Il caso Geller




[Racconto di Paola Manoni]


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Uri - figlio di Itzhaak, ebreo ungherese in fuga dall'olocausto - nasce a Tel Aviv il 20 dicembre 1946.
Il clima della Palestina, alla fine degli anni '40 dello scorso secolo, era un crescendo di guerriglia fra arabi ed ebrei, incursioni, attacchi a sorpresa ma anche di speranza di una terra promessa che i nuovi coloni come Itzhaak strappavano poco alla volta al deserto.
Dal 29 novembre 1947, quando le Nazioni Unite stabilirono la fondazione di due stati indipendenti, quello arabo e quello ebraico, lo scenario militare faceva da sfondo alla quotidianità dei cittadini del nascente stato d'Israele e dei territori palestinesi.
Il padre di Uri non tardò ad arruolarsi nell'esercito, consacrando la sua vita alla causa israeliana.
In quel tempo Uri Geller, affidato alle cure della madre, come tutti i bambini, andava a scuola.
Il suo maestro era molto noioso ed una mattina in particolare raggiunse l'apice della monotonia: spiegava ripetutamente le stesse cose.
Uri si sentiva esausto, non sopportava più la lezione.
Guardò il suo orologio: le 10.30 di mattina... come fare per arrivare alle 12.00, alla fine della lezione?
Rassegnato per il fatto di dover passivamente subire la noia, si mise a vagare con la mente, auspicando l'ora in cui sarebbe stato finalmente libero.
Passarono pochi minuti e ipnoticamente gettò lo sguardo sull'orologio che ora segnava, incredibile a dirsi, le 12.00 in punto!
Automaticamente scattò in piedi quando invece nessun altro si mosse.
Il maestro lo guardò stupito.
Uri vide che l'orologio a muro dell'aula segnava solo le 10.40.
Si rimise seduto, chiedendo scusa al maestro ma guardando nuovamente il suo orologio da polso: le 12.10.
Ci mancava anche la beffa di un meccanismo evidentemente rotto!
Con disappunto si distrasse un poco ma poi tornò nuovamente con lo sguardo sul quadrante che ora segnava le 11.30.
Più tardi condivise quest'esperienza con i suoi più fidati compagni con i quali decise di ripetere l'esperimento.
I ragazzi osservarono che Uri aveva la capacità di spostare le lancette secondo il suo pensiero, il desiderio del momento, anche se non potevano certamente comprendere come questo fosse possibile.
Avrebbero voluto trasferire questa possibilità a tutti gli orologi della scuola ma Uri poteva agire solamente sul suo e durante l'orario delle lezioni.
Infatti, notò che a casa o altrove non era in grado di ripetere l'esperienza.
Era il 1953 e questa fu la prima consistente 'stranezza' che si manifestò nella vita di Uri Geller.
A circa nove anni la madre lo mandò a vivere in un kibbutz, non lontano da Tel Aviv.
Il padre aveva oramai fatto dell'attività militare la sua ragione di vita e, di fatto, aveva abbandonato la famiglia. La mamma Margarete aveva conosciuto un pianista e, per vivere la sua nuova storia, aveva deciso il trasferimento del figlio.
Ma prima di allora, Uri e Margarete erano sempre insieme sicché la separazione dalla madre fu un avvenimento traumatico per il bambino.
Nel tempo libero Margarete aveva l'abitudine di giocare a carte con le amiche.
Quando tornava a casa, Uri riusciva a sapere in anticipo la somma esatta che aveva vinto o perso, ancor prima che lei parlasse.
Era divenuta una specie di abitudine che Margarete recepiva senza soffermarsi minimamente sull'evidenza della telepatia del figlio il quale indovinava sempre.
Quando scoppiò la guerra arabo-israeliana nel 1956, Uri si trovava ancora nel kibbutz.
A causa dei venti di guerra, Margarete e il pianista non tardarono a sposarsi e Uri li seguì nella loro nuova vita a Cipro dove l'uomo, oltre a suonare il piano, gestiva un piccolo albergo.
Il ragazzo frequentava la scuola nel Collegio di Terra Santa, dove la maggior parte degli allievi era di nazionalità americana e inglese. Nel giro di pochi mesi Uri imparò a parlare l'inglese oltre che il greco: aveva una spiccata capacità nell'apprendere le lingue straniere.



Del resto, la vita a Nicosia aveva perso la determinazione ebraica e quando Uri compì dodici anni, la tradizionale celebrazione del Bar Mitzvah (l'ingresso nell'età adulta secondo la legge ebraica) non fu al centro dell'interesse mentre si affermava attorno a lui una dimensione più varia, frutto di una mescola risultante da elementi ideologici-religiosi e di lingue diverse. Ma l'esperienza di Cipro qualche anno più tardi terminò con un lutto.
Il pianista ebbe un improvviso attacco cardiaco e morì.
La situazione a Cipro divenne sempre più difficile per Uri e Margarete.
Un nuovo governo, insediatosi dopo il rinnovo delle elezioni politiche, era poco incline agli ebrei.
Questo clima mutato, congiunto alla difficoltà di mandare avanti l'attività del marito, convinse Margarete a vendere l'albergo e fare ritorno con suo figlio in Israele.
Nel 1965 Uri Geller entrò nella scuola Allievi Ufficiali di Tel Aviv ma, dopo aver perso il suo migliore amico, rimasto ucciso in un'azione militare, al confine con la Giordania, il giovane trovò il modo di lasciare la scuola per concentrarsi nel più estremo addestramento da paracadutista.
Seguirono anni di lanci dagli aerei nel deserto, di addestramento e di guerra.
In un'azione rimase gravemente ferito e fu così costretto a svolgere una lunga riabilitazione la quale prevedeva anche la frequentazione di un campo estivo. Si affezionò ad una ragazza, Hannah, ed al suo fratellino di nome Shipi e fu con loro che riprese, ovviamente per gioco, la capacità di condizionare le lancette dell'orologio.
Il "trucco" dell'orologio funzionava ancora a perfezione!
Alla fine del 1968 Uri si congedò dalla vita militare e trovò un impiego presso una ditta tessile di Tel Aviv ma, dopo anni trascorsi in modo molto movimentato, la tranquillità del nuovo lavoro richiedeva un certo margine di evasione.
Uri rimase in contatto con i ragazzi che aveva conosciuto nel campo estivo e, fece bene perché grazie a loro accadde la significativa svolta della sua vita!
Nell'estate del '69 Shipi lo pregò di recarsi presso la sua scuola per ripetere "i trucchi in classe": l'esibizione delle sue capacità paranormali.
Il maestro del ragazzo era d'accordo sicché si organizzò una sorta di spettacolo presso l'auditorium della scuola.


Era la prima apparizione in pubblico di Uri Geller.
Oltre all'esibire il 'condizionamento' delle lancette dell'orologio, Uri fece tracciare ai bambini dei numeri e disegni su una lavagna mentre lui, ad occhi bendati, era in grado di indovinare tutto quel che gli alunni avevano scritto.
Il successo fu assoluto sicché il piccolo Shipi continuò ad organizzare nuove apparizioni pubbliche di Uri: presso i vicini di casa, tra le famiglie dei compagni di scuola.
Già nel gennaio 1970 comparvero dei trafiletti di giornale, sulla cronaca locale di Tel Aviv, che parlavano delle doti fuori dal normale di Uri Geller.
Un impresario teatrale organizzò per Uri delle serate: in un college per i laureandi del Technion Institute di Haifa.
Fu l'inizio della sua popolarità per tutto il paese.
Uri esibiva essenzialmente le sue capacità di telepatia e psicocinesi.
Chiedeva al pubblico di scrivere o pensare qualcosa che lui indovinava.
Domandava poi anelli, oggetti di metallo, che diceva di poter spezzare con la forza del pensiero.
E questo, a quanto pare, era quanto si verificava.
Chiedeva al proprietario dell'anello di sfilarlo dal dito e di riporlo nel pugno chiuso.
Uri vi poneva sopra la sua mano e poi chiedeva di riaprire il pugno.
L'oggetto si trovava spezzato in due parti; quando si trattava di anelli importanti, come una fede nuziale, si limitava ad incrinarli, provocando una linea di frattura nel metallo.
Grande illusionismo o accadimenti paranormali?
Gli straordinari poteri di Uri fecero il giro del mondo e catturarono l'interesse dello Stanford Research Institute (SRI).
In linea con altri centri di ricerca, quello di Stanford cercò di rispondere all'esigenza scientifica di comprendere fenomeni paranormali come quelli di Uri Geller.
Presso l'Istituto furono svolti esperimenti che durarono cinque settimane, tra novembre e dicembre 1972, documentati da una serie di filmati.
Una delle dimostrazioni tipiche di Uri consisteva nel sedersi in mezzo ad un gruppo di persone e cercare di trasmettere un numero ad una serie di individui scelti. A questo test parteciparono professori universitari e ricercatori. Nel filmato che documenta l'esperimento, si nota la presenza del vicepresidente dell'SRI, il dr. Donald Scheuch che riceve con successo l'informazione trasmessa e scrive il numero ricevuto.


Ovviamente l'Istituto si riservò diversi esperimenti di laboratorio, fuori dall'attività di controllo di Geller.
Il primo dei protocolli sperimentali proposti fu il seguente:
furono preparati quindici disegni, ognuno chiuso in due buste sigillate, l'una dentro l'altra, riposti in una cassaforte della quale nessuno degli sperimentatori conosceva la combinazione.
Alla presenza di un testimone, lo sperimentatore estraeva a caso una busta dalla cassaforte.
Lo sperimentatore apriva l'involucro esterno e poi portava il disegno nella stanza, dove era presente Uri Geller che avrebbe dovuto ridisegnarne il contenuto.
E questo per tutti e quindici i disegni, dove anche il ricercatore non era a conoscenza del contenuto delle buste.
Il filmato mostra i disegni di Geller e pone a confronto quanto da lui elaborato con gli originali, da cui si evince una rispondenza stabile e coerente per tutti i casi, tranne che per il disegno di un paio di occhiali da sole, dove veniva riprodotta una forma astratta.
Inutile dire che né Geller e nemmeno gli sperimentatori avevano prima di allora la benché minima idea del contenuto del test.
Si trattava di un esperimento doppiamente cieco .
Il portadisegni impiegato era composto da una busta interna opaca, chiusa in una seconda busta di Manila che non consentiva alcuna trasparenza.
Questo tipo di esperimento venne ripetuto più volte nel corso delle due settimane e sempre con esito soddisfacente.
Un altro esperimento importante, anch'esso documentato e doppiamente cieco, fu il seguente:
un soggetto estraneo ai test entrava nella stanza sperimentale per depositare dieci oggetti in una cassetta. Si trattava di lattine con dei coperchietti numerati. In una di queste, scelta a caso, venne depositata una sfera d'acciaio di due centimetri di diametro. La persona usciva subito dalla scena per lasciare il campo agli sperimentatori e a Geller.
Nessuno di loro sapeva il contenuto dell'oggetto né in quale lattina esso fosse.
Uri non poteva toccare né le lattine e nemmeno il tavolo, dove era deposta la cassetta contenente le lattine.
Il protocollo sperimentale indicava che, sotto istruzioni di Geller, lo sperimentatore spostasse una per volta le lattine, per escluderle dalla scelta.
Infine il gioco prevedeva di far indicare a Uri, per iscritto, dove si trovasse l'oggetto in una scelta di due o tre lattine rimanenti.
Geller sceglieva ... e la sferetta veniva trovata.
L'esperimento ebbe più riprese nel corso dei giorni.
Le prime volte era necessario a Geller passare le mani sopra le lattine, per una ricerca rabdomantica.
Poi gli era sufficiente entrare nella stanza, sedersi e indicare allo sperimentatore cosa escludere e infine scegliere l'ultima lattina.
Variando sul tema, venne riempita una lattina d'acqua a temperatura ambiente, poi disposte le lattine differentemente ed infine girata la cassetta.
La ricerca dell'acqua fece esitare Geller ma riuscì comunque a non mancare l'obiettivo.
Il test con le lattine fu ripetuto per quattordici volte: cinque volte con una sfera di acciaio, cinque con un magnete, due con l'acqua, una con un cuscinetto a sfere avvolto nella carta e un'altra con una zolletta di zucchero. Solo questi ultimi due obiettivi non andarono a buon fine poiché Geller non si sentì sicuro della loro posizione e rinunciò ad individuarli. Mentre nelle restanti dodici prove, egli mostrò un ampio margine di sicurezza nella scelta effettuata.
Gli sperimentatori, con dieci prove superate con successo, ottennero un risultato le cui probabilità di indovinare a caso l'oggetto contenuto erano pari a 10 elevato alla dodicesima: il numero delle lattine elevato al numero delle prove andate a buon fine.
Si propose un altro esperimento consistente nell'indovinare l'esito della gettata di un dado all'interno di una scatola.
Anche in questo caso, le prove ebbero effetto positivo: otto su dieci tentativi.
Per due volte Geller rinunciò a rispondere, che è significativamente diverso dal fatto di dare un risultato errato.
Presso l'Istituto di ricerca si svolsero anche prove di psicocinesi.
Un test mirava a verificare la capacità di Geller di muovere con il pensiero un oggetto di piccole dimensioni, eliminando qualunque altra componente accidentale.
Venne scelto un peso di un grammo che fu posto su una bilancia elettrica, coperto con una lattina di alluminio e chiuso con un cilindro di vetro, al fine di eliminare spostamenti dovuti a correnti d'aria.
Per testare i segnali cinetici all'apparecchiatura di controllo vennero effettuati degli spostamenti picchiettando sulla campana di vetro, sul piano e al disotto del tavolo nonché saltando sul pavimento così da distinguere i segnali da quelli prodotti dallo spostamento del peso a mezzo del pensiero di Uri Geller. I segnali prodotti da Geller non trovarono paragone con gli altri precedentemente prodotti.
E lo stesso si verificò con l'esperimento di deviazione di un ago della bussola.
Geller pose le mani davanti allo strumento, generando una variazione di campo magnetico.
Gli sperimentatori avevano precedentemente appurato che non vi fosse alcun magnete attivo.
Dunque, anche questo test ebbe una riuscita positiva che tuttavia, retrospettivamente, non fu preso in considerazione.
Infatti, si vide che gli stessi tipi di deviazione prodotti da Geller potevano essere provocati dalla presenza di un piccolo frammento metallico, non rilevabile nemmeno dal magnetometro.
Nonostante non fosse stata accertata la presenza di alcun metallo nelle vicinanze, l'esperimento non fu più considerato come valido.
Infine si provò a testare la capacità più nota dell'israeliano: la sua proverbiale dote di piegare il metallo a distanza.
Ma nelle condizioni ambientali del laboratorio questo test non riuscì.
In modo meno severo, consentendo di toccare lievemente il metallo, Geller fu in grado di piegare un cucchiaio di acciaio inossidabile.
Tuttavia gli sperimentatori non considerarono l'evidenza di un filmato che documenta tale azione, come una prova in grado di testimoniare una capacità paranormale.
Ma nemmeno negarono il fatto che numerosi cucchiai ed anelli si piegarono docilmente tra le mani di Uri Geller.
In particolare vi furono due anelli, confezionati per queste prove presso l'Istituto.
Uno di ottone e l'altro di rame, entrambi tarati per richiedere una forza di circa 68 chili per essere piegati.
Questi anelli si deformarono mediante un semplice contatto delle mani.
Gli sperimentatori ricapitolarono questi test, considerando inoppugnabili le prove di percezione extrasensoriale (i disegni, le lattine, il dado) mentre non sufficientemente controllabili dal protocollo sperimentale le prove di psicocinesi.
Il professor Tiller, emerito di Ingegneria e Scienza dei materiali alla Stanford University, avanzò l'ipotesi di Uri quale aggregatore o meglio 'coesore' che 'assorbe incoscientemente energia data da altri e la trasforma in modo da produrre spettacolari effetti psicoenergetici'.
Così egli argomentava il successo che in tali prove sarebbe provocato dalla presenza del pubblico numeroso mentre con poche persone, tale possibilità sarebbe ridotta e questo giustificherebbe la variazione delle prestazioni di Geller (ma è una spiegazione non scientifica!).
Di fatto, il caso Uri Geller, divenuto noto per il largo interesse mediatico, ha diviso l'opinione pubblica: tra chi lo considerava e ancora lo considera come abile esempio d'illusionismo prestigiatore e chi invece ne sosteneva e ancora ne sostiene le sue capacità ESP.
E noi, senza tirare le somme, possiamo solo concludere dicendo che il prodigio, in qualunque modo esso sia prodotto, è sempre avvolto da mistero...

Bibliografia su Uri Geller:

Angela, P., Viaggio nel mondo del paranormale, Garzanti, 1978.

Margolis, J., Uri Geller: magician or mystic?, Orion, 1998.

Puharich, A., URI: a journal of the mistery of Uri Geller, Lab Nine 1971.

Randi, James, The Truth About Uri Geller, Prometheus Books, 1982.

Targ, R. & Puthoff, H., "Information transmission under conditions of sensory shielding," Nature, 251, 18 October 1974, pp.602-607.

 

 

 

 

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