Il duca sulla Luna




[Racconto di Giovanna Gra]



"Allora?", domanda Martina appena vede Francesca, la vicina, entrare in salotto, "Stasera hai già la storia da raccontarci prima di andare a letto?"
"Certo", replica Francesca ridendo, "Io non entro mai in questa casa sprovvista di storie da raccontare!
Ma... c'è un ma."
"Quale?", salta su Andrea preoccupato.
"L'altra volta avete trovato la soluzione dell'enigma un po' troppo facilmente, per i miei gusti."
"E quindi?", chiede Simone, il figlio di Francesca, che si associa sempre volentieri quando la sua mamma diventa la baby sitter dei suoi due storici amici, Martina e Andrea.
"E quindi, questa volta voglio raccontarvi una storia antica, ma meno nota del pomo della discordia."
"E sarebbe?", chiede Martina, abbracciando un cuscino del divano.
"Sarebbe... la storia di Orlando."
"E chi era Orlando?", domanda Simone curioso.
"Orlando era un paladino.
Un valoroso, eroico paladino che, come altri suoi compagni d'arme, s'innamorò di una bellissima donzella che si chiamava Angelica."
Martina, con aria di sfida, guardando l'amico e il fratello commenta:
"Beh, un po' come fate voi due e tutti i maschi della nostra classe con la De Pisis."
"Bleah!", due ostentate linguacce commentano l'indiscrezione di Martina.
Francesca, sapendo che l'argomento amori scolastici è delicato, finge di non aver sentito e prosegue con la sua storia.
"Allora, volete sapere il seguito?"
"SIIII!", urlano i ragazzini in coro.
"Bene.
Dunque, si parlava di Angelica, bella e inarrivabile fanciulla.
Angelica, in verità, aveva rapito, in particolare, il cuore di due cugini:
Orlando e Rinaldo, entrambi cristiani.
Il famosissimo re Carlo Magno..."
"Famoso quanto il presidente della Repubblica?", domanda Andrea serio.
"Famoso quanto il presidente della Repubblica e anche saggio, se è per questo.
Comunque, il famosissimo Carlo Magno decide di affidare Angelica al duca di Baviera e decreta che la darà in sposa esclusivamente a colui che sconfiggerà in combattimento Argalia."
"Embè?
E adesso chi è Argalia?", s'informa Simone.

"Argalia, caro mio, oltre che essere il fratello di Angelica, era il principe del Catai.
E se volete sapere dov'è il Catai, ve lo dovete andare a cercare."
"E va beh, ma poi chi vince fra i cugini e Argalia?", la incalza Simone molto interessato.
"Vince un tale chiamato Ferraù, che era un cavaliere come Orlando e Rinaldo, ma pagano."
"E Angelica?", s'informa Martina preoccupata.
"Angelica, alla morte del fratello, fugge dal campo dove era stata relegata."
"Ma allora non era innamorata di nessuno!", osserva Martina.
"Pare di no", spiega Francesca, "Resta il fatto che tutti i cavalieri, da questo momento in poi, si dannano per riprenderla."
"Oh, è proprio la De Pisis...", mormora pungente Martina.
"Ma un giorno, nel bosco, Angelica incontra un ragazzo bellissimo."
"Ah sì?
E chi sarebbe?", domanda interessatissima la ragazzina.
"Un cavaliere nuovo che si chiama Medoro."
"Un nome un po' da nerd", osserva Andrea.
"Eh, sarà anche da nerd, ma Angelica se ne innamora perdutamente e, per sancire la loro unione, invece di appendere un lucchetto a una catena come fate voi, i due giovani incidono sulla corteccia di un albero i loro nomi", spiega Francesca.
"Incivili!", salta su Andrea.
Francesca prosegue: "La sfortuna vuole che, pochi giorni dopo, Orlando passi vicino a quell'albero e veda i due nomi incisi."
"Cavolo... e allora che fa?", chiede Simone preoccupato.
"Beh, capisce che i due si amano e, soprattutto, di non avere più alcuna speranza di far breccia nel cuore di Angelica.
Lei, oramai, pensa a un altro, anche se Orlando non può, né riesce a smettere di amarla."
"Poraccio!", esclama Martina partecipe.
"Eh, sì, proprio poraccio.
Infatti, alla fine si sente male, ma così male, che c'è bisogno di andare a cercare un rimedio sulla Luna."
"Sulla Luna?!!!", gridano i tre ragazzi in coro.

"Già, sulla Luna", ribadisce Francesca.
"Ora, siccome sulla Terra c'erano le crociate e uomini e donne erano tutti molto, molto indaffarati, bisognava trovar un volenteroso deciso a affrontare il viaggio verso la Luna a cavallo di un ippogrifo."
"Un che?", domanda Andrea.
"Un ippogrifo.
L'unico in grado di fare tan-tan, Terra-Luna, Luna-Terra come niente fosse.

E bisogna dire che Astolfo, uomo di nobile stirpe perché era un duca e anche un domatore d'ippogrifi, era l'unica speranza possibile per Orlando.
E siccome i due erano molto amici, Astolfo non si tirò indietro.
Del resto era uomo molto abile a cavarsela in un sacco di occasioni.
L'ippogrifo in questione, tanto per dire, lo aveva domato spezzando un incantesimo a casa del Mago Atlante.
Dunque, Astolfo era proprio la persona adatta per andare sulla Luna.
Lì lo ricevette il santo poeta San Giovanni, il quale tentò di spiegare all'amico di Orlando che la malattia di Orlando veniva dal cielo.
E veniva dal cielo per cercare di strappare il paladino della Chiesa dalla passione per la donna pagana."
"E trovano il rimedio?", domanda Martina un po' confusa.
"Beh, la conversazione andò più o meno così:
Quando il duca atterrò vide San Giovanni che lo salutava venendogli incontro.
"Avete per caso aumentato il pedaggio?", chiese il duca tirando fuori dalla sua bisaccia alcune monete d'oro.
"Sì, per tutto il tratto della Via Lattea.
Ma l'abbiamo annunciato già dal mese scorso", disse il santo poeta.
Il duca si deterse il sudore dalla fronte, perché, dopotutto, aveva una certa età.
"Ah, mi spiace, non l'avevo letto su La Gazzetta delle crociate."

San Giovanni Evangelista vide che al nobiluomo tremavano le mani.
Doveva aver cavalcato senza sosta, si sentì un po' in colpa e si giustificò dicendo:
"Se l'avessi saputo, eccellenza, vi avrei consigliato il telepass per la Via Lattea."
"Eh, magari, padre, ma son dovuto partire talmente all'improvviso...", disse il Duca, trascinandosi dietro l'ippogrifo.

San Giovanni diede un'occhiata al mitico equino e chiese:
"Beh, come se la cava nell'ora di punta?
Fra la Terra e la Luna avrete trovato traffico?"
"Sì, ma come potete vedere è un ippogrifo a trazione anteriore."
"Non so chi... ah, forse il mago di Atlante mi deve aver detto che son meglio quelli a trazione integrale", osservò il Santo poco convinto.

"Non so come faccia il Mago di Atlante a dire stupidaggini simili", rispose il duca ansimando, "...visto che questo è l'unico ippogrifo che conosca.
E, se vogliamo dirla tutta, mi è stato venduto proprio da Bradamante, di terza mano."
"Ah, un ippogrifo usato.
Quindi è proprio quello del mago?
Quello che avete domato al castello di Atlante?"
"Già, era finito nelle mani di Bradamante con scarsi risultati e poi... nelle mie", confermò il nobiluomo sventolandosi con il mantello.
Quindi, aggiunse sbuffando:
"La gente non si accontenta mai di quello che ha e allora fantastica su quello che non ha."

Il santo poeta annuì, poi osservò l'ippogrifo che aveva parte della lingua di fuori, il becco sudato e ansimava come un cammello e chiese:
"Gli avrete fatto fare il tagliando prima di partire, mi auguro."
"Ma certo!
Gli ho fatto fare tutta la revisione.
Eh, non si sa mai."
"Dove?
All'officina del Grifone?", provò a indovinare l'uomo di Chiesa.
"No, alla Voliera.
Vede, adesso la testa d'aquila è diventata d'aquila reale e alla Voliera sono più esperti per gestire certe trasformazioni."

"Va beh", disse il Santo andando al sodo, "Ditemi di Orlando: come sta?"

"Posso parlarvi in tutta franchezza?", chiese il duca appropinquandosi.
"Ma certo, ci mancherebbe", rispose il Santo avvicinandosi a sua volta per accogliere la confessione dell'aristocratico.

"Sia ben inteso:
che Orlando stia male è un dato di fatto.
Il problema, però, è un altro."
"Cioè?"
"Cioè, che io non sarei dovuto venire quassù sulla Luna, perché, checché se ne dica, è un viaggio piuttosto impegnativo.
Voi capite, ho una certa età, ormai.
Tuttavia..."

"Tuttavia?", domandò San Giovanni con una certa preoccupazione che il discorso andasse a parare da tutt'altra parte, e che questa parte riservasse brutte sorprese.

"Tuttavia, laggiù sono tutti talmente impegnati fra donne, cavalier, armi e amori che... aggiunga pure le crociate e si fa il quadro.
Beh, insomma eccellenza, per farla breve, immagino che lo avrete capito da voi che se non mi fossi offerto, nessuno sarebbe venuto."

"Nessuno?!
Come sarebbe a dire nessuno?
Con Orlando in quelle condizioni?!"

"Eh, sì, con Orlando in quelle condizioni.
Mi creda eccellenza, sulla Terra il caos è totale", affermò il Duca sedendosi per un evidente dolore alla schiena.
Il santo poeta confermò veemente, ma concorde.
"Sì, sì, lo abbiamo capito: i cavalier, l'arme e... e... gli amori, uffa!


Ormai è diventato un leitmotiv."

"Bravo, un leitmotiv", confermò il duca sempre più acciaccato.

"Però, caro duca, qui c'è un disegno divino.
Insomma, il giovane Orlando si è invaghito di una pagana.
Ne sta facendo più di Carlo in Francia, ne siete consapevoli?
Sì?
Il cielo gli ha inviato la pena per cercare di distoglierlo, di avvertirlo e di avvertire, insieme a lui, tutti gli altri che gli stanno intorno.
Basta con queste passioni sfrenate!
Vediamo cose da quassù..."

"Per questo sono qui.
Non per giustificarlo, ci mancherebbe, pur tuttavia, mi creda, quella fanciulla, con quella grazia, quella risata argentina, quegli occhi così intelligenti e veloci, è veramente di una bellezza ultraterrena!"

"Beh, addirittura ultraterrena..."
"Ma sì!
Ha fatto girare la testa a mezzo mondo, mentre l'altra metà insegue quelli che si son persi dietro di lei!"
"Eh, lo so, lo so", mormorò affranto il santo poeta.
Poi si scosse e aggiunse:
"Dicevate che c'è un problema?"
L'altro annuì.

"E dunque, qual è il problema?"

"Il problema, eccellenza, è che prima di partire mi è stato detto:
'Ordunque Astolfo, vai sulla Luna a prendere quella cosa... mhh... per Orlando, sennò non guarisce da 'sta incredibile passione!"

"Fin qui siamo tutti d'accordo.
E allora?"


"Santità, lei mi vede?"
"Certo duca, la vedo.
Ma non mi chiami in quel modo, sono solo santo.
Santità è altra cosa."
"Eh, va beh, eccellenza, ma cosa vedete?
Un vecchio, vi pare?"

"Vecchio... ora vi buttate giù."
"No eccellenza, vecchio, vecchio.
Ma questo sarebbe il minimo.
Il vero problema e che sono pure bugiardo."

"Bugiardo, ma che dite?
E perché mai?"

"Perché, eccellenza, quando mi è stato chiesto di partire non ho avuto il coraggio di dire che ogni tanto soffro di amnesie."

"E quindi?", chiese San Giovanni temendo il peggio.
"E quindi, quando mi hanno detto di andare a prendere quella cosa sulla Luna per guarire Orlando, ho detto:
Agli ordini!
Ma ignoravo che il viaggio a cavallo dell'ippogrifo fosse tanto stancante e tanto lungo e ora..."

"E ora?", domandò l'altro col filo di voce che gli restava.
"Non ricordo più cosa sono venuto a cercare."
Detto ciò il povero duca si mise a piangere a dirotto sulla spalla dell'uomo pio.
Il quale, intenerito, si fece in quattro per consolarlo.
"Suvvia duca, la Luna ha tante valli..."
"Ah, povero me, sigh... peggio mi sento... cosa cercherò fra tante valli?"

"Visto che parliamo di passione forse potremmo pensare che Orlando abbia smarrito... il cuore?", tentò il Santo incoraggiante.

"Forse...", replicò il Duca sofferente, "ma potrebbero anche essere le chiavi di casa", aggiunse, molto più prosaicamente.
"Però, no, non era così.
Non era così!", continuava a arrovellarsi il vecchio.
"Beh, come fate a dire che non era così?", lo scosse il Santo.
"Perché son certo che l'oggetto che io quivi cerco, c'aveva una rima ben precisa.
Sì, quello lo ricordo bene!"
"E ditelo, di grazia.
Quale rima?"
"Mhhh. Dunque... mi dissero... mi dissero di cercar quel qualcosa che adesso non ricordo e quel qualcosa aveva un suono come:
accenno."
Grattandosi la testa, San Giovanni, perplesso, domandò:
"Dovete cercar un accenno?
Che cosa strana.
Pensateci bene..."
"Forse.
Forse, ma mica son sicuro.
Magari invece era un tentenno."
San Giovanni, ormai privo di speranze, guardò il Duca, ma questi, con la testa fra le mani, si aggirava bofonchiando: "Oppure era... scotenno?
Ma no, no!!!"
"A dir la verità, ci starebbe bene anche m'impenno", tentò il Santo.
"Ci starebbe, ma non ci siamo ancora eccellenza, non ci siamo", piagnucolò il duca.

A questo punto la nostra storia si ferma", dice Francesca ai suoi ascoltatori mezzi imbambolati.
"Noooooo!", urlano i tre ragazzini in coro.
Lei annuisce decisa e sorride:
"A voi la palla ragazzi, da adesso fino a stasera avrete il tempo per documentarvi e dovrete dirmi cosa è andato a cercare il povero Astolfo sulla Luna.
E la prima risposta, come sempre, è quella che vale.
Auguri!"

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