi sentivo affatto bene: avevo brividi di freddo.
Tornai a casa e avvisai la compagna di mio fratello della mia denuncia.
Non avevo avvisato nessun altro della situazione semplicemente perché non volevo usare il telefono... dovevo lasciare la linea libera...
Non ebbi la forza di mangiare... sapevo che era successo qualcosa ma prima di precipitarmi in Nuova Zelanda aspettavo di avere qualche comunicazione dal Consolato... che speravo di avere a breve, prima delle 23 ore di aereo che avrei impiegato per arrivare laggiù.
E fui esaudito perché in tarda serata le notizie arrivarono!
Avevano trovato Nino su un valico delle Alpi Neozelandesi, non lontano da Queenstown... era andato fuori strada, un testa coda a causa del ghiaccio, in modo del tutto analogo a quanto accadde in Italia anni prima... con la differenza che stavolta si era fatto male.
Aveva riportato una brutta frattura esposta a una gamba che lo aveva costretto dentro la macchina, nell'incapacità di muoversi...
La polizia lo trovò tra le lamiere e chiamò immediatamente i soccorsi che lo trasportarono all'ospedale di Queenstown...
Così rividi mio fratello nella città di giada.


Il termine inglese entanglement, impossibile da tradurre, designa il fenomeno studiato dalla fisica quantistica per il quale due o più particelle sono intrinsecamente collegate tra loro, al punto che le azioni sull'una (incluse le misurazioni) hanno un effetto istantaneo sulle altre.
Gli scienziati sono arrivati a dimostrare l'entanglement quantistico di fotoni, a dispetto di Einstein che invece non accettava una simile ipotesi.
Le particelle legate in modo indissolubile (entangled) condividono un destino, nel senso che quello che accade a una si ripercuote immediatamente anche sull'altra, indipendentemente dalla distanza che le separa.
Schrödinger, uno dei padri della meccanica quantistica, ipotizzò questo fenomeno, in linea teorica, nel 1926. Ma fu nel 1935 che il termine entanglement venne utilizzato.
I fisici hanno recentemente dimostrato che la correlazione quantistica a distanza tra due fotoni può essere mantenuta a migliaia di chilometri...
Sulla scorta di questi risultati scientifici, ci sono teorici che ipotizzano la possibilità di entanglement mentali come manifestazioni di fenomeni psichici collegati.
C'è chi sostiene che la comunicazione tra i gemelli omozigoti ne sia un esempio.
Io non so esprimermi a riguardo ma se ripenso al sogno che mi fece capire del pericolo di vita di Nino, osservo solo che il suo messaggio mi arrivava attraverso un linguaggio simbolico tratto dalla nostra infanzia perché le cose dei bambini hanno maggiori possibilità di essere liberamente collegate... sicuramente molto più di quelle degli adulti.
Einstein, anche se non apprezzava la fisica quantistica, affermava:
"La logica vi porterà da A a B... L'immaginazione vi porterà dappertutto"... e questa è la chiave che apre il mondo della conoscenza.

 

 

 

 

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