Tre candelabri sul tavolo




[Racconto di Giovanna Gra]



Ciao amici, vi ricordate di me?
Sono Eleonora, ho dodici anni e ho un nonno dal nome strano.
Forse il nome strano di mio nonno non tutti se lo ricordano e allora lo ripeto:
si chiama Giannetto.

Perché vi parlo di lui?
Perché è il mio compagno di favole preferito e, in qualche modo, è l'autore delle vicende che sto per raccontarvi.
Un tempo, come mi sembra di avervi già detto, faceva il medico e ha conosciuto e curato tanta, ma tanta di quella gente che ha sentito migliaia e migliaia di storie.
A volte me le racconta.
Adoro ascoltare le sue teorie sulle persone perché c'è sempre molto da imparare da uno come lui.
I miei genitori lavorano molto e quindi io sto buona parte della giornata dal nonno, anche perché lui, cosa non di poco conto, ha una fantastica libreria.

A causa di un incidente sono una ragazzina non vedente.
Nonno è uno psicologo e mi sollecita sempre a parlare di quello che mi è capitato.
Ma a dir la verità, io preferisco di gran lunga parlare con lui dei miei racconti preferiti, ossia le storie sulle fate.
Ne sono una gran patita.
Anzi, sono proprio una collezionista.

E, a forza di parlarne con il nonno, ho scoperto di avere una capacità speciale:
posso vedere i luoghi che lui mi racconta, posso viverci dentro!

Le prime volte ho fatto solo delle piccole incursioni in località fatate, non voglio dire di poco conto ma, insomma, non impegnative.
L'ultima volta, invece, abbiamo fatto un esperimento davvero eccezionale. Sono finita nientepopodimeno che... ad Avalon, la famosa isola perduta nelle nebbie!

Lì, dopo aver fatto l'autostop, ho conosciuto Ginevra che andava in sposa a Re Artù.
Tredici anni lui, dodici lei.
Ginevra, il giorno che l'ho conosciuta, come voleva la tradizione, portava una tavola in dote ad Artù.
Lungo il viaggio, parliamo e facciamo amicizia.
In breve, vengo eletta sua damigella e, appena arrivo ad Avalon con la sua carovana, conosco la sorella di Artù, Morgana, e il vecchio zio Merlino.

 

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Immagine di tre bambini (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Tre bambini in mezzo busto, ciascuno con dei libri in testaParticolare della bambina al centro con un libro aperto, come fosse un copricapo.Particolare del bambino a sinistra con una pila di libri in testa.



Tutti insieme, non senza una certa difficoltà, cerchiamo di montare le tavola della marca Idea che il padre di Ginevra ha mandato come omaggio al re.
La tavola è complicata da montare, perché è la prima tavola rotonda che appare in quel regno.
Per fortuna, alla fine, ci si riesce.
Dopo aver pregato a lungo il nonno, ottengo una seconda chance per tornare ad Avalon.
Ci prepariamo per un secondo racconto e, appena lui incomincia la storia, come in un sogno mi ritrovo in un'atmosfera ovattata, lontana, fatata.

Noto che la nebbia, con il trascorrere dei minuti, è sempre più fitta e panciuta, più o meno come una gigantesca meringa.
Ma siccome sono abbastanza esperta di comportamenti fatati, non mi faccio impressionare e mi accingo a bussare.
A bussare nel nulla, naturalmente.

La nebbia non fa 'toc toc' quando bussi, come potete immaginare, ma qualcuno, dopo poco, risponde lo stesso.
"Chi è?", dice una vocina eterea, annoiata e flebile, persa nel nulla.
"Ehm...Salve!", annuncio schiarendomi la voce, "Sono Eleonora."
"Oh, mio Dio!
Eleonora?
Ma chi?
Ele d'Aquitania?", chiede la voce preoccupata.
"E dagli...", borbotto fra me.
Ma si può?
Ogni volta che dico il mio nome in queste terre, tutti hanno paura che io sia 'sta Eleonora D'Aquitania!
Sarà una tipa che ha un pessimo carattere, immagino.
Mi affretto a rispondere.
"No, no, sono Eleonora, la dama di compagnia della Regina Ginevra."
"Ah...", replicano, laconici, dall'altra parte, "Ma la regina, il re e la reggia, insomma, tutti, non abita più qui".
"A no?", domando.
Silenzio.
Ci riprovo:
"E... dove sarebbe andata la regina?"
"La regina è a Camelot.
Si è sposata e il suo regno è quello", mi risponde la voce lievemente scandalizzata della mia crassa ignoranza.
"Accidenti, io devo raggiungerla assolutamente", insisto.
Dall'altra parte, un prolungato silenzio.

 

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Immagine di un prato visto dall'alto (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Sull'erba una tovaglia da pic-nic, dei libri, una bottiglia e una palla. In alto volano due aquiloni..Particolare di un aquiloneParticolare degli oggetti sul prato




Poi... "Eh, son capperi...", commentano dalla nebbia.
"Scusi?"
"No, niente... è che... lei lo sa che Artù chiama tutti i castelli Camelot?
Che non sarebbe grave se non ne avesse una decina.
Va a capire come lo troviamo adesso!"

La cosa mi getta nello sconforto totale, tanto che mi lascio andare su una nuvola pensando che sia una panchina e infatti non cado nel vuoto:
nelle magie, la prima regola è che bisogna crederci.

Quindi, sento scartabellare nella nebbia.
Poi, la vocina si schiarisce il tono e mi dice:
"Dalle ultime news degli studiosi, anche se devo ammettere che ce ne arriva una alla settimana, il vero castello di Camelot è quello scoperto dalla studiosa statunitense Norma Goodrich."
"Ah!", rispondoio rianimandomi,
"E... dove sarebbe, di grazia?"
"Con o senza grazia è sempre a Greenan, una ridente cittadina scozzese che si trova nell'altrettanto ridente costa occidentale della Scozia, of course.
Lì c'è un castello che sembra corrispondere alla descrizione di San Gildo."
"San Gildo?", domando.
"Ma sì, Gildo era un monaco, anzi uno storico britannico, che è diventato famoso per aver descritto le mura merlate di Camelot.
Per cui, è dal quindicesimo secolo che tutti, appena vedono dei muri merlati in un castello, inneggiano alla scoperta della reggia di Artù."
"Va beh, mi sembra un importante indizio", osservo, sinceramente confortata.
"Mhhh, mhhh...", mi rispondono dalla nebbia, sempre con la stessa flemma.
"Adesso, però, avrei bisogno di un mezzo", dico ad alta voce.
"C'è qualche carrozza fatata che va verso la costa occidentale della Scozia, che lei sappia?"
"L'unico mezzo che conosco è uno stracciabudella", risponde perentoria e poco incoraggiante la voce.
Deglutisco amaro.
"U... un... uno straccia... cosa?", chiedo preoccupata.
"Uno stracciabudella:
quelle pozioni che ti disintegrano in loco per farti apparire in un altro sito. Se la vuoi, ce ne ho una per Scozia centro, poi magari un mulo compiacente fino a Greenan, lo trovi."
"Va beh...", accetto poco convinta.
Dalla nuvola di nebbia spunta una mano con un'ampolla verde bile:
"Prego, sciacquettare un po' in bocca senza fare smorfie di schifo e deglutire."
Eseguo.
E poff...

...Mi ritrovo, in men che non si dica, lungo una spiaggia, immersa nelle nebbie, con un mare color carta da zucchero che solo a guardarlo fa morire di freddo.
Intorno, l'atmosfera è... beh, è magica.
Però, il castello con i merli è molto, ma molto lontano.
Per fortuna, da altrettanti cumuli di nebbia sento un urletto molto gaio:
"IUUUUUUUUhhh!!!!!"
"Iuuuuuuhhh!?", rispondo guardinga.
Dalle nubi cirrose spuntano due orecchie molto lunghe e molto a punta.
"E tu chi saresti?", domando divertita, fratto incuriosita.
"Come, chi sarei?", osserva il proprietario della voce uscendo dalle nebbie tipo Ursula Andress in un vecchio 007.
"Sono il mulo compiacente", dice schioccando la lingua.
"La verità è che ho sempre desiderato essere la cavalcatura di una damigella", aggiunge.
"Grazie", rispondo intenerita.
Lui mi guarda con aria di riprovazione.
"Ti ho anche portato una tunica, ragazza, almeno copri quegli orribili jeans.
Che brutta moda avete voi dell'epoca del giorno d'oggi."
"Ma il giorno d'oggi non è un'epoca", gli spiego ridendo.
"Va beh, voi dell'epoca del domani."
"Va beh, ho capito... copro i jeans.
Adesso, puoi cortesemente condurmi al castello?"
"Ma certo, mia cara.
Ho sempre desiderato andare al castello di Camelot!
E poi, in proposito, girano certe voci..."
"Che voci?", domando impensierita.
"Che voci?", mi fa eco lui, "Davvero non lo sai?
Non leggi i gossip su Out Camelot?"
E' sinceramente stupito.
"No, non li leggo... cosa dicono?"
"Dicono che Genny fili con Lancy... e dicono che Art' stia per mangiare la foglia", e schiocca per l'ennesima volta la lingua.
"Se Genny sta per Ginevra e Lancy per Lancillotto non ci credo!
Non ci credo neanche se lo vedo!", fingo di scandalizzarmi.
Cosa volete, una damigella deve pur sempre mantenere un certo riserbo.
Certo, qui non è facile perché, in merito a questa vicenda, il riserbo non si tiene da secoli!

 

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Immagine di libri in cielo (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Libri in volo tra le nuvole.Particolare di un libro con copertina arancione.Particolare di un libro aperto.



Devo assolutamente arrivare al palazzo e avvertire Ginevra di quello che 'storicamente' sta rischiando.
"Dicono che si sentono certe litigate... altro che i buonisti di Camelot!", insiste l'asino, intrigato.
La cosa mi irrita e rispondo piccata:
"Senti un po', ma tu non dovevi essere un asino compiacente?"
"Embè?"
"No, perché a me sembri molto più velenoso che compiacente!"
"Ah, no, mi spiace", salta su lui, indignato, "Se vuoi, prenditela con la servitù!"
"Con la servitù?
Che c'entra la servitù?", chiedo fra l'indispettito e l'insospettito.
Lui fa spallucce e commenta: "E' notorio che non sanno tenere un cece in bocca."
"Ma va! Che ne sai tu...
piuttosto, ci vuole ancora molto?
Quanto manca al castello?"
"Quello che serve tesoro, non posso andare più veloce perché mi viene la lombaggine."
Mi mordo la lingua e cerco di non rispondere, ma non serve, perché lui passa da un argomento all'altro con una facilità estrema e non mi dà il tempo di commentare, tanto che mentre attraversiamo il ponte levatoio si mette a strillare:
"E non sai cosa si dice di Tristano e Isotta!"

A quel punto, tiro con forza le briglie e, a denti stretti, domando:
"Senti, stupido asino compiacente si fa per dire, vuoi farci uccidere entrambi?
Non lo sai che queste sono tragedie epiche per cui, due come noi, solo per aver affermato una cosa del genere, potrebbero finire impiccati?"
"Ah.
E va beh, ho capito", sbuffa il quadrupede offeso e, finalmente, tace.

Arrivati al castello, smonto dal mio ciuco ciarliero.
Tuttavia, non sapendo, lui, tenere un cece in bocca, alla vista della prima guardia del luogo, con le insegne del drago di arturiana memoria sulla divisa di latta, annuncia:
"Ehi, giovane, è la damigella della regina Ginevra, vedi di accompagnarla da sua maestà seduta stante, che la sta spettando."
Vengo sollevata di peso da due guanti di ferro e rilasciata davanti a un immenso portale.
Sul portale sono raffigurati dei magnifici draghi blu lapislazzulo, intarsiati nel legno di due possenti ante alte almeno tre metri.
La guardia spinge una delle due ante ammaccandosi tutta la divisa di latta contro i batacchi.
Mettendosi sull'attenti, con parte dell'elmo spiaccicato, un occhio tumefatto e la bocca compressa, si volta verso di me con fare marziale e annuncia:
"La rugina l'attunde!"
"Chi?", domando io.
"La rugina", ripete lui indicandomi l'elmo spiaccicato, come per dire meglio di così non riesco a parlare.
"Capisco", rispondo comprensiva, "In effetti ho sempre pensato che voi del Medio Evo la metteste giù pesante con porte e ponti levatoi, ma capisco che..." e non mi è possibile aggiungere altro perché, dalla sala, dietro la porta, mi giungono delle urla disumane.
Mi affaccio timorosa (fratto curiosa) e assisto alla seguente scena:

Morgana, la sorella di Artù, è in piedi sulla tavola rotonda, evidentemente furiosa, perché le fuma la testa in modo abbastanza flambé mentre urla a suo fratello:
"Sono stra-stufa, stufa, stufa!"
In effetti, in testa ha un bello stufato, penso io.

Il giovane Artù, aria accomodante, si capisce che sta cercando in tutti i modi di farla scendere.
"Dai Morghy... ma come faccio, non posso!"
"Perché?", ringhia lei indignata, "Dammi un solo motivo perché IO, tua sorella, non posso sedere a tavola!"

"Ma perché no, Morghy,dai, lo sai... non è possibile...", replica lui implorante.
"Ti ho chiesto un perché.
Non sai dirmene nemmeno uno?"
"Ma la tavola rotonda è per i cavalieri!", replica lui affranto.
Poi si rivolge a sua moglie Ginevra.
"Ginny, ti prego, diglielo tu.
Fa qualcosa, i cavalieri stanno arrivando!"
Ma Ginevra non lo ascolta, si è accorta della mia presenza e corre con le braccia spalancate verso di me urlando:
"Eleeeee! Ma dov'eri finita??!"
"Oh, Ginevra, mi spiace, magari poi ti racconto, perché adesso... francamente, non mi sembra il caso, che dici?
Non, non... vorrei disturbare...", bisbiglio terrorizzata dai fumi di Morgana e dal fatto che vedo arrivare Artù con una lancia e puntare diritto ai piedi di sua sorella.

Sì, per chi non l'avesse mai vista la tavola rotonda è immensa.
E una persona, al centro, è irraggiungibile allungando le braccia.
Ci sono alcune leggende che narrano di dodici cavalieri attorno a Re Artù, ma altre ne contano addirittura centocinquanta seduti presso la prestigiosa tavolata.
"Ma neanche per idea!", mi risponde Ginevra entusiasta.
"Anzi, sai che facciamo?
Vieni con me e Morgana al centro della tavola che ne vedremo delle belle."

 

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Immagine di tre ragazzi davanti a un libro(Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Tre ragazzi leggono; destra e a sinistra una fila di libri.Particolare di due ragazzi.Particolare di un ragazzo.



Non resisto e mi lascio trascinare.
Anche se la mia idea non era esattamente entrare dalla porta d'ingresso di Camelot (anzi, dal portale) per piombare diritta, diritta in una bella bega epica familiare.
O in una famiglia dalla bega epica?
Beh, non lo so, scegliete voi, in ogni caso, a me sembra che si staglino all'orizzonte degli storici guai.

Naturalmente, per quanto cerchi di resistere, Ginevra è la mia regina e, dunque, sono costretta a obbedirle.
Quindi, seppur a malincuore, grazie a due epici sgabelli, prendiamo anche noi possesso del centro tavola, mentre Artù fa roteare la lancia rasente il piano, così che tutte e tre siamo costrette a saltarla a piè pari a ogni minaccioso passaggio.
"Scendete!
Ve lo ordino!"
"No, no, no !", urla Ginevra inviperita, "La tavola l'abbiamo montata noi!"
"Ben detto Genny!", conviene Morgana, sempre fumante.
"Senza di noi era un re senza tavola, visto che neanche aveva capito cos'era e che era rotonda!"
"Non è vero!", urla Artù furioso e disperato.
"Eh, no, maestà, invece è vero.
Eh!", intervengo io timidamente.
"Ci mancava pure la damigella", borbotta Artù fra i denti.
"Cosa c'hai contro la mia damigella?", domanda Ginevra aggressiva.
"Nulla, ma non potrebbe farsi i casi suoi?"
"I casi suoi, ma senti questo come parla!
Proprio regale, puah!", commenta Morgana.
Artù, in evidente difficoltà, sbuffa irritato.
"Occhei, e allora sentiamo pure la damigella."
Tocca a me, deglutisco e...
"No, niente sire, però, ricordo esattamente che quando la montammo, sapendo che era rotonda, mi ha domandato come avremmo fatto ad apparecchiarla", dico timidamente.
Artù, consapevole che la mia affermazione scatenerà le risate di moglie e sorella, si mette le mani nei capelli.
"Ah, sicuro che l'ha fatto!", sbotta Morgana, "è una domanda tipica di quel deficiente di mio fratello."
Poi, rivolta al Re:
"Beh, la tavola è rotonda e, non ci crederai, ma si apparecchia in curva, bamboccio!"
"Vi prego, scendete!", implora lui lamentoso.
"No, no, no!", urlano in coro Morgana e Ginevra, "A meno che tu non ci permetti di far parte della tavolata come tutti gli altri cavalieri!"
"Ma voi non siete cavalieri!", strilla lui disperato, "Come faccioooo???!"
"E dagli!
Allora sei de coccio frate'.
Non saremo cavalieri ma, se la tavola esiste, è merito di noi due, anzi, di noi tre, perché pure Eleonora ha partecipato al montaggio del kit Idea."
"Merito?
Semmai colpa tua!"
Artù, impugnando la lancia, indica furioso sua sorella: "Io quel giorno ero affetto da un tuo incantesimo!"
"Ah, si?", domanda Morgana.
"Sì, sì, ero affetto dalla stupidera, un ignobile incantesimo che mi faceva sembrare uno stupido!"
Ginevra interviene a gamba tesa:
"Senti, Artù, non fare il finto tonto.
Se Morgana quel giorno è stata così pesante è perché le avevi fatto tingere il suo corvo di rosa porcello da Merlino.
E quella bestia, poveretta, non si poteva guardare!"
"Appunto!", conviene soddisfatta Morgana.
Un toc-toc rimbomba assordantenella sala e, dall'immenso portale, si palesa la guarda con la divisa di latta sempre più accartocciata, dopo un secondo match con l'immensa e pesantissima anta.
"Gioseppo!", lo apostrofa Artù
"Sì, maestà", risponde Gioseppo, fedele scudiero, mettendosi sull'attenti, che più attenti non si può, mentre il toc toc continua a rimbombare nella sala.
"Tu vuoi bene al tuo re?", domanda Artù con voce fintamente carezzevole.
"Sì, moestà.
Molto, moestà", ammette Gioseppo, rigido come un pesce surgelato.
"Ma come parla questo?", chiede in un bisbiglio Morgana a me e Ginevra.
"Non vedi?", cerco di spiegarle io, "Ha tutto l'elmo e la divisa ammaccati, povero Gioseppo."
"Bah, sarà.
A me questi soldati di mio fratello mi sembrano tutti stupidi.
E poi, le vogliamo dire due parole su 'ste divise di latta?"
"E allora...", continua Artù, mellifluo, chinandosi verso il povero Gioseppo e prendendo un ampio respiro:
"DEVI SMETTERLA DI BUSSARE A QUEL PORTALE!!!", urla il re facendo oscillare Gioseppo avanti e indietro come una sedia a dondolo, "PERCHEEE' RIM_BOM_BA!
Hai capito Gioseppo?"
"Si moestà", replica Gioseppo dispiaciuto per quella reprimenda.
Proprio in quel momento, un altro toc toc incomincia i suoi cinque minuti di eco nella sala.
"Yuuuhhh, siamo noi!"
"Che vi avevo detto?", sibila Morgana, "Ecco a voi gli amici di mio fratello, e non aggiungo altro."
"No, dai!", sussurra Ginevra, "Lancy no!"
"Si, invece, anche Lancy.
Secondo te un cavaliere della tavola rotonda può annunciarsi così:
IUUUUHHH?", domanda Morgana indignata.
"Bah, sarà stanco", azzarda Ginevra facendo gli occhi dolci a Lancillotto, che è appena entrato.
"Perché?
Quando è riposato cosa fa?
Cucù?", s'informa Morgana sarcastica, ma Lancillotto interviene, domandando ad Artù.
"Cos'è?
Si fa la bourguignonne?", e indica la sorella dell'amico, la cui testa continua a fumare.
"Naaaa!", risponde Artù, "Non vogliono scendere da lì."
"Che vuol dire:
Non vogliono scendere?", chiede Lancillotto stupito.
"Vuol dire che, siccome la tavola l'hanno montata loro, siccome loro hanno capito che era rotonda, vogliono sedercisi anche loro.
Chiaro?"
"Ma non c'era la riunione sul Graal?", domanda Lancillotto consultando un orologio di latta sotto l'armatura.
"Appunto... ti pare che le possiamo far restare?", chiede il re all'amico.
"No, non credo proprio.
Cosa dicono le leggende?"
"Sarà bello", sussurra Morgana Ginevra, "ma è sempre più ignorante."
Ginevra fa spallucce e dà le terga alla cognata, però, secondo me, incomincia a guardare il suo Lancy con un occhio un tantinello critico.
Intanto, fa il suo ingresso uno dei tanti cavalieri, tal Sir Ozanna Cuore Ardito.
"Ehi!
Artù?
Guarda chi c'è?
Sir Ozanna Cuore Ardito!", annuncia Lancillotto
"Oh, mio Dio...", borbotta Morgana
"Che c'è?", domando io.
"Questo è ancora più scemo di Lancy e di Arturo", osserva lei.
"Perché?", chiedo, incuriosita da quel tipo che sfoggia una divisa di latta variopinta e impennacchiata.
"Perché parla solo in rima.
Dice che fa più epico e pretende di essere chiamato con nome e cognome perché tiene molto alla dicitura cuore ardito."
"Pare se la sia guadagnata in battaglia", prosegue Ginevra intervenendo nella spiegazione, "ma nessuno sa quale battaglia, visto che all'ultima aveva appena due anni."
Nello stesso momento, con un gran clangore, Sir Ozanna Cuore Ardito sta andando a inginocchiarsi davanti ad Artù dicendo:
"Lo volle il cielo che iiiii fui galoppante,
quivi in ginocchio vossia ossequiante
ma quale bellezza
lo porgo l'omaggio a vostra altezza!
"
"Ecco", sbuffa Morgana, "visto?"
"Sì, ciao, ciao...", gli risponde laconico Artù, in pensiero per non essere ancora riuscito a far scendere dal tavolo sorella, moglie e damigella.

Delle tre donne appollaiate sulla tavola rotonda, se ne accorge anche l'arguto Sir Ozanna Cuore Ardito che, prendendo il coraggio a quattro mani, si mette a declamare.
"Maestà, a me pare non ci cape un cavolo
tutte este donzelle sopra al tavolo
."
Lancillotto, esasperato, lo spinge da una parte.
"Senti Oza' Cuore Ardito, lo sappiamo anche noi.
Adesso scendono."
Poi, rivolto ad Artù, gli sussurra:
"... Sono arrivati anche gli altri... vedi tu."
Artù alza gli occhi al cielo per fare gli onori di casa, o di reggia, che dir si voglia.
"Prego, prego, entrate pure... Oh, sir Galahad!"
"Eccone un altro!", commenta Morgana, "Talmente puro da sembrare un...
va beh, lasciamo perdere" e, mentre Ginevra la riempie di gomitate per evitare che parli troppo, Artù, imbarazzatissimo, continua a ricevere i suoi cavalieri.
"Sir Galvano...il ...il..."
"...fedele!", gli suggerisce Lancillotto in un orecchio.
"Ah, già", rimedia Artù distratto.
"Oh, Re Baudemago, Sir Percival, Re Uriens.
Ehi!
Sir Melion delle Montagne!
Quanto tempo!!"
"Eh", osserva Sir Melion, "Se Artù non va alla montagna..."
"Ma non era un altro, tipo un pagano, che doveva andare alla montagna?
Sei sicuro che eri tu?", domanda Lancillotto in un sussurro a Re Artù.
Artù gli fa gli occhiacci.
Quindi, dopo che tutti sono entrati, Artù prende la parola:
"Amici, fratelli, compagni d'arme!
Non è un mistero per nessuno che ho una sorella testarda e però anche maga.
Ora, come tutti sapete, i maghi fanno folklore, fanno simpatia, ma fanno anche degli orribili sortilegi...eh...", tutti annuiscono preoccupati.
"Ora", riprende Artù torcendosi un po' le mani, "La novità di oggi è che mia sorella Morgana, che è una maga, ha deciso che farà da centro tavola alla nostra riunione."
"Spiega i motivi se hai coraggio, fellone!", gli sussurra Morgana a denti stretti.
"Un attimo, un attimo cara... ora vengo al punto."
Poi, all'assemblea:
"Il punto è che mia sorella vuole, anzi, pretende di diventare, insieme a mia moglie e alla sua damigella, un cavaliere della tavola rotonda."

In sala si leva un mormorio scandalizzato.
"Maschilisti schifosi...", borbotta Morgana.
"...Tuttavia", riprende Artù, "Mentre noi si digerisce l'idea - infondo siamo pur sempre a tavola - ah! Ah! Battutaccia, eh?", continua il Re scatenando qualche risatina, "...Noi possiamo tenere la nostra riunione ugualmente. Infondo, un sacco di volte abbiamo fatto la riunione con degli orrendi candelieri in mezzo alla tavola che c'impedivano di vederci l'un l'altro, no?"
"Giusto, giusto... e cosa ce lo impedisce?", si confortano l'un l'altro i cavalieri.

Morgana, Ginevra e io incrociamo le braccia.
"Poi non venitemi a dire che nel Medio Evo non siamo donne oggetto.
Tutto mi sono sentita dare, tranne che del candeliere!", ringhia Morgana.

La riunione ha inizio.
I cavalieri ben posizionati ai loro posti, dopo una serie di urli triviali in favore del re, si siedono attorno alla tavola.
"Orbene, cosa c'è all'ordine del giorno?", domanda Artù a Lancillotto.
Lancillotto srotola una lunga pergamena e incomincia a elencare i punti all'ordine del giorno.
"Punto primo:
bisogna capire che cavolo è 'sto Graal"
Tutti si guardano attoniti e borbottano cose all'orecchio del vicino.
"Eh, beh, sì ragazzi", prosegue Lancillotto, "Stranitevi quanto vi pare, ma qui nessuno, fino a oggi, ha detto la cosa fondamentale, ossia:
se la leggenda prevede che dobbiamo cercare il Graal, qualcuno ci deve dire che cavolo è.
Cioè, tipo, io, stamane, ero in una radura abbastanza magica, sì, insomma, abbastanza profetica, con un'invidiabile luce sinistra, o meglio, misterica.
Beh, mi sono fermato lì, sono sceso dal mio bel cavallo bianco e mi sono detto:
ecco, questo sì che è un posto fico per il sacro Graal, è un posto proprio cool!
Certo, se solo sapessi che cavolo è il sacro Graal."
"Ha ragione!
Ha ragione!", interviene un baldo giovane irrompendo con foga nella stanza spalancando l'immenso portale.
"Ecco, questo è un gran figo!", ci sussurra Morgana, dando di gomito.
"Tristano!", lo saluta allegro Artù.
"Sì, sì, ciao Sire, ciao a tutti e scusate il ritardo...
Perdonatemi l'intrusione, ma Lancillotto ha ragione.
E' inutile che bardi e trovatori insistano nel dire che per 'sto Graal continua la ricerca.
Per altro, scoccia un po' finire in una leggenda come quelli che, per una vita, han cercato come degli scemi."
"Gli uomini non trovano mai niente", sussurra Ginevra aggiustandosi il vestito.
Ma Tristano prosegue.
"Insomma, diciamocelo:
se nessuno sa cos'è, mi dite dove lo cerchiamo 'sto benedetto Graal?
Io, oggi, per esempio, ho avuto un'illuminazione e mi sono detto che, magari, ci sono passato tremila volte davanti al Graal, ma non l'ho riconosciuto!
E se non lo conosco, mi spiegate come faccio a vederlo lì, oppure lì, o lì?"
Morgana alza la mano.
"Che c'è?
Cosa vuoi?", domanda Artù ringhiando.
"Io ho un'opzione per il Graal", risponde la ragazza serafica.
"Ma va?
E... sarebbe?", Artù èscettico.
"Ho l'opzione per una apparizione.
Tipo che ve lo posso far apparire qua per là.
Interessa?"
"Secondo te non ci interessa?
Dopo due secoli di ricerche?", ammette sconfortato il re.
"Embè, allora tiè!", salta su Morgana facendo strani gesti in aria.

Al centro della sala appare una cosa luminosa.
Tutti, nessuno escluso, si avvicinano curiosissimi, ma la cosa è coperta da un velo.
"Ecco il santo Graal", annuncia Morgana.
"Ma... ha uno straccio sopra!", fa notare Artù.
"E allora?
Questa è l'iconografia vigente", sentenzia la sorella.
"Vige... che?", domanda Lancillotto confuso.
"Vigente", ripete Artù, poi rivolto a Morgana:
"E quindi?"
"E quindi non posso fare di più, Arturo caro."
"Non mi chiamare Arturo caro", le ringhia il Re a denti stretti.
"Va beh, niente Arturo caro, comunque, se non ci credi,vatti a vedere un po' di quadri del futuro con Merlino e scoprirai che le illustrazioni del sacro Graal sono tutte sotto uno straccio."

Il disappunto dei cavalieri è palpabile.
Si guardano l'un l'altro sgomenti.
Ma quel che dice Morgana è vero:
le leggende a oggi non rivelano cosa sia il sacro Graal, fanno solo diverse supposizioni.
E voi, sapreste dire cos'è il sacro Graal?
Sapreste dire almeno una delle tante supposizioni, magari quella più accreditata?

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