Il ritorno di un mito




[Racconto di Paola Manoni]


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Esterno urbano, a notte fonda.
Un bellissimo giovane, fuori da una discoteca, è seduto sulla scala di metallo dell'uscita di sicurezza, accasciato sul primo scalino, non lontano dai secchi della spazzatura.
Un getto di vapore che fuoriesce da un tombino del marciapiede avvolge la sua figura.
La testa è leggermente piegata.
I boccoli dorati ricadono morbidi sulla fronte.
Le spalle sono ricurve.
Il braccio sinistro proteso in avanti, appoggiato sulla gamba.
Il braccio destro leggermente indietro, lungo il fianco.
Gli occhi sono chiusi.
Il ragazzo affonda in un sonno sereno.
Poco più indietro, non lontano da lui, campeggia sul penultimo scalino una cetra con una corda saltata.
Un musico da strada, un mendicante, un ospite indesiderato nel locale notturno, da poco 'accomodato fuori' col suo strumento?
Sul marciapiede bighellona un cagnolino bianco e nero: annusa l'aria e poi si allontana.
Il giovane rimane immobile, neanche sembra reagire al frastuono che segue: la porta metallica del locale si apre e con fragore due uomini vengono strattonati sulle scale.
Sono ubriachi e ridono sguaiatamente.
Rimbomba la porta che si richiude.
"E tu chi sei?"
sbiascica il più giovane dei due, rivolgendosi al dormiente che per un soffio non viene calpestato.
Nessuna risposta.
L'altro prende la lira e pizzica le corde.
Poi strimpella senza grazia, producendo striduli suoni, privi di alcun senso musicale.
Il giovane apre gli occhi, apparentemente senza traccia di sonno.
"Non tormentare il mio strumento, vai a casa che domani al bar avrai qualche sorpresa".

Il ragazzo è colpito, apre di scatto la mano, lasciando cadere lo strumento in terra.
"E tu, che ne sai?!".
Il tono è incredulo e sostenuto.
"Guaglio'!", interviene l'altro, di mezza età, con accento marcatamente napoletano e perentorio, "Ma chi sei, rispondi!".
L'enigmatico giovane richiude gli occhi.
L'ebbrezza dell'alcol si stempera nel freddo del primo mattino e nello stupore assoluto: i due ubriachi sono ora più lucidi.
Parlottano tra loro.
"Ma questo chi è, che vuole, come fa a conoscermi?... Ma come fa a sapere che lavoro al bar, nemmeno a dire che è in zona!!"
"Uhhhh quante fisime... ti avrà visto su Facebook e taggato come amico di amico tra gli habitués di questa disco... magari ti ha riconosciuto dalle foto pubblicate... quando facevi il cubista e servivi i drink ballando... da queste è scattato il link con le altre immagini del bar".
"Al lavoro domani ti accuseranno di aver scassinato le slot machine".
I due si girano, dopo aver sentito il vaticinio e vedono l'estraneo in piedi con lo strumento musicale sotto braccio.
Ora lo vedono bene e si accorgono del suo strano abbigliamento: una tunica color indaco coperta da una clamide di identico colore.
Passa qualche istante e la persona scompare, svanisce nel nulla.
I presenti rimangono letteralmente a bocca aperta.
Con l'etanolo nelle vene che contrasta con la scarica di adrenalina della paura mista a stupore, giurano a se stessi di non ubriacarsi più.
Il mancato possesso di individuazione tra realtà e 'visione alcolica' mette loro in serio imbarazzo.
Intanto il sole sorge e con l'alba accrescono i guai del barista.
La saracinesca alzata mostra la realtà.
La porta del retrobottega è forzata, le macchine d'azzardo scassinate nella sala giochi.
Entità del furto: 12 mila euro.
Chi sapeva del pieno di cassa?
"Solo il barista poteva sapere con precisione che le mangiasoldi erano pronte da mungere", commenta il proprietario del bar agli agenti del 113.
Il ragazzo è il primo indiziato.
A sua discolpa, chiama il compagno di sbronza.
Ma la testimonianza non è probante poiché trattasi di suo cugino che, se pur trapiantato in altra città, rimane pur sempre un collaterale di primo grado.
Inoltre, nel modo in cui egli si presenta, dà l'impressione alla Polizia di essere più facilmente abile a fornire all'indiziato una complicità piuttosto che un alibi.

Un lungo interrogatorio e un nulla di fatto ma i due tizi escono estenuati dal Commissariato.
La Polizia non ha nulla per poter accusare il barista del furto con scasso ma nemmeno si è potuta acclarare la sua estraneità ai fatti.
Tuttavia l'indagine andrà avanti e occorre trovare un avvocato.
Fumando e camminando nervosamente su e giù lungo il marciapiede, ancora sotto il Commissariato, entrambi giungono alla conclusione che devono ritrovare, costi quel che costi, lo sconosciuto che si è volatilizzato nella nebbia: lui che ha previsto tutto saprà spiegare la verità e confermare il fatto che all'ora del furto entrambi loro erano in sua compagnia.



"Chillo era strano assai... ma di sicuro è la nostra salvezza: eravamo con lui, c'è poco da fare!".
"Sì, ma che ne sappiamo se fosse o meno dentro la disco?"
"L'importante non è cosa facesse chillu guaglione ma, che ci avesse visti 'a noi'... capisci, frate'!".
"Anche se tu avessi ragione, mi dici come becchiamo nuovamente quel tipo?"
"Uhhhh, io credo in San Gennaro, nel Napoli e in Facebook".
"Allora siamo a posto!" risponde secco il cugino.
"Proprio a posto: se come ti dico io ti avesse taggato... magari risponde al nostro appello e si identifica nel tuo wall".
"E se non mi ha taggato, mi rivolgo a San Gennaro perché mi aiuti a trovarlo?!".
La notte è cupa per il barista che non riesce a dormire.
Si alza, preso dalla disperazione accende il computer e naviga col suo account nello spazio sociale di Facebook.
Anche il cugino sembra avere qualche dote profetica perché in bacheca trova un messaggio davvero strano:

"...nel cuor della notte, quando la sonnolenza ottunde i miei sensi mortali, allora ascolto la celeste armonia delle sirene che presiedono alle nove concentriche sfere... si dolce la musica spira da cullare le figlie della Necessità, costringendo alla legge l'instabile natura e il basso mondo segue con un moto misurato la dolce musica che nessuno può udire d'umano stampo e rozzo e contaminato orecchio".
J.Milton, Arcades, versi 61-73.


'Postato' da 'Radicale Trofeo'.
"Cugino, ti devo parlare", dice il barista al cellulare, "mi dicevi del wall di Facebook, corretto?"
"Ma ti sei scimunito a parlarmi del wall a quest'ora della notte?!?", il napoletano riemerge dal sonno profondo.
"C'è una frase misteriosa di un certo Milton".
"San Gennaro, che ti avevo detto? Il guaglione si chiama Miltòn!!!!
Abbiamo risolto il caso, mamma miaaa!".
"E' una cosa strana perché pare un verso di una poesia.
Non ci capisco niente e non conosco questo Milton".
"Sarebbe stato meglio ti avesse lasciato il suo cellulare ma, anche se così non è, statte bbuono che è un primo passo, almeno questo".
"Leggo in ultimo che è postato da Radicale Trofeo e non ho la minima idea di chi sia...".
"Senti frate'... noi siamo ignoranti in molte cose e penso che ci dobbiamo far aiutare da chi ne sa più di noi in fatto di poesie e di misteri".
"Hai qualche idea?!".
"Il tuo cugino terrone ha sempre qualche idea geniale, ne parliamo domattina".
"Eh no! Rischio la galera per un fatto non commesso, ho perso il posto e tu te la prendi comoda?
Guarda che il gabbio lo rischi anche tu... sono capaci di metterti in mezzo, pur di trovare una scusa e chiudere la pratica".
"Uhhhh come sei iperattivo... domani chiamo una conoscente mia che è una mezza matta, un'artista che sa tante cose strane.
Ora tengo suonno.
E, quando tengo suonno io non ragiono, a domani", chiude il telefono senza altre aggiunte.
Il cellulare rimane irraggiungibile dalle 8.00 alle 10.00.
Il barista prova ogni dieci minuti: è divorato dall'ansia.


Esce da casa e va a sedersi nel cortile condominiale, sulla panchina antistante un piccolo spazio dedicato al gioco dei bambini.
Il cielo è grigio e il posto è molto squallido: due altalene sfondate, uno scivolo arrugginito e una grande aiola di sabbia, piena zeppa di cartacce.
Il ragazzo è disperato, disoccupato, braccato.
Continua a fumare nervosamente, cercando di ingannare il tempo prima di riprovare al telefono.
Ma ecco che vede arrivare il cugino a passi lenti, in compagnia di una donna di mezza età.
"Puntuale all'appello: ti ho portato la soluzione e due zeppole napoletane".
"Andiamo su da me", propone il ragazzo prendendo in consegna il sacchetto di dolci.
Le presentazioni sono brevi, salendo in ascensore:
Jacinta, di origine inglese, è una donna piena di risorse: poetessa, artista di strada, astrologa e cartomante.
Soprattutto è una donna molto originale che vanta, finzione o realtà, amicizie di tutti i tipi: dal duca di Windsor al cugino napoletano.
La casa è un monolocale molto disordinato, con le serrande chiuse e l'aria viziata.
In un angolo c'è la cucina, in un altro il letto e nel mezzo il soggiorno, composto da divano, tavolo, televisione, stereo.
Davanti ad una tazzina di caffè bollente il barista mostra sul monitor il wall del suo account di Facebook.
La donna legge ad alta voce i versi e commenta estasiata:
"Ahi Milton, vate britannico!"
"Come ha detto?"
"Ha detto V A T E" Senza erre...".
"Jaci', ci vulite spiegare pure a noi questo fatto?".
"Sul wall c'è uno dei più intensi versi pastorali del padre dell'umanesimo britannico: John Milton, vissuto a Londra nel diciassettesimo secolo.
E' un trionfo alla musica suprema, all'armonia del mondo".
"Ma che c'azzecca con un ignorante cumm a te, frate'...!"
"Non conosco poeti né persone col nickname di 'Radicale Trofeo'!".
"Ma indubbiamente chi ha scritto ha una cultura classica molto raffinata", commenta la donna la quale, mentre parla, tira fuori dalla borsa un mazzo di tarocchi.
"Io non ci capisco più niente, da quell'ubriacatura infame ad oggi, mi sembra di vivere in un incubo".

"Estrai una carta, ragazzo", dice Jacinta, porgendo a ventaglio il mazzo di tarocchi.
Il barista si avvicina con la mano destra ma la donna lo interrompe:
"Con l'altra mano, mai toccare le carte con la destra...".
Il ragazzo sceglie.
"La morte".
"Gesù, Giuseppe e Maria!".
"Ma no, tranquilli, è una carta che implica una trasformazione, un grande mutamento. Morte simbolica come atto finale, nel ciclo di una rinascita".
Dopo qualche altro scambio di battute e d'informazioni, Jacinta si fa raccontare tutta la storia e prima di andare via, chiede al barista i suoi recapiti, promettendo che avrebbe pensato a una possibile spiegazione delle misteriose vicende e che si sarebbero sentiti.
Nei due giorni a seguire, la concentrazione è volta verso la valutazione delle informazioni e delle risorse da reperire per un buon avvocato; dopo una settimana, potere del tempo, il ricordo dei fatti inspiegabili sembra lievemente sbiadito, sprofondato nel presente.


Ma poi un giorno squilla il telefono.
"Sì. Pronto Jacinta!? ".
"Singolare! Come potevi sapere che fossi io, non ti ho lasciato il mio telefono".
Il ragazzo non ci bada più di tanto, desideroso di sentire quando la donna, di lì a poco, gli avrebbe raccontato.
Dopo qualche altra battuta, Jacinta va al sodo della sua comunicazione.
"Senti tesoro, ho capito chi ti ha scritto sul wall, anche se la spiegazione sembra del tutto assurda".
"Ci vogliamo incontrare così che possa partecipare anche mio cugino?".
"Sì! E' una buona idea".
L'incontro è attorno al tavolino di un bar del centro storico.
Jacinta arriva in ritardo all'appuntamento e non si giustifica.
E' vestita con un abito patchwork variopinto, una lunga sciarpa viola e verde.
Si siede, ordina un ginseng con qualche pasticcino.
Poi inizia a parlare.
"Mi avete raccontato dell'incontro fuori della discoteca tra i fumi dell'alcol e mi avete parlato di uno strano personaggio con uno strumento a corde".
"E' overo".
"Ma voi avete idea di chi avete incontrato?".
"Non staremmo qui altrimenti".
"Signori avete incontrato lo psicopompo Orfeo!"
"Maronn'u'carmn! Psico che???".
"Psicopompo è un appellativo classico, riferito nella mitologia greca, alle divinità che guidano le anime.
Ma, arrivo al punto: il messaggio in Facebook.
I versi di Milton, la musica celeste e la firma che corrisponde ad un anagramma".
"Radicale trofeo".
"Che ha le stesse lettere di 'La cetra di Orfeo'! E questo conferma il nesso con il messaggio e la visione che avete avuto".
"Chillo psico-come-si-chiama, spiegatemi, era in carne e ossa oppure lo abbiamo visto come si fusse 'no fantasma?".
"Io non ho studiato e spesso mi ubriaco ma, ci rendiamo conto che stiamo parlando di una follia? Non so chi sia questo Orfeo ma, se dico a voce alta che l'abbiamo incontrato l'altra sera, fuori dalla discoteca, prima di finire in carcere mi ricoverano forzatamente in un reparto psichiatrico".
"Chiane chiane... e, spiegateci la natura di questo Orfeo.
Chi era, chi era, un figlio illegittimo di Zeus?!".
"Orfeo ha una storia bellissima e tristissima.
Figlio della musa Calliope e del dio Apollo, egli aveva il dono magico della musica e del canto con cui poteva incantare uomini, animali e condizionare fenomeni naturali.
Il suo mito si completa nella discesa nel regno dei morti per cercare la sua amata Euridice, morta a causa del morso di un serpente.
Il mito racconta che con la musica ammansì il Cerbero e Caronte e ottenne dagli dèi degli inferi il permesso di ricondurre sulla Terra Euridice ma, a condizione di non voltarsi mai a guardarla durante il viaggio di ritorno.
Per un fatale errore infranse il divieto di voltarsi e perse per sempre sua moglie.
Come uno sciamano, Orfeo ha poteri magici quale la telecinesi, la bilocazione, la trasmissione del pensiero".
"Ehh o' musico-magico... oggigiorno scrive su Facebook, maronn' che storia!".
"Perfetto! Allora domani mi reco in Commissariato e dico che è tutto risolto: il mio alibi lo verificano sull'Olimpo.
Interrogano Orfeo oppure lo evocano in seduta spiritica, visto che è pure psicopompo.
E mi risparmiano pure i soldi dell'avvocato".
"Ragazzi, questa è una deduzione dagli elementi che mi avete fornito voi... Nessuno nega che questa storia sia folle ma, non mi pare abbiate altre spiegazioni sul misterioso post di Milton; mentre invece", prosegue la donna, "il poeta inglese che inneggia alla musica divina, ha molto senso con il personaggio mitologico...".
"E' pure overo che nemmeno siamo a Carnevale:
quale guaglione normale andrebbe in giro con un mantellino 'ncòppa a una tunica, strimpellando la chitarrina o, peggio, questo strumento greco antico!".
"E' pure un fatto che l'allucinazione fosse di entrambi, eravamo ciucchi ma lo abbiamo visto e lui ha pure parlato".
"Ha sentenziato... perché il furto è avvenuto sul serio, c'è poco da fare...".
"Se mi posso permettere un consiglio, oggi è sabato e qualunque azione come ad esempio, agire per una difesa, trovare un bravo avvocato, parlare col datore di lavoro o contattare la Polizia, è rimandata a lunedì.
Quindi, avete 48 ore per giocare liberamente alla follia e vedere se per caso funziona".
"Uhhhh che idea geniale, dite dite!!!! Sono tutto orecchie".
Ma il cugino viene freddato dal ragazzo con uno sguardo in tralice.
La donna interviene, lasciando un pasticcino a metà e schiarendosi la voce:
"No, è molto semplice: rispondi sul tuo wall. Chiedi aiuto.
Orfeo ha grandi poteri... come è apparso a voi, potrebbe dare un aiutino al Commissario per cercare il vero colpevole".
"Mi sembra un'idea veramente da pazzi ma, non costa nulla.
Torno a casa e lancio il mio appello.
Non so cosa potranno pensare gli altri... ma, chi se ne frega, circolano tante idiozie in rete... una ne vale l'altra", conclude il ragazzo e chiede il conto.

La sera corre veloce.
Vento e pioggia non invogliano a mettere il naso fuori di casa.
I due parenti hanno deciso, ognuno per sé, di non toccare più alcol, nemmeno il tradizionale bicchiere di vino rosso ai pasti.
Jacinta è impegnata nello yoga, che pratica da sola su un tappetino, in camera da letto, davanti ad una piccola statuina di giada verde, rappresentante Budda nella posizione del loto, e due bastoncini di incenso accesi .
Il messaggio su Facebook, poco prima la mezzanotte, è stato inviato.
Il silenzio è rotto solo dal rumore della pioggia, quando diventa battente sulle finestre.
Il ragazzo del bar cerca informazioni nel Web: su Orfeo, l'orfismo, i fenomeni paranormali associati.
Annaspa in un mare d'informazioni.
Poi s'imbatte in un sonetto dedicato a Orfeo, scritto dal poeta Rilke:

Sol chi levò la cetra
nel regno delle Ombre
può presagir col cuore
un infinito canto.

Sol chi gustò coi morti
il fiore del papavero,
dominerà in eterno
anche il più lieve suono
se specchio d'acqua inghiotte
l'immagine riflessa, resti figura in te.

Solo tra Morte e Vita,
si fa ciascuna voce
dolcezza imperitura.


Non è sicuro di afferrarne tutto il significato ma, ne subisce il fascino e con questa nuova conoscenza si addormenta.

Il cosiddetto 'invito a presentarsi' arriva lunedì mattina.
Il ragazzo lo apre e legge la richiesta d'interrogatorio contenente le sue generalità, il giorno, l'ora e il luogo della presentazione, l'autorità davanti la quale presentarsi, l'indicazione che si darà luogo all'interrogatorio.
Lo assale un senso di nausea sottile, come da postumi di sbornia.
Il week end trascorso ha un senso di totale irrealtà.
Il ragazzo si reca mesto in Commissariato perché vorrebbe informarsi sul gratuito patrocinio, non avendo possibilità di pagare le spese legali per difendersi.
Al portone incontra il Commissario che lo accoglie festosamente.
Il ragazzo si sente ancor più stordito.
"Possiamo parlare, Commissario?!".
"Stavo andando a prendere un caffè, vieni che te lo offro...".
"No, non vorrei approfittare...".
"Dai, la prossima volta me lo offri tu, al bar dove lavori!".
"Le prigioni hanno il bar?", domanda il ragazzo, senza rendersi conto che la battuta potrebbe essere intesa come troppo sarcastica.
In effetti il Commissario rimane lievemente interdetto.
"Ma come sarebbe, ancora non lo sai?".
"Sapere cosa".
"Il tuo datore di lavoro, stamattina, ha ritirato la denuncia sul tuo conto.
Mi ha chiamato e mi ha detto che vuole di nuovo assumerti".
"Mi sta prendendo in giro?!".
"Ma no, è tutto vero!
Nel week end ha scoperto la triste verità: suo figlio ha organizzato tutto...".
"Un furto ai danni del padre?".
"No, ai danni della società proprietaria delle macchine d'azzardo, il bar fa solo da locazione.
Il figlio del tuo datore di lavoro, forse non lo sai, si droga e, come può accadere purtroppo ai drogati, cerca e ruba soldi.
Ma domenica ha confessato tutto, piangeva come un bambino".
"Allora io sono libero e lui andrà in prigione?!".
"Tu sei libero e lui andrà in una comunità per disintossicarsi... i dettagli legali te li spiego un'altra volta: ora prendiamoci il caffè".
E' l'espresso più dolce che abbia mai gustato e che ricorderà per tutta la vita.
Poi la sera a casa, davanti al solito schermo di Facebook, trova l'ultimo misterioso post in bacheca:
"L'armonia vince di mille secoli il silenzio".
A sottoscriverlo, nuovamente, la cetra magica di Orfeo suonata da Foscolo.

 

 

 

 

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