Naudiz


[Racconto di Paola Manoni]

Terza e ultima parte

 

Jackie: L'intenso mio ardore per il mio amore lo aveva respinto!

Ora che mi sembrava di essere in vantaggio, balzai dal letto con la rapidità di un felino e accesi di scatto la luce.

Ma con mio profondo stupore, vidi che il nemico era invisibile.

La luce non serviva a nulla.

L'unico modo per vederlo era sentire il rumore del suo respiro nonché il freddo alito.

Mi concentrai profondamente sui sensi dell'udito e del tatto.

L'Oscuro era abile.

Ora taceva completamente.

Io procedevo nella stanza a piccoli passi, agili e veloci.

A un certo punto mi spostai a destra, richiamando con un saltello il piede sinistro accanto al destro.

E qui venni investito da un vento gelido, una voragine che mi risucchiò.

Prima i piedi, poi le mani e poi su, lungo le gambe e le braccia, la sensazione spaventosa di non sentire più questi arti che via via il mio avversario andava congelando.

Decisi di resistere e pensai ancora al caldo, al corpo dolce e tiepido di Nimphea.

Sentii nuovamente affluire il sangue nelle estremità e questo mi procurò un dolore pungente e terribile ma stavo evitando il congelamento.

Mi rotolai più volte sul pavimento.

Ululavo dal dolore, cercando di muovere il più possibile le mani e i piedi.

Fui poi colto da una leggera nausea che cercai di combattere mantenendo la calma.

Provai ad alzarmi, strisciando la schiena sulla parete.

Non mi ero ancora ripreso totalmente dal dolore quando, di punto in bianco, il nemico si materializzò e comparve... lui... era Nero, dalle mie stesse identiche sembianze.

Ora era chiaro il significato della runa contrapposta a Naudiz.

Il ghiaccio primordiale contrapposto al fuoco.

Avevo le mani brucianti dal dolore e dal gelo che non mi avrebbero permesso di sostenere alcuna lotta con lui, come era già capitato.

 

Nero (identica voce di Jackie, con tono minaccioso): “Nessun duello, Jackie!

Questo fra noi è l'ultimo atto.

Se lo perderai, tu e la tua gente sparirete dalla faccia di questo Pianeta e trionferà finalmente la forza oscura.

Grandi città, candido cemento verrà colato su queste lande e nessuno si opporrà essendo stato ferito l'Yggdrasill nelle sue radici...”

Jackie: “E se lo vincerò? Quale sarà il vaticinio?”

Nero (con tono di disprezzo): “I tuoi compaesani usciranno dal vuoto mentale e si riprenderanno.

E tu sarai il loro eroe! Puah!!!”

 

Jackie: Notai che non disse nulla circa il suo destino… poi seguì una vera e propria sfida senza spade né lance.

Nero scagliava i suoi dardi di gelo sul mio corpo e io rispondevo parimenti, respingendoli con dei fendenti infuocati che ne dissipavano l'energia glaciale.

Dopo molti tiri sembrava che nessuno di noi avrebbe perso.

Avevamo la stessa ostinazione oltre che lo stesso volto e la stessa voce.

Quando i suoi colpi arrivavano, vere e proprie frustate di gelo, cercavo di respingerli deviandoli col calore dei miei sentimenti.

Durante il combattimento, compresi in un lampo l'assenza di Vernon.

Evidentemente era stato rapito o trattenuto con forza malvagia e costretto a fornire i più rigidi rigori stagionali.

Pensai, sempre in modo fulmineo, che dopo la mia sconfitta avrebbero ibernato tutti, o seppellito per sempre sotto coltri di nevi la gloria del Fiorfiore.

Quando la lotta si fece estenuante cercai di concentrarmi al massimo, fissando con l'occhio interiore un’immagine mentale di Nimphea.

Nero era molto forte, stentavo a resistergli.

Quando riusciva a provocarmi ferite glaciali era un tormento.

La carne ustionata dal gelo bruciava tremendamente.

Poi accadde una cosa assolutamente imprevista.

Entrò Emanuele il quale decise di non parlare ma di squittire, comportandosi da topo ordinario.

Iniziò a correre velocissimo lungo le gambe di Nero, salendo fin sulle spalle e ridiscendendo dalla schiena.

Sicuramente la velocità gli evitava di sentire il freddo che altrimenti anche lui avrebbe provato.

Il corpo di Nero era così glaciale che emanava parecchio vapore.

Ma rimasi di stucco quando scopersi che il nemico aveva un punto debole.

Nero soffriva tremendamente il solletico… come me, del resto!

Le zampette del topo glielo stavano provocando su tutto il corpo.

Rideva a crepapelle e non la finiva più.

Così accadde il fatto sensazionale.

Il gelido, l'Oscuro smise di emanare il gelo poiché si sciolse in una fragorosa risata e si accasciò per terra… letteralmente sbellicandosi.

Emanuele continuava a passeggiare su di lui e così il solletico non cessava.

Come si sa, il ridere è molto contagioso e così risi anch'io.

D'istinto lo aiutai a rialzarsi e lui mi ringraziò.

Fu solo allora che si rese conto di quello che aveva fatto!

Ma era troppo tardi... aveva smesso di giocare la parte del cattivo, per un istante si era svolta con me una comunicazione normale, anzi, amichevole.

E ora Nero sembrava completamente perso, totalmente sparuto.

Era come un pesce fuor d'acqua, una tartaruga fuori dal carapace o un nautilus senza conchiglia.

“Coraggio… non hai perso, abbiamo vinto entrambi!

Tu hai ritrovato un briciolo di bontà e noi, grazie a te, abbiamo salvato il nostro piccolo mondo!”

Così gli opposti, dallo stesso volto, si ricongiunsero.

Vernon venne rilasciato ma privo della memoria della sua prigionia sicché, forse, non sapremo mai le circostanze di questo rapimento.

Grazie alla sconfitta dell'Oscuro tutti ritrovarono le proprie capacità mentali.

Mi fu poi chiaro perché io e Nimphea non fummo colpiti dall'amnesia.

Non perché lontani dal paese il giorno in cui tutti persero la memoria ma perché innamorati ed è risaputo come l'amore possa fare grandi miracoli!

Quel che mi sorprese di più fu che nel Bosco Fitto riapparvero gli alberi che erano stati tagliati, come se nulla fosse accaduto.

Le radici in rilievo sul terreno sparirono e tutto tornò in ordine.

A sparire fu anche l'iscrizione runica sulla pietra del fontanile.

Mentre a non svanire fu la consapevolezza di Flowers il quale fu molto impressionato dalla mia resistenza.

Mi disse che avevo dimostrato un coraggio da leoni senza il quale le forze malefiche avrebbero avuto la meglio.

E ora, almeno per un po', non avremo avuto altri attacchi.

Del resto le rune non segnalavano alcun pericolo e potevamo concederci di vivere con gioia questo momento accogliendo degnamente un fratello ritrovato!

Era proprio così: avevo un altro fratello!

Interrogai a lungo Flowers sull’argomento e lui alla fine mi raccontò tutto.

Venni a sapere che avevo un fratello gemello che venne rapito in tenera età quando la mia famiglia si trovava su Stella Pulcherrima.

Divenne così strumento di quelle forze del male che costantemente tentano di distruggerci.

Ma ora l’anti-eroe Nero era diventato un amico, un compagno fraterno.

Rimase un certo tempo con me e col topo presso il laboratorio.

Poi decise di andare via.

Sarebbe tornato su Stella Pulcherrima per passare del tempo con gli elfi.

Compresi le sue motivazioni.

Aveva avuto una vita il cui unico insegnamento era quello di fare del male, ora voleva recuperare andando a scuola di magia bianca.

La reputai un'ottima scelta.

I giorni a seguire ripresi la mia sana abitudine di correre ascoltando la musica in cuffia.

Tornai sul sentiero che percorsi all'inizio di questa storia.

Mi fermai nuovamente al fontanile.

L'iscrizione runica effettivamente non c'era più e al suo posto trovai, appoggiata sulla pietra, una rosa rossa bellissima, dai petali carnosi e profumati.

Bevvi l'acqua, raccolsi la rosa e ripresi una corsa forsennata.

Arrivai come un siluro alla reggia.

Kaspar e Gaspar, le due guardie betulliche, mi riconobbero e mi fecero immediatamente passare.

Trovai Nimphea che era seduta in poltrona, immersa nella lettura di un libro e deposi il fiore sulle sue gambe.

Lei mi guardò e mi sorrise teneramente.

 

Nimphea: “Vai già via?”

 

Jackie: “Corro ancora un po', sì! ... E farò un giro di corsa in più, lo dedicherò a te!”


 

 
 

 

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