Salve a tutti, eccomi qui, sono il vostro Gigi Sonnino!
Abito sempre nella palazzina di Via dei Ciliegi 33 e, come ho già avuto occasione di dirvi, se proprio mi cercate, se proprio volete interrompere uno dei campionati di biglie più noto del quartiere, mi trovate a giocare in un cortile insieme a tutti i miei amici.
E' bello avere degli amici, sapete?
C'è da dire che il nostro condominio è felicemente popolato di ragazzi della mia età.
E la cosa bella è che sono tutti simpatici.
Siamo tutti dei fuoriclasse con le biglie, ma la cosa che in assoluto ci unisce di più, è investigare sui misteri del palazzo.
Se vi state chiedendo quali misteri, beh, non stranitevi più di tanto perché tutti i palazzi nascondono misteri.
Si sa, i palazzi sono pieni di gente e la gente è strana.
Ma non è un problema, perché noi siamo una squadra affiatata e spesso abbiamo risolto casi a cui Pietro, il nostro portiere, non avrebbe mai dato una spiegazione.
Il palazzo è sempre al centro di avventure da risolvere.
Non chiedetemi perché: è così.
In verità, l'ultimo fatto che ci è capitato ci ha dato davvero del filo da torcere...
Prima, però, voglio descrivervi i miei amici.
Mi sono messo a leggere le pagine del mio primo diario per ricordare come ve li avevo raccontati.
Ne descrivo alcuni tratti, magari arricchendoli un po', così, tanto per rinfrescarvi la memoria.
La mia migliore amica si chiama Barbara.
E' una ragazza molto sveglia, agile e snodata.
Io e lei, praticamente, viviamo sugli alberi.
Punti di osservazione eccellenti, gli alberi.
Il fratello di Barbara si chiama Fabio, ma in cortile non ci passa quasi mai.
Il cugino di Barbara, invece, si chiama Guido.
E' uno che ama molto le macchine e può dirvi tutto sulla 500, dalla sua nascita ad oggi e per ogni tipo di modello.
Al quinto piano del condominio abitano Giulia e Andrea.
Ultimamente non si vedono in giro perché gli è appena nata una sorellina, cosa non facile da gestire.
E poi, adesso, sono in viaggio con la zia.
Ad ogni modo, la nostra solida amicizia ci ha permesso, in passato, di risolvere dei casi gialli complicatissimi, con tanto di riconoscimento degli adulti.
Tuttavia, l'ultimo è stato un osso duro...
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Ecco le premesse.
Tempo fa, all'ultima riunione di condominio, arrivò la conferma, tramite lettera, che una ditta inglese di attrezzature sportive, la German-Zero (con lo zero scritto come numero arabo), aveva dato l'ok per sponsorizzare la ristrutturazione del nostro giardino.
Ottima idea del papà di Guido che, infatti, fa l'imprenditore.
Ecco i patti:
la ditta avrebbe inviato un assegno di molti euro per coprire l'intera operazione, a patto che nel giardino vi fosse un'area dedicata allo sport.
Non solo, l'area avrebbe dovuto essere targata con il marchio dello sponsor.
Unica nota negativa era che, se per qualche motivo non avessimo tenuto fede al patto, avremmo dovuto pagare una bella penale, pari al doppio dell'assegno versato.
Ma il papà di Guido aveva tranquillizzato tutti:
"Che problema c'è?
Non vedo motivi per cui il giardino non debba essere realizzato!"
Questo placò i condomini e l'accordo con la German-Zero (con lo zero scritto come numero arabo) fu firmato in santa pace.
In realtà, qualche problemuccio c'era.
La società di cui sopra aveva anche chiesto che il marchio della ditta fosse disegnato dalle aiuole, come capita nei parchi pubblici.
La notizia, giunta alle orecchie di Pietro, aveva scatenato la rabbia del portiere, il quale non si sentiva all'altezza di fare il giardiniere professionista.
Lui era un cultore di fiori squisitamente amatoriale!
Tuttavia, dopo una lunga chiacchierata con l'amministratore, Pietro si convinse che la manutenzione dell'aiuola poteva essere possibile, specie in vista di un piccolo ringraziamento, ehm...fuori busta.
Poi, gli eventi incominciarono a precipitare.
Anzi, precipitarono quasi subito e in modo abbastanza sospetto.
Ecco l'esposizione precisa dei fatti.
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Per prima cosa capitò in portineria il dottor Bartocci.
Era furioso e se la prese con il povero Pietro.
"Pietro?"
"Dica dottore."
"Cosa le sembra questa?"
"Mhhh...", fece Pietro dubbioso, "Una carta accartocciata?"
"No Pietro.
Non è una carta accartocciata, ma la mia pensione.
E gradirei sapere cosa ne ha fatto prima d'infilarla nella cassetta della posta."
Pietro divenne pallido.
"Dottore, non saprei...
Insomma, quando Camillo porta la posta, per lo più la mette lui in cassetta..."
Il povero portiere era molto imbarazzato e non sapeva che dire.
Naturalmente, il giorno dopo fu subito interrogato Camillo.
Il postino giurò su tutti i suo familiari, pappagallini di casa compresi, che lui la pensione del dottor Bartocci non l'aveva toccata.
E che la posta consegnata era stata infilata integra nelle cassette.
Fu allora che noi del giardino cominciammo a drizzare le antenne.
Primo, perché trovammo Pietro quasi in lacrime.
Secondo, perché era inquietante pensare che qualcuno frugasse nella posta.
Era Novembre, stavano per partire le lettere a Babbo Natale... potete capire la nostra ansia!
Purtroppo, qualche giorno dopo, anche la signora Germano accusò Pietro di aver manomesso la sua posta.
Aveva trovato un lettera della sua adorata sorella che le scriveva dall'Inghilterra, aperta e malamente ciancicata.
"Di cosa ti accusa?", chiesi a Pietro.
"Dice che, anche se la posta la consegna Camillo, io ne sono responsabile.
E che lei, quella lettera, l'aspettava da un sacco di tempo e si era anche raccomandata..."
A Pietro sfuggì una lacrima.
"E dai, Pietro, vedrai che 'sta situazione la risolviamo", gli dissi incoraggiante.
"Mah, non ci credo tanto", mi confidò lui amareggiato. "E poi, si sa, la gente è cattiva."
"Che vuoi dire?", domandai curioso.
"Mah, Bartocci mi ha sempre detto che non mi dovevo impicciare della sua pensione e adesso guarda come cambia le carte in tavola.
Per quel che riguarda la signora Germano, ti giuro, mi ha sempre detto che aveva una sorella con cui non si parlava più da anni.
Adesso, caso strano, tutti e due danno la colpa a me."
Insomma, una brutta e sgradevole vicenda.
Stavolta, però, non fui io a dare il via alle indagini, come succedeva di solito.
Volete sapere il perché?
Perché mio nonno era appena tornato da uno dei suoi viaggi portando dei biscotti eccezionali, quelli metà farciti di vaniglia e metà di cioccolato.
Era un evento che si ripeteva ogni anno, sotto Natale, e tutti noi, nessuno escluso, ne eravamo molto, molto ghiotti.
A dir la verità, una settimana prima del rientro del nonno, i miei amici più golosi, Barbara e Guido, incominciavano a domandare en passant notizie del il suo viaggio.
Ergo, si può comprendere che il primo giorno in cui i biscotti misero piede in casa mia, io fossi un po' distratto e non mi occupassi delle beghe poco saporite del nostro condominio.
Anzi, a dir la verità, non uscii proprio di casa, passando la giornata a guardare mia mamma che stivava le scatole nella madia con un languore allo stomaco difficile da raccontare.
Ma il giorno dopo ancora, Barbara mi tirò giù dal letto impedendomi di fare colazione.
"Gigi, qui c'è qualcosa di grave", sentenziò.
Poi aggiunse:
"...E Pietro è stato minacciato di licenziamento!"
"Devo fare colazione...", risposi sbadigliando, ma lei m'incalzò.
"Non puoi perdere tempo a fare colazione!", era esasperatamente operativa.
"Certo che posso, anzi, devo!
Altrimenti non connetto."
"No, non puoi.
E poi fai una colazione sbagliata."
"Perché?", domandai avventandomi disperato sulla mia tazza e sui miei preziosi biscottini.
"Perché dovresti assumere il 60% di carboidrati, il 20% di grassi e altrettante proteine...", insistette lei curiosando sulla mia tavola.
"E non vedo nulla di tutto ciò sull'americana."
"E allora?"
"E allora, sei privo di micronutrienti", concluse saccente.
"Ma che me ne frega a me dei micronutrienti!", dichiarai con la bocca superpiena.
"Bene.
E allora...", aggiunse consultando l'orologio, "...Fra poco sarai pieno di grelina.
Peggio per te."
"Cos'è?!", chiesi, deglutendo preoccupato.
"Ormone dell'appetito.
Questione di ore e avrai un immenso, implacabile buco nello stomaco."
"Ma cosa dici?", obiettai.
"Sto parlando di fitness... Ma è inutile parlare con te di queste cose, sei troppo poco evoluto.
Comunque, hai capito la questione di Pietro?"
"Sì, sì, certo.
Ma figuriamoci, non ci credo nemmeno se lo vedo.
Chi può volerlo licenziare?
Naaaaa, non è possibile!", conclusi mentre cercavo di versare un altro po' di latte nella tazza e Barbara mi saltellava intorno inopportunamente troppo sveglia.
"Possono invece!", urlò la mia amica facendomi andare di traverso il quinto biscotto.
Per la cronaca, i biscotti della mia colazione sono sette e quei sette sono indispensabili per un buon risveglio.
Ma, almeno due su tre, non erano andati a meta e vagavano frantumati dai suoi strilli nel mio stomaco.
"Aprire la posta degli altri è reato!
Articolo 616 del codice penale!", berciò informatissima. "E' di questo che lo accusano!"
Quella notizia mandò a quel paese anche il sesto biscotto.
Era assurdo.
Pietro rischiava di essere licenziato perché qualcuno, nel condominio, apriva la nostra posta?
E chi poteva essere?
Il campanello di casa incominciò a suonare odiosamente.
Con una pantofola sì e una no andai ad aprire.
Era Guido.
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"Gigi!"
"Guido!"
"Ma... hai sentito le ultime su Pietro?
La signora Germano ha minacciato di farlo licenziare!"
"Sì, Barbara me lo ha detto.
E' di là", lo informai, temendo che la suddetta stesse divorando tutti i miei biscotti, approfittando della mia assenza.
Barbara era così:
criticava, criticava, ma era golosa come poche.
E infatti...
"Scusa", disse vedendomi entrare, "ma l'ansia mi ha fatto venire un appetito... ne hai altri?"
"Spero di sì", risposi a mezza bocca, sentendo già i sintomi di un devastante calo di zuccheri.
E così, mentre mi arrampicavo pericolosamente sulla dispensa, Barbara incominciò uno dei suoi sproloqui a cui, sovente, lo ammetto, io davo un certo credito.
"Ragazzi, forse siamo in balia di un fomentato della carta riciclata.
Oppure vittime di un grosso topo alienato dai rifiuti urbani."
"Mmmmhh...", mugugnai io mentre aprivo l'ennesimo pacchetto di biscotti da cui Guido non riusciva a staccare lo sguardo.
"E se fosse un dispetto proprio del postino?"
Niente da fare, lei era partita in quarta.
"Un serial killer delle raccomandate, oppure un assassino di cartoline..."
Guido ci guardava scettico, non capivo perché.
Cercai di aggiungere del mio alle supposizioni di Barbara.
"Bisogna dire che i due condomini colpiti sono noti per essere piuttosto tirchi.
Che so, magari qualche rappresaglia per una mancia non data...", azzardai.
"Se il movente è la tirchieria, la signora Germano potrebbe averne fatte più di Carlo in Francia", aggiunse Barbara.
"Ma quale tirchieria!", intervenne Guido indignato.
"Comunque, sì!", chiosai io cercando di tirare le somme, "Per iniziare a capire qualcosa dobbiamo assolutamente trovare un movente."
Guido continuava a fissarci.
Era sempre più scettico, ma non riuscivo a capirne il motivo.
Alla fine sbottai:
"Avanti Guido, sputa il rospo!
Ci stai guardando da un quarto d'ora con un'aria distaccatissima senza profferir verbo.
È ovvio, che non sei minimamente d'accordo con le supposizioni che stiamo facendo."
Barbara fece l'espressione di una che era appena caduta da un pero.
Suo cugino assunse un'aria da cospiratore e osservò:
"Ragazzi, mi meraviglio di voi.
Davvero non avete ancora capito il movente?"
Io e Barbara ci guardammo.
No, non capivamo.
Per dirla tutta, lei, oramai in preda all'ansia, era stata assalita da una fame bulimica senza precedenti, per cui, dopo aver finito la mia seconda scatola di biscotti, si era messa a ciucciare anche quel che restava del mio caffellatte.
Dunque, se il movente era così chiaro, forse anche il colpevole era a un passo da noi e non ce ne stavamo accorgendo...
Guardammo Guido.
Lui taceva.
"Parla!", lo implorammo all'unisono, pendendo dalle sue labbra.
Guido sbirciò in giro con aria circospetta, come se casa mia fosse un coacervo di spie e poi disse:
"Ma come, non capite?
Qualcuno sta cercando d'intercettare l'assegno per il nostro giardino!"
Io e Barbara lo guardammo esterrefatti e ammirati.
Ma certo, l'assegno!
Non ci avevamo pensato!
"Hai già qualche sospetto?", chiesi, colpito dal suo istinto investigativo.
"Non proprio", rispose lui, "ma ho un piano.
E penso che, fra quelli che hanno segnalato anomalie nella posta, ci sia il colpevole."
"Perché?", chiese Barbara
"Punto primo:
sappiamo che è del palazzo, perché è qualcuno che ha accesso alle cassette della posta, cosa possibile solo ai condomini, a Pietro e a Camillo, il postino.
Inoltre, io penso che il colpevole abbia incominciato pensando di passare inosservato.
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Insomma, capita che una lettera arrivi un po' ciancicata dal postino qualche volta.
Ma, una volta scoperto, deve aver cambiato strategia.
Ergo, alcune fra le lettere successive, potrebbero essere state trafugate ad arte per depistare.
Quindi, ipoteticamente, fra i più colpiti si potrebbe nascondere l'indiziato.
Ora, dal registro del portiere, sembra che il trafugatore di lettere si sia accanito più di tutti su Bartocci e Germano.
Secondo me, uno dei due è il simulatore", concluse infilando una mano nella mia ex scatola di biscotti e incominciando a ravanare per raccattare le briciole lasciate da Barbara.
Il suo ragionamento aveva qualcosa di sensato, ma era davvero difficile da dimostrare.
"Avanti insisti cugino, si capisce lontano un miglio che hai un piano."
Lo incalzò Barbara complice, rifilandogli una poderosa pacca sulla schiena.
"Bene", disse lui assumendo un'aria da professore, "Hai altri biscotti, Gigi?"
"Non lo so.
Ehm... sono necessari per il caso?", domandai titubante.
"Indispensabili", ribatté lui perentorio.
Diedi fondo alle super riserve di biscotti sfoderando l'ennesima scatola.
Guido la prese e, dopo averla aperta, dispose quattro biscotti sull'americana già piena di briciole, borbottando fra sé.
"Questo è il portiere.
Questa è la Germano, questo Bartocci e questo è Camillo, il postino."
"Mmmhhh", commentammo io e Barbara, attenti.
"Seguite il mio ragionamento.
Il primo biscotto è Camillo.
Dobbiamo ammetterlo, l'amministratore lo ha rivoltato come un calzino... ", e Guido ribaltò il biscotto dalla parte della vaniglia.
"Ora, dopo tre lunghi interrogatori, credo di poterlo definitivamente escludere dal caso", affermò Guido prendendo il biscotto incominciando a sgranocchiarlo con estremo gusto.
"E gli altri tre?", chiesi lievemente contrariato.
Ragazzi, tra ansie bulimiche e sospetti eravamo alla terza scatola dei preziosi biscotti del nonno!
"Vengo subito agli altri", continuò il mio amico.
Ma Barbara intervenne col suo consueto impeto.
"Alt cugino!
Il prossimo lo mang... cioè, ehm, lo esamino io.
Il terzo biscotto abbiamo detto che è Pietro, giusto?"
"Boh...non mi ricordo", borbottai io affranto, rimpiangendo i miei biscotti.
"Sì, ve lo dico io!
E' Pietro!
E allora?", domandò con aria inquisitoria.
"E allora cosa?", intervenne Guido non capendo.
"E allora, non vorrete mica sostenere che Pietro è fra i colpevoli?!", era furiosa e ci scrutava sgranando gli occhi.
"Oh, stai calma!
Nessuno ha detto una cosa del genere!", ci precipitammo a chiarire io e Guido.
"Ecco, appunto!", osservò lei e, lesta come un fulmine, prese il biscotto/Pietro e se lo mangiò.
Sbuffando osservai:
"Beh, restano due biscotti:
Bartocci e Giordano.
Chi se li mangia?
Ehm, volevo dire, che ne facciamo?"
Guido ci guardò con aria furba e disse.
"Ho un'idea", allungò una mano verso i biscotti, ma io lo schiaffeggiai sul palmo.
"Eh, no, caro mio!
Sono gli ultimi due, ergo, prima ci dici la tua teoria e poi, semmai, ti mangi i sospetti."
"Ok, ok, mi sembra ragionevole", convenne Guido.
Senza perdersi d'animo si accinse a intraprendere una lunga arringa per dimostrare le sue teorie e poter finalmente (ma questa è una mia malignità) divorare gli ultimi due biscotti del nonno.
"Mettetevi nei panni del colpevole", disse Guido con aria da cospiratore.
"Eh.
Embè?", fece eco Barbara.
"Il fatto di essere stato scoperto lo ha messo in una condizione di allarme.
Ergo, mentre prima poteva agire indisturbato, magari in piena notte e ravanare bel bello nelle nostre cassette della posta, adesso dovrà ricorrere a sistemi più ingegnosi, perché le cassette sono monitorate da Pietro che è il primo ad avere interesse che il colpevole sia consegnato alla giustizia."
"Quindi?", domandai io, ansioso che arrivasse al punto.
"Quindi, dovrà cercare un sistema per aprire la posta che non sia visibile ai nostri occhi."
"Beh, difficile, visto che si tratta per lo più di carta.
Se apri una busta è difficile richiuderla.
Insomma, chiunque se ne accorge."
"Sbagliato!", sentenziò Guido, sfilando dallo zaino il suo amato computer.
"Guardate qua."
Digitò furiosamente sulla schermata on line:
'Metodi per aprire una busta senza farsi scoprire'.
Debbo ammettere che io e Barbara lo guardammo ammirati.
Guido era davvero un grande!
Lui continuò.
"Esistono due modi per aprire una busta senza lasciare tracce."
Inforcò un paio di occhiali e assunse un'aria da professore/investigatore.
I biscotti erano lì che lo spiavano dall'americana e Guido era ben deciso a conquistarseli entrambi.
"Quali modi?", chiesi io.
"Eh, appunto, quali modi?", ripeté Barbara.
Lui partì in quarta con la sua teoria.
"Primo sistema:
prendere una pentola d'acqua calda e posizionare la busta sopra la pentola. Appena l'acqua incomincia a bollire, il vapore scioglierà la colla della busta e l'aprirà.
Secondo sistema:
prendere una busta per alimenti.
Mettere la busta di carta nell'involucro di plastica e conservare il tutto in frigo.
Anche in questo caso il gelo dovrebbe inibire la colla e il gioco è fatto, seppure questo secondo metodo dovrebbe avere tempi più lunghi..."
"Già", osservai io, "ma come facciamo a sapere come e quando il sospettato attuerà questo piano?"
Guido mi guardò con aria di pena.
Forse la domanda era stupida.
"Ok, mi taccio, ma non lo capisco proprio...", ci tenni a precisare.
"Non lo sapremo in diretta ma il giorno dopo, perché frugheremo nell'immondizia e, quando troveremo prove sufficienti, saremo in grado di accusare 'l'assassino di buste'."
"Mhhh", dissi io, "Molto rischioso...
però l'idea mi sembra perseguibile.
Tuttavia, non mi è chiaro cosa dobbiamo cercare", domandai ancora.
"Immagino", disse lui riflettendo, "...Nel caso della busta bollita, sicuramente dovremo cercare qualcosa che riguardi la colla.
Tipo, un involucro, un pennellino per spalmarla...
Nel caso della busta surgelata, invece, un sacchetto per conservare gli alimenti."
"Elementare, Watson!", saltai su entusiasta.
Alla terza busta trafugata, quindi, decidemmo di formare una task force per perlustrare i secchioni dei rifiuti.
Fu più facile del previsto.
Fra i rifiuti della signora Germano e quelli del dottor Bartocci, qualcosa saltò fuori.
Nel pattume del dottor Bartocci c'erano delle buste per surgelare gli alimenti, la qual cosa ci fece esultare.
Ma dentro vi erano dei residui di croccantini per cane e, avendo Bartocci un boxer, era ovvio che le bustine erano state utilizzate per il suo ingrugnito quadrupede.
Anche la signora Germano nascondeva delle tracce interessanti.
Barbara prelevò un pennellino molto sospetto che la signora aveva utilizzato per applicare della sostanza gialla.
"Colla!", esultai sommessamente, "...Ci siamo!"
Ma, ravanando ancora al lume di una torcia, trovammo anche una spazzolina, e poi la confezione di una tintura biondo paglierino, proprio quella che aveva in testa la signora Germano.
Insomma, uscimmo dalla nostra prima indagine con le ossa rotte.
La depressione fu grande, anche perché il povero Pietro incominciava a trovarsi in una situazione imbarazzante.
Intanto, il trafugatore di posta poteva agire indisturbato aprendo plichi, missive e buste indirizzate ai condomini del nostro giardino.
Il caso, tuttavia, volle che quel giorno rientrò Andrea.
Era partito con i suoi per andare a trovare la zia.
Naturalmente gli raccontammo per filo e per segno quello che era capitato.
Gli dicemmo dell'angoscia di Pietro.
Del fatto che qualcuno stava cercando d'impedirci di ristrutturare il nostro amato giardino con l'assegno della ditta German Zero (con lo zero scritto come numero arabo).
E poi gli illustrammo la rosa dei colpevoli, e i perché e i per come di Guido.
Infine, tutti gli l'elementi trovati nell'immondizia e tutti gli indizi a favore e contro i due condomini sospettati.
Lui sorrise e poi disse:
"Ma ragazzi, è facilissimo!
Le prove che indicano il colpevole sono proprio lì, sotto i vostri occhi!
Come avete fatto a non capirlo?"
Io, Guido e Barbara facemmo un'espressione da triglia bollita.
Ma, quando Andrea ci svelò l'arcano, ci mangiammo le mani per non esserci arrivati prima.
Secondo voi, cosa ha intuito Andrea?
Come ha fatto a capirlo?
E chi è il colpevole?
Provate a rispondere scrivendo a regia-easyweb@rai.it
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